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Ipnosi di suoni e parole tra Brecht e le lucciole: ErosAntEros a Bologna

Una delicata donna timorosa, entra in scena, in uniforme, sembra quasi una bambina addestrata da un ipotetico regime totalitario, si pone davanti al leggio e inizia, come in un rituale, la sua lettura. La voce profonda, che pare impossibile uscire da quell’esile corpo, diviene suono, acuto e cupo, demoniaco a tratti. I movimenti, piccole contrazioni fisiche, scandiscono visivamente le parole, i loro accenti, la loro importanza.
Alla sinistra c’è un uomo, anche lui in divisa, che esegue dal vivo le musiche, dando vita a un percorso sonoro che diviene una regia musicale, per costituire ritmicamente il movimento della scena. Il lavoro è un gioco di suoni introspettivi, luci abbaglianti, un collage di parole, che s’inseriscono quasi come un canto ipnotico all’interno delle note. Si ha l’impressione di essere davanti ad un gerarca fascista che illustra le sue norme, oppure in un sottoscala a una riunione di gruppi sovversivi. Il testo, forte, a tratti violento è infatti quello di Bertolt Brecht, “Sulla difficoltà di dire la verità”, messo in scena da ErosAntEros al Centro La Soffitta di Bologna.
La verità, quella scritta da Brecht e professata attraverso il lavoro di riscrittura di Agata Tomsic e Davide Sacco (rispettivamente attrice e drammaturg e regista e musicista della compagnia), diviene allora doppia e indefinita: è quella che ascoltiamo o quella che vediamo? È quella che ci consegnano, così recitata, o quella che cogliamo dal sottotesto? Questa ambiguità racchiude probabilmente la particolarità più interessante dello spettacolo, che privo di pecche dottrinali, lascia lo spettatore giustamente confuso, per non accontentarsi delle risposte più facili fornite sul piatto d’argento.
Con “Sulla difficoltà di dire la verità. Lettura-concerto da Bertolt Brecht” e con il successivo “Come le lucciole”, presentato la sera seguente, la giovane compagnia ravennate, si allontana dalle precedenti creazioni e si riappropria in questa occasione dell’suo della parola, scritta e recitata, e del rapporto col pubblico.
Dalla loro formazione principalmente con il Teatro delle Albe e dalle esperienze con l’Odin Teatret ne nasce un teatro profondamente politico, nel senso positivo del termine, non didascalico, conturbante e inquietanti a tratti, molesto in altri, ma stimolante e provocatorio. Un teatro che non lascia appagati, ma spinge a interrogarsi sul senso della performance stessa, per scavare nel profondo delle ragioni che spingono a realizzarla, ragioni che in fondo accomunano lo spettatore e l’artista, sensazioni ibride che portano a condividere l’idea che l’arte sia un veicolo carico di socialità.
Non a caso per il primo spettacolo ErosAntEros sceglie un autore complesso e contraddittorio e utilizza il suo “manuale d’uso” per un’auspicata rivolta al potere istituito, una lotta imbracciando le armi, una guerra da combattere anche attraverso le parole, in cui lo scrittore è il mezzo attraverso il quale la verità dovrebbe pronunciarsi; ma qual è la verità giusta? Dire la verità e metterci in guardia da essa, questo sembra essere l’obiettivo di ErosAntErsos; un’ambivalenza di volontà, che è frutto di un lavoro certosino che non tralascia le contraddizioni del testo, mettendone in risalto alcuni limiti, quelli legati inevitabilmente a un’analisi dialettica e marxiana dei fenomeni sociali.
“Come le lucciole”, presentato sempre al Centro La Soffitta, si distingue per una struttura drammaturgica profondamente diversa dal precedente, ma regala le stesse emozioni, la stessa doppiezza che non permette di andare a casa con la mente sgombra. Il pubblico è posizionato lungo il perimetro di un’ampia sala e al centro di essa, nello spazio rimanente si muovono gli attori (questa volta insieme ad Agata sulla scena ci sono altri due performers) e Davide è sempre in “consolle”. Il pubblico è provocatoriamente invitato a rispondere alle domande rivolte da una sorta di presentatore, che gira per la stanza: “Perché sei a teatro? Quante volte vai a teatro? Che cos’è il teatro?” L’impressione è quella di essere in uno spazio-tempo indefinito, in cui manifestare è vietato, esprimere le proprie opinioni è pericoloso e in un clima inquietante di controllo telematico qualche voce ha ancora il coraggio di alzarsi. Anche in questo caso è rilevante l’utilizzo della musica, che diventa una ricerca sull’espressività della voce, sulle sue sfumature, sulle possibilità di modularla, di utilizzarla, di spingerla fino all’estremo.
“Come le lucciole” è quindi una riflessione sull’arte, sulle sue forme, sul teatro e sul ruolo che riveste nella società, sulla sua funzione di emancipazione della coscienza collettiva e individuale, sulla capacità di scuotere le masse e stimolare la curiosità.
La compagnia tornerà a Bologna per presentare dal 26 al 29 aprile il nuovo lavoro, “Allarmi!”, una produzione Emilia Romagna Teatro Fondazione, che vedrà in scena Marco Cavicchioli, Giusto Cucchiarini, Luca Mammoli, Massimo Scola, Agata Tomsic, con la regia di Davide Sacco, il testo è del giovane drammaturgo Emanuele Aldrovandi.

Spettacoli visti giovedì 3 marzo e venerdì 4 marzo al Centro La Soffitta di Bologna

Silvia Mergiotti 15/03/2016