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Non c'è acqua più fresca: il Friuli di Battiston nei versi in dialetto di Pasolini

Mentre le saracinesche dei negozi si abbassano sulle suggestive strade di Monteverde, i battenti del Teatro Vascello aprono di lunedì 20 febbraio per ospitare “Non c'è acqua più fresca”, nella sua unica data romana. Basato sui testi delle poesie contenute in “Poesie a Casarsa” di Pier Paolo Pasolini (1942) e andato in scena per la prima volta nel 2015 in occasione del quarantesimo anniversario della scomparsa di PPP, lo spettacolo è il racconto di Giuseppe Battiston sull'infanzia passata in Friuli attraverso l'universo poetico di Pasolini.
Al loro terzo spettacolo insieme, Battiston e il musicista friulano Piero Sidoti allestiscono un viaggio di ritorno a Casarsa, terra di temporali e primule, passeggiando tra i paesaggi e le memorie della provincia friulana, affresco di unBattistonPasolini02 mondo lontano e rurale. I due parlano con nostalgia dei fatti e degli uomini che hanno attraversato la loro infanzia, innescando impeti di memoria da cui sgorgano i versi in dialetto friulano, supportati dal disegno luci di Andrea Violato. Grazie ai sovratitoli con traduzione, peraltro di Pasolini, il pubblico è immerso nella musicalità del verso senza per questo essere escluso dalla sua comprensione. Il mondo di Pasolini è infatti restituito attraverso versi in friulano da cui emerge una lingua grave, legata alla complessità umana, frazionata dai tanti accorpamenti geografici di realtà etnolinguistiche molto diverse tra loro.
Assistito dalla regia di Alfonso Santagata e dalla drammaturgia di Renata Molinari, con cui aveva già portato in scena i versi di Pascoli nel 2006 con “A quel cielo lontano. Il mio Pascoli”, Battiston si avvale del dialetto friulano per vivificare la gioventù attraverso un nuovo ritmo narrativo, fatto di ballate da sagra di paese e filastrocche di vita campestre. Lontano dai caratteri funerei che spesso tingono le rappresentazioni pasoliniane, questa messa in scena ingrana una marcia diversa, celebrando la vita, la giovinezza e l'amore per il calcio. L'attore friulano non distoglie lo sguardo neppure dagli amici scomparsi, dalle vite spezzate dalla disoccupazione e dalla guerra, ma abbandona i toni malinconici del ricordo per vivere questo nuovo racconto di gioventù col sorriso aperto tra i denti e gli occhi lucidi dall'emozione: «camminerò leggero, seguendo per sempre la vita, la gioventù».
BattistonPasolini03Il palco di “Non c'è acqua più fresca” è uno spazio per le tante voci che popolano il mondo di Pasolini, legato a doppio filo a quello dei ricordi di gioventù di Battiston. Lo spettacolo comincia con i due attori soli sul palcoscenico, poi da un baule Battiston tira fuori i vestiti dei personaggi della memoria che, tra storie, canzoni e poesie, vengono appesi con dei ganci sul palco, dando vita a una folla di ricordi dove prima c'erano solo due attori. In maniera simile, sulla scenografia essenziale della prima parte, Battiston ve ne traccia sopra una seconda, immaginaria, evocativa, facendo passare la linea della risorgive del Tagliamento sopra un secchio d'acqua e quella della ferrovia sopra la pompa dell'aria, riuscendo a far germogliare la topografia friulana tra le assi del Teatro Vascello.
Lo spettacolo, prodotto da CSS Teatro stabile di innovazione del Friuli Venezia Giulia, è pensato per restituire la profondità della poesia in lingua friulana del maestro neorealista, il quale sosteneva come il dialetto, se usato per esprimere sentimenti alti, si faccia Lingua e con i suoi suoni ci entri nell’anima, traghettandoci altrove. Battiston e il menestrello Sidoti, che stempera i toccanti silenzi dell'attore udinese con vivaci arpeggi di chitarra, ci parlano della bellezza di una terra di confine, dei corsi d'acqua che la attraversano, dei ragazzi che espatriano e tornano dimentichi della propria terra, della propria lingua, di ciò che vale la pena separare dal tramestio delle città.
Battiston supera i giochi dell'infanzia, le trombette, le mutandine colorate appese come festoni, lasciando che sia la grande musicalità del corpo e della voce a comunicare allo spettatore la suggestione della poetica di Pasolini. Un viaggio malinconico e celebrativo nell'universo della parola friulana, col cuore affollato di paesaggi e la gola annodata dal ricordo.
«Uno se lo porta dentro per sempre il paesaggio della propria infanzia».

Riccardo Bassetti 21/02/2017