Come spesso ho scritto su queste pagine, un buon cartellone teatrale deve essere vario e garantire allo spettatore diverse esperienze di performance. "Mamma sei sempre nei miei pensieri. Spostati!" vi è entrato a pieno diritto, anche se per vie traverse (dopo una sostituzione repentina di "Alice" di Matteo Tarasco -da Lewis Carroll- con Romina Mondello) ed ha portato al Centrale una strepitosa Cinzia Leone, attrice e comico di razza, perfettamente a suo agio in un ‘one woman show’ incentrato sul complicato rapporto e lo stretto legame tra madre e figlia.
Lo spettacolo, veramente ben rodato essendo datato 2010, è stato scritto dalla Leone e da Fabio Mureddu, il quale ne ha curato anche la regia, con la collaborazione di Federica Lugli; un numerosissimo pubblico lo ha accolto con entusiasmo, ridendo di gusto in diversi momenti. "Mamma sei sempre nei miei pensieri. Spostati!" non è uno spettacolo sulle mammine” – ci tiene a precisare l’attrice – “bensì sulla “mammità”, sul significato di “essere madre” e sull’analisi della madre che è dentro tutti noi. Perché ognuno pensa di agire per conto proprio, ma c’è sempre il fattore mamma dentro di noi, che è lì pronto a condizionarti. Al di là della figura materna, è la nostra crescita che viene messa in discussione, in ogni nostra azione dobbiamo capire dove finisce il condizionamento materno e dove cominciamo noi.”
La Leone irrompe in scena, dalla platea, con un misuratore della pressione attaccato al braccio e, con il suo inconfondibile accento romanesco, comincia a raccontare del traffico nella Capitale e suggerisce di usare le ambulanze come mezzo di spostamento, adducendo a “strappi”, facilmente interpretabili come male fisico e non come passaggi da una zona all’altra della città. Proprio questo episodio diviene il pretesto per la prima di una lunghissima serie di telefonate materne: nella essenziale scenografia una scrivania, qualche sedia, un apparecchio telefonico di vecchia data e un wall (schermo) dalla quale una canuta Cinzia Leone interpreta la genitrice e con la quale dialoga in scena.
E’ in questo contesto, nella disperata ricerca di un medico che curi la gastrite e la colite della donna, che la Leone traccia, attraverso la storia di questi due mali, la genesi dell’Umanità e dei rapporti madri e figli - fin da tempi remoti in cui la madre veniva chiamata, addirittura, mammut!-. Divertentissima tale genesi, a partire dall’origine del mondo da un brodo primordiale, costituito da idrogeno, carbonio e ammoniaca (medesima composizione del Napisan!) e di madri primordiali che fanno una gran fatica a sbrinare l’era glaciale per liberarne un blocco di tortellini da cuocere. Inevitabile chiamare in causa il paladino dei tortellini multi gusto: è possibile che Giovanni esistesse, ancor prima della rana, anfibio? Che sia stato tale brodo ad aver generato la gastrite? Poi, nonostante la ricetta del brodo sia cambiata nei secoli, giungendo al brodo “Tanto amore Star”, perché la gastrite ci tormenta ancora?
Sane risate, dietro le quali si cela la riflessione riguardo l’Italia, in quest’era Cenozoica (detta così, perché si parla continuamente di cene, cibo, ricette in programmi tv, opuscoli, ma, nella quale, un manipolo di “famosi”per avere la fama patisce la fame) in cui non sappiamo più dove finisce l’amore ed inizia la gastrite.
E’ poi la volta di bimbi primordiali e pannolini di pietra, antico retaggio dell’odierna postura del neonato che impara a camminare, in quel magico momento in cui tutti ti amano e, solo perché sei venuto al mondo, ti riempiono d’attenzioni e non hai mai colpa di nulla: il periodo più bello della vita ma del quale –ahinoi- non ricordiamo mai niente, essendo troppo piccoli quando lo si vive.
Dal pannolino per i bimbi, a quello per donne, prima fertili e poi tardone, il passo è brevissimo e non è questa la sede esatta per virgolettare molte battute, vi assicuro degne di nota. Un’ora e trenta di comicità vigorosa che bacchetta un po’ alcuni padri e che, per questa volta, non chiama in causa la politica (a tal proposito sono celebri le performances televisive, nei programmi della Dandini e poi a teatro, fin dalla metà degli anni ’80, oltre a numerosi films) e che il pubblico del Centrale premia con fragorosi e lunghi applausi.
Una donna forte, la Leone, che ha lottato contro la malattia, riprendendo in mano la vita e riappropriandosi quasi totalmente della sua fisicità. Visibilmente commossa, a fine spettacolo, ha dichiarato di esserlo, poiché “Carbonia è un luogo che ha vissuto (e vive) difficoltà spaventose, ma che non ha perso la gioia di partecipare, vivere e sorridere” ed ha continuato ringraziando il pubblico per “l'intensa purezza delle proprie risate e per la gioia che le è stata regalata, nel sentire gli spettatori felici ed emozionati”; spettatori che ha immortalato poi, dal palco – con se stessa in primo piano- in una bella foto ricordo che oggi campeggia, insieme ai ringraziamenti nella sua pagina Facebook. Compare scritto, nero su bianco, alla fine dello spettacolo “Dedicato a mia madre, che non è nessuna di quelle dello spettacolo, è la mia” e noi usciamo da teatro soddisfatti, con ancora nelle orecchie "Mamma" di Beniamino Gigli.
(C.C.)