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Il mistico dell’Occidente raccontato da Simone Cristicchi

“Ci sono uomini straordinari, come addetti alla manutenzione dell’universo” recita Simone Cristicchi diretto da Antonio Calenda, al Teatro Vittoria di Roma. Nel 2010 i Baustelle pubblicano “I mistici dell’Occidente”, un album omaggio a tutti coloro che hanno inciso sovversivamente sull’ordine delle cose, da San Francesco a Pasolini, passando per David Lazzaretti, di cui si vede il ritratto sulla copertina. Le rivoluzioni non partono mai da situazioni agiate, ma da chi “ha fame”: di giustizia e di una vita decorosa che possa garantire qualcosa in più della mera sopravvivenza. Proprio a partire da una terra “amara” come la Maremma, in alcuni punti così aspra e dimenticata, un uomo ebbe il coraggio di alzare la voce e di mettere in atto un’idea che a pensarci, è semplice semplice.Cristicchi3
Io sono il Cristo e voi tutti Cristi come me”, disse una volta, prima di morire ucciso da Antonio Pellegrini, bersagliere di Livorno in licenza, tra i sette membri delle forze armate che avanzarono contro la sua processione, il 18 agosto del 1878. In quell’occasione stava scendendo dall’eremo sul Monte Labbro e, insieme ad alcuni seguaci della sua “Comunità delle famiglie cristiane” professava pacificamente di essere “Il secondo figlio di Dio”. La frase, titolo dello spettacolo, ribadisce come fosse intervenuto in Terra per portare giustizia, dialogando in principio con i potenti. Perché “tutti gli uomini sono uguali, ma sono uguali davvero”. È sempre stato facile parlare, allora e soprattutto oggi, dotati come siamo di decine di strumenti di comunicazione. Ma poi, a emergere dalla sottomissione ai poteri costituiti per mettere in atto un’idea diversa, si deve avere coraggio e rischiare, se serve, persino la vita.
Simone Cristicchi, solo sulla scena, con talento la inonda, non lascia spazio neppure a un granello di vuoto e di noia – e si sa, a teatro non è sempre così assodato. Recita, racconta e in alcuni punti canta il testo, scritto insieme a Manfredi Rutelli. Alla fine si scopre che il punto di vista della narrazione è proprio quello del Pellegrini, l’assassino.
L’attore-cantante romano è audace ma onesto, unico sul palco davanti a tutti, come il mistico. In origine era un semplice barrocciaio, nato nella piccola Arcidosso sull’Amiata, incline ai piaceri della vita, trascinava ogni giorno il carro, come fa ognuno col suo quotidiano fardello, che per lo spettacolo diventa scenografia.
Cristicchi a sua volta lo trascina e lo trasforma, con fluidità di movimenti, in supporto al racconto. Diventa allora seggio papale quando David si mette in testa, a seguito di allucinazioni, di dover parlare a papa Pio IX, recandosi a Roma. In un’epoca di rivoluzione industriale e crescente materialismo, un nuovo “profeta” fu utile al potere spirituale che quindi non lo osteggiò. Aiutato dall’arciprete del suo paese, ebbe l’udienza. Vescovi e clero l’assecondarono per fede al mantenimento del potere ecclesiastico. Le idee, come semi, fecondarono invece tra i burberi montanari di quella Toscana dimenticata. Abbandonati dall’atteggiamento dedito alla rassegnazione della Chiesa, scordati dai ricchi signori, trovarono speranza in quell’uomo “marchiato sulla fronte da San Pietro”. Cristicchi2A partire da un gruppetto di 180 persone, si formò intorno a lui un piccolo villaggio sull’eremo del Monte Labbro e si compì il vero miracolo: “trasformò l’indifferenza in partecipazione”. La comunità, in cui persino le donne, anzitempo rispetto la storia italiana, avevano diritto di voto e potevano essere elette, diventò autosufficiente e libera: al fine del sostentamento collettivo, ognuno doveva lavorare, a turno, un’ora al giorno e ci fu spazio persino per accumulare ricchezza per tutti. Le persone si istruirono perché si fondarono scuole libere nel territorio, i ricchi persero parte della loro forza-lavoro ignorante, la Chiesa consumò credibilità. Lazzaretti aveva la protezione di Don Giovanni Bosco, suscitò l’interesse di intellettuali come Gramsci e la sua Comunità arrivò a contare cinquemila persone.
Cosa sarebbe successo, si chiede Cristicchi, se questo modello si fosse espanso ancora di più, raggiungendo altre parti d’Italia, d’Europa e del mondo? Il Tribunale del Santo Uffizio lo condannò, rinacquero gli egoismi e per lui non ci fu più scampo. Questo proto-socialismo è una storia che “se non te la raccontano non la sai”. E forse rimane un po’ nascosta perché conoscerla è pericoloso. Ci mette di fronte alla verità scomoda che la crisi è sempre il momento migliore per cambiare. In primo luogo se stessi, riformulandosi, e poi quello che si ha intorno, togliendo il potere a ciò che non funziona, proponendo nuove soluzioni, dedicandosi a un lavoro onesto che non escluda la collaborazione e il rispetto alla comunità, ma li favorisca. Rinnovando un senso sociale e civile che ora reagisce a singhiozzo. Cristicchi si dimostra un uomo d’arte e un intellettuale che ha deciso di mettere la sua voce e il suo corpo a disposizione di questa storia che è in sé una piccola rivoluzione. L’affida al teatro e il teatro ce la rimanda, chiara, forte e dissestante. Facciamone buon uso.

Agnese Comelli 19/02/2017

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