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Al Globe Theatre una “Bisbetica domata” per riflettere sul rapporto uomo-donna

Debutta il 31 agosto nell’affascinante cornice del Silvano Toti Globe Theatre di Roma “La Bisbetica domata” di William Shakespeare per la regia di Loredana Scaramella, la quale ambienta il classico del Bardo alla fine degli anni Trenta, focalizzando l’attenzione sulla questione femminile.
Infatti, è proprio in quell’epoca, nel periodo dell’ascesa del Fascismo, che si assiste alla figura di una donna “domata”, considerata solo come moglie e madre, ma con una dirompente forza di opporsi e di dar vita a una battaglia dei sessi che vive così un momento vivace e appassionante. Il classico assume, dunque, un aspetto di stringente attualità in una società moderna in cui sempre più spesso il genere femminile deve ancora lottare per ottenere rispetto e considerazione da parte degli uomini.
Un allestimento de La Bisbetica domata non può prescindere, soprattutto oggi- annota la regista- da una riflessione su quell'ultimo lungo monologo nel quale la ex bisbetica e indomita Caterina tesse le lodi della mitezza e della soggezione allo sposo. Quello sposo che dal momento in cui la incontra la sfida, la affronta, la inganna, la porta con sé in una casa inospitale - ma, si sa, è per gioco! - e con gesti gentili, ovvero con gentilissime torture, la riduce prima al silenzio e poi alla conversione a discorsi non suoi. Si, perché se la ribellione di Caterina e il suo essere "bisbetica " è soprattutto nella voce e nell'eloquio puntuto, brillante e inarrestabile con cui affronta il mondo, il suo pacato silenzio e il suo discettare a comando sono il segno di una riduzione forzata all'obbedienza. Ma Caterina, creatura shakespeariana nata da una figura di tradizione medioevale, dove si pone in questo flusso di riflessioni sul rapporto uomo-donna, e soprattutto sul femminile? E, ai fini di una rappresentazione, qual è il momento in cui un racconto di domatore e domata - oltre al suo significato simbolico non legato ai due sessi - può ancora essere concepito nei limiti della nostra storia sociale? Credo che, nel nostro paese, l'ultimo periodo in cui si sia cercato di inquadrare programmaticamente la donna in uno schema politico, sociale ed economico sia il Ventennio fascista. La figura femminile viene strutturata e il suo ruolo viene molto valutato, ma solo in quanto moglie e madre. La donna ribelle - cioè sola -, soprattutto se sessualmente libera, è dannosa perché contraria ai principi dello Stato. Come controparte è ben leggibile l'immagine di un domatore istituzionale, un maschio superiore per definizione. Da qui la decisione di collocare il racconto di Shakespeare prima dell'inizio dell'ultima guerra, che cambierà definitivamente i rapporti di equilibrio nella coppia, ma più complessivamente fra i sessi.”
Uno spettacolo dai valori eterni e immortali, che si presenta come una lente di ingrandimento della vita e che fino al 16 settembre permette di indagare in scena oltre al complesso rapporto tra il genere maschile e femminile, anche quello fra l'artista e il potere, attraverso il meccanismo metateatrale della reciproca fascinazione e della difficoltà di mantenere viva e libera la propria voce, la discussione, il pensiero.

Maresa Palmacci 28-08-2018