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Karmafulminien: quando anche gli angeli ci prendono in giro

Roma. Teatro OFF/OFF. Un buio angosciante domina la sala teatrale vuota e ammantata da una coltre di nebbia fitta. È uno spazio spettrale, e a tratti funereo, quello che accompagna i minuti appena precedenti all’inizio dello spettacolo “Karmafulminien”. In realtà quella nebbia, quel fumo, non sono che i lasciti visivi del respiro di una generazione di cui noi tutti siamo diventati con il tempo membri onorari: la generazione disagio (nomea dalla quale, non a caso, prende il nome proprio la compagnia qui in scena fino a domenica 6 maggio 2018). La nostra è un’élite di prim’ordine la nostra che si merita, pertanto, dei guardiani altrettanto degni della sua fama. E allora eccoli comparire in un’entrata trionfale sulla musica del kubrickiano “2001 Odissea nello spazio”, nudi e di spalle, con delle candele a fontana incastrate in luoghi in cui non dovrebbero stare, i protagonisti dell’opera. Sono loro, i tre angeli custodi dell’uomo contemporaneo. La trinità celestiale e grottesca, surrogata di credi fedeli e piaceri terreni; parafulmini delle nevrosi moderne, mandati sul palco come incarnazione della spiritualità attuale e del contemporaneo mal di vivere. Non serafini, ma “figli di puttini”; raccoglitori divini di imprecazioni e dolori; confessori alati di dubbi e rimpianti, segreti e dichiarazioni mai fatte.
La loro non è una nudità pura o angelica, ma estremamente umana. Lo svelamento dei loro corpi privi di veli a nascondere difetti o parti assolutamente intime, esacerba quel disvelamkarmafulminienento già compiuto ampiamente a parole di pregi e tanti (forse troppi) difetti che caratterizzano l’essere umano del Duemila. Utilizzando un linguaggio semplice e fortemente sarcastico, supportati da una scenografia minimale e da oggetti di scena coerenti al senso di ilarità venutosi a creare, gli interpreti (nonché ideatori dello spettacolo) Enrico Pittaluga, Graziano Sirressi e Luca Mammoli, lanciano come frecce incandescenti attacchi pungenti verso un mondo superficiale che ha perso la capacità di guardarsi negli occhi perché troppo intento a stare con il capo chino su uno schermo del cellulare. È un deficit emozionale, questo, comune a noi tutti e che si va ad accumulare a quei tic e a quelle preoccupazioni (“l’ho chiusa la macchina?”, “ma dov’è il bagno”, “ma se mi picchia mi ama?”) che inconsciamente affollano la nostra testa dando vita a un ingorgo mentale in cui i pensieri fanno fatica a giungere a galla e arrivare così alla nostra bocca.
La nostra personalità si sta sempre più rimpicciolendo, riducendosi a forma e immagine di uno smartphone di ultima generazione, mentre l’impulsività e l’incapacità di interagire con gli altri finiscono per prendere sempre più il sopravvento. E i nostri angeli custodi, tra una gag e l’altra, sono sempre lì pronti a farcelo notare. I tre attori, nelle vesti di mandatari celestiali che tutto possono e tutto vedono, travalicano i limiti della quarta parete per scendere tra il pubblico e coinvolgerlo direttamente nella loro “epifania”. Prendendo parte allo spettacolo, lo spettatore ride dei propri vizi e delle proprie virtù. È una risata apotropaica che lo allontana per un attimo da quell’universo così sbeffeggiato e allo stesso tempo a lui così vicino, fatto di ristoranti “all-you can eat”, ossessione per i selfie e bisogno di sentirsi amato, prima che l’illusione svanisca e ritorni inesorabilmente a farne parte. Siano lodati allora gli angeli del “Karmafulminien”. La loro sì che è stata una vera e propria “epifania” circa il nostro mondo.

Elisa Torsiello 05/05/2018