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"La Prova": ai tempi del #metoo il maschio etero è il carnefice da condannare

MILANO – “L'uomo e la donna sono le persone meno adatte a stare insieme” (Massimo Troisi).

Il periodo è buio. Sta tornando il Medioevo e l'Oscurantismo? Soprattutto la Caccia alle Streghe. Il caso Weinstein, sollevato per prima da Asia Argento, quello di Kevin Spacey, quello che ha riguardato, effetto boomerang, la stessa figlia del regista horror, quello che ha toccato Cristiano Ronaldo a Las Vegas, quello che ha investito il regista Fausto Brizzi (proprio suo il film dal titolo “Maschi contro femmine”) poi scagionato, quello che ha toccato Giuseppe Tornatore (accusato da Miriana Trevisan). Negli Stati Uniti già da anni gli uomini non entrano in un'ascensore dove è presente una donna sola per timore di poter essere accusati di comportamenti inappropriati. Al netto del #metoo (nessuno critica il movimento in sé quanto le modalità da pubblica gogna) non sempre e non per forza il lupo cattivo deve essere l'uomo e Cappuccetto Rosso la donna, ed è pur vero che può accadere che le accuse siano prive di fondamento per mettere in difficoltà o alla berlina la persona in questione, per motivi di interesse, di screditamento professionale, per competere nella carriera, per invidia, per farsi pubblicità, per vendetta, per avere puntati addosso i riflettori. Il punto è che i processi la prova© Laila Pozzo-2.jpgdiventano mediatici molto prima che giuridici, sono i media a decretare la sparizione di un personaggio, se conosciuto, il suo accantonamento (per il film “Tutti i soldi del mondo” il regista Ridley Scott ha sostituito Spacey, a riprese ultimate, con Christopher Plummer rifacendogli rigirare tutte le scene dove era presente il protagonista de “I soliti sospetti”; al Premio Oscar è stata anche cancellata la partecipazione nella pellicola “Gore”), l'emarginazione sociale e il marchio a fuoco come appestato, se comune mortale. E' di queste ore la notizia che Lady Gaga abbia autocensurato il suo duetto con il rapper R. Kelly per le accuse nei confronti del cantante da parte di diverse donne.

La la prova© Laila Pozzo-30.jpgcondanna però non può avvenire attraverso la voce del volgo né talk show o interviste televisive. Bisognerebbe che realmente, e non solo sulla carta, esistesse l'innocenza fino a prova contraria. Ecco le parole esemplificative post bufera di Tornatore: “Una mattina ti svegli, apri il giornale o il computer e scopri di essere un mostro, un molestatore, un violentatore. Poi siccome si fa un uso abbastanza sciolto delle parole, diventi uno stupratore. E scopri tutto questo grazie a certi metodi di certi organi di stampa, non tutti fortunatamente, che non seguono delle regole ortodosse. Perché scrivono che sei un assassino senza ricorrere al contraddittorio, poi tu ti difenderai, se vorrai come vorrai, ma intanto il danno è fatto. Questo è un sistema veramente mostruoso ed è inaccettabile”. Alcune accuse infamanti distruggono delle vite e il risarcimento, nei rari casi in cui avviene, non riporta mai indietro il tempo, le energie e la reputazione perdute.
Proprio su queste basi, perché i Filodrammatici milanesi sono sempre sul pezzo dell'attualità e del contemporaneo e non hanno paura a sporcarsi le mani, nasce il nuovo testo di Bruno Fornasari, “La Prova” che tenta di scardinare le modalità, di far emergere e di portare alla luce le crepe e le criticità del nostro mondo che improvvisamente si è risvegliato impaurito delle relazioni umane, bloccato, timoroso, pieno di dubbi e punti interrogativi verso l'altro o altra. Se, come nel caso dello spettacolo in questione, ci sono un uomo e una donna soli in una stanza, può accadere che la parola di lei, che abbia ragione o meno, possa vere più peso di quella dell'uomo. La soluzione non è quella di cercare il colpevole tra le fila degli uomini, in quanto maschi, etero, (se caucasici, meglio) proprio per la loro carica interiore storicizzata di predominio, violenza, sottomissione, colonizzazione, aggressione. E' da combattere la generalizzazione che ci dice che i buoni stanno da una sola parte e i cattivi, necessariamente, dall'altra. E' più facile l'idea dell'orco che una riflessione della nostra società più ampia.la prova© Laila Pozzo-3.jpg

Fornasari ribalta la faccenda, facendo diventare la pièce un thriller, un'indagine psicologica; sulla scena non siamo in presenza di nessun giudice o avvocato ma una donna, una collaboratrice di questa agenzia pubblicitaria, accusa il capo che la sera precedente ha avuto un comportamento non consono, una “microviolenza”, nello specifico una mano su una spalla, nuda per via della scollatura dell'abito da sera. Se da una parte le rimostranze della donna sembrano eccessive, o pretestuose è l'uomo messo alle strette e schiacciato alle corde, dal socio come dalla nuova compagna che vacillano nel credergli, ed è lui a dover mettere sul tavolo la “Prova”, che ovviamente, la sua parola contro quella della donna, non può produrre né fornire. La donna si trincera dietro al velo “che motivo ho io di mentire” accusandolo senza sconti di misoginia e sessismo. Ma è il ricorso, come in una vera e propria inchiesta d'investigazione della quale la platea diventa “persona informata sui fatti”, all'uso del flash back che ci portano ad altre situazioni e quadri precedenti temporalmente dove sono implicati i quattro personaggi a mostrarci non certo la soluzione ma un altro modo di riflettere sull'accaduto. Il filo tra verità e diffamazione è sottile: “Sentirsi offesi non vuol dire aver ragione”, dice l'accusato.

Se la prova© Laila Pozzo-32.jpgne viene fuori, come pubblico, frastornati perché il tema tocca potenzialmente tutti, al netto di bigottismi e moralismi, se ne esce con più domande di quando siamo entrati. Perché il tema è scottante ed è semplicistico accusare l'uomo in quanto portatore sano di generi violenti e muscolari, machisti e virili. In questo caso il genere conta, le pari opportunità si fanno da parte: “Cerchiamo sempre la conferma da quello che vogliamo sentirci dire”. L'ironia e l'intelligenza di Fornasari, alla scrittura e in regia, coadiuvato dai determinati, energici e affiatati, esplosivi e graffianti Tommaso Amadio, Emanuele Arrigazzi, Orsetta Borghero ed Eleonora Giovanardi (artistica, illuminante ed estetizzante la scena dello yogurt; che nessuno si offenda se i nomi degli attori sono stati scritti prima di quelli delle attrici, è soltanto il rigoroso elenco alfabetico) sta proprio nel riuscire a creare un percorso di pensiero che ci conduce a posizioni e convinzioni opposte, lontanissime, per poi farcene pentire e azzerare tutto, sconvolgere tesi appena costruire, mandare al tappeto certezze e opinioni sui diversi personaggi-topos. Fornasari mischia le carte in tavola senza trovare (non li cerca neppure) colpevoli mostrando quanto sia facile cadere in trappola, quanto sia semplice essere non solo accusati ma anche condannati moralmente e socialmente senza possibilità di difendersi.la prova© Laila Pozzo-9.jpg
Purtroppo la violenza sulle donne non si combatte, come auspicava qualcuno qualche tempo fa in Parlamento, cambiando il genere delle parole che si usano; chiamare una donna ingegnera o assessora non farà calare il numero devastante del fenomeno femminicidio. E nemmeno le “quote rosa” hanno azzerato le differenze, e neanche la dicitura “Genitore 1” e “Genitore 2” ci salverà. Sarà che forse il problema non sta lì?

Tommaso Chimenti 15/01/2018

Foto: Laila Pozzo