FIRENZE – Le case dei villaggi dei film sul Far West sembrano solide. Da lontano, in campo largo, appaiono stabili, di legno massello, con salde fondamenta massicce nella sabbia. Ma è tutta apparenza, esiste soltanto la facciata, tenuta su, dietro, da assi in diagonale per sorreggere la messinscena. La parvenza non ha il suo corrispettivo con la profondità. Entrando in quei saloon c'era solo terra riarsa. Tentando di cercare un minimo di profondità nella nuova opera del Cirque du Soleil si finisce a terra nella sterpaglia, si rotola al tappeto, si inciampa sui nostri stessi passi. Da molti anni il Cirque cambia il titolo alle proprie produzioni ma la salsa è sempre la stessa, pur nell'altissima qualità degli ingredienti: tecnica, interpreti e strumentazione. Un gran fiorire di costumi, un impasto tra musical e circo, atletismi d'ogni sorta e coreografie da etoile che creano immagini impeccabili e splendide suggestioni. Il Teatro latita, rimane la maraviglia, le botole che si aprono e si chiudono, che ingoiano o che lanciano fuori, le altezze e le costruzioni aeree, le funi e le altalene, i geyser che sputano fumo zolfino dal basso, le verticalità e le trazioni, i corpi scolpiti.
Di fondo un grande perché che lascia insoddisfatto il palato, un vuoto che sentiamo concreto e tangibile sotto la spessa scorza di colori e girotondi, giravolte e piroette. Sembra che tutto l'armamentario di risorse messe in campo per "Varekai" (quaranta eccezionali professionisti sul palcoscenico del Mandela Forum; dieci repliche soltanto a Firenze) serva per distrarre e non per concentrare, serva per perdere contatto e controllo invece che fare adesione e abrasione. Una volontà di non far pensare a nient'altro che alla superficie della visione, usare gli occhi e le retine e non le sinapsi del cervello, fermarsi e fissarsi al bidimensionale imbrattando e infarcendo il tutto di decibel da stadio e cromature psichedeliche frastornanti.
In questa sorta di mondo alternativo e trasognante, molto ripreso da “Avatar”, tra grugniti e ruggiti e un vento ancestrale, si muovono questi esseri umanoidi primordiali e immaginifici misti ad animali preistorici, epici o mitologici che in alcune loro parti ci ricordano i caproni o il Dio Pan, i pesci degli abissi o anfibi pericolosi e serpenti biblici, altri sono fiammelle-anime da Divina Commedia, fino ad arrivare a spiriti veri e propri, diavoli per ogni gusto, giullari di corte, creature vitruviane, contornati da regine e folletti, elfi, stelle di mare e demoni, entità metà Diogene e metà Zio Fester, centauri e tartarughe ninja, iguane e troll, dinosauri di squame e code e pinne, teschi e galli cedroni. C'è tutto il ventaglio e il panorama per Halloween e dintorni, cosparso di riti aztechi e sfide a colpi di spade che scintillano come in “Star Wars”. Un'immensa precisione, cura dei dettagli, forza e pulizia tecnica sono messe al servizio di una storia che sempre estratta da “Le mille e una notte” dove l'amore vincerà sull'odio e sulle diversità.
Tra gioco e inquietudine, cadute negli Inferi e riscosse, apparizioni e sparizioni, questo mondo sottosopra offre il suo lato più umano e accoglie l'angelo caduto dal cielo (potrebbe essere Lucifero), appunto scivolato dal blu dipinto di blu e dalle nuvole placide e pannose e ritrovatosi inerme, stavolta strisciante, in territorio sconosciuto e nemico. Ribelle tra i ribelli. Ha perduto le ali, non può rialzarsi ma viene comunque aiutato a rimettersi in piedi e infine, come qualsiasi favola infantile che si rispetti, trova pure il tempo di sposarsi. E vissero tutti felici e circensi.
Qui molta bellezza e perfezione nel gesto paradossalmente ammantano e guastano, occludono e anneriscono, consapevolmente, un risvolto debole che si sfalda con un grissino, un vuoto che fa eco. Rimane un grande cartoon d'animazione in carne ed ossa per famiglie. Abbiamo ancora bisogno di virtuosismi, orpelli e svolazzi, di merletti e origami scenici? Forse la risposta è Sì, e non è un gran sollievo. Esci fuori e hai una gran voglia di un panino alla porchetta per ritrovare poesia e mistero.
Tommaso Chimenti 30/10/2016