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I protagonisti del playFestival 1.0 Roma: classifica, motivazioni e riflessioni

L'edizione romana del playFestival 1.0, come dichiara Emanuela Giordano, direttrice della Casa dei Teatri e della Drammaturgia Contemporanea, registra un livello mediamente alto fra le dieci compagnie selezionate, due in meno rispetto alla precedente edizione milanese.

La gara ha il merito, non solo di cercare e  valorizzare il lavoro delle compagnie indipendenti under 40 ma, è anche un'occasione di censimento rispetto a ciò che accade sulla scena contemporanea.

 

La prima serata, parte con il botto, si esibisce infatti, la Compagnia Proxima Res con "Generazione Disagio - dopodiché stasera mi butto", coinvolgendo il pubblico e la giuria dei tecnici e quella popolare tanto da aggiudicarsi con centotrentadue punti, alla fine della settimana, il primo posto, con la seguente motivazione:

“Una divertente commedia che descrive con ironia i temi di una generazione di disagiati senza mai annoiare. Nonostante la tematica del precariato, che abbraccia tutti gli aspetti della vita, sia tristemente nota e forse fin troppo affrontata, il testo non scade mai nella banalità. Dalla resilienza agli stage, dal precariato alla decrescita felice, si disegna l’agognato disinteresse alla vita, attraverso un gioco al massacro in cui anche il pubblico diventa carnefice. Ben scritta e interpretata con ritmo ed energia, forse pecca nel finale con l'assenza di una conclusione effettivamente definita”.

Con centoquindici punti, si piazza al secondo posto, la storica compagnia romana Circo Bordeaux con lo spettacolo “Animali”:

“Bestiario comico, sorta di 'Fattoria' orwelliana votata però alla leggerezza e all'intrattenimento. Un'allegoria sottile, una serie di quadri ironici e ammiccanti che a mo' di documentario, elencano vizi e virtù degli umani sotto mentite spoglie. Quelle animali. Uomo e animale. Uomo o animale. Una caratterizzazione della continuità col dialetto. Nonostante alcuni quadri risultino superflui e le scelte delle musiche non sempre efficaci, la trovata è originale e azzeccata per la maggior parte degli animali. Perché i pesci rossi fumantini non possono che essere siciliani, il boa atavico romano, lo scarafaggio veneto, la tartaruga torinese, l'alce fiorentina, il nibbio migrante calabrese. fenomenologia dell'animale che dunque siamo”.

La rivelazione del festival, la sgangherata forza di Isabella Mongelli, con lo spettacolo “My personal Tarànto” sale sul podio al terzo posto, con centosei punti, meritandosi la seguente motivazione:

“La migliore idea andata in scena. L'impossibilità di parlare di una realtà come quella di Taranto, un luogo (non un non luogo) pieno di non vita anche a dei turisti che alla fine saranno invitati ad andarsene. Uno stile tossico come la nube che inquina l'aria, la vita, le cozze.

Una lingua, una recitazione improbabile nel senso più riuscitamente mimetico della realtà che racconta, solo chi vive a Taranto può non parlarne così. Un piccolo capolavoro seppur nella sua natura fragile e sgangherata”.

Con centoquattro punti al quarto posto, arriva la Compagnia Borgobonò con “In ogni caso nessun rimorso”, presente anche durante l'edizione milanese del gemellato festival e, lasciando nella giuria, in questo caso, divisa più che mai, un interrogativo finale:

“L'adattamento dell'omonimo romanzo di Pino Cacucci è tecnicamente una chicca d'accademia, impeccabile la recitazione impostata degli attori, impeccabile Adele Pardi al violoncello che si presta costantemente a musica di sottofondo e a sonoro funzionale dell'azione, impeccabile la scenografia mobile multiuso di bancali e ruote a raggi, impeccabili gli espedienti per saltare da un luogo all'altro stimolando l'immaginazione a vedere ciò che nella scena non c'è. Meno impeccabile l'idea dell'anarchico che vive a cavallo del secolo XIX e quello successivo, così meno impeccabile, è la drammaturgia che alla lunga si sorregge solo sulla bravura degli attori.

Rimane un quesito: dentro a una tale architettura estetizzante, dove si cela l'idea di originalità?”.

A metà classifica con cento punti, la Compagnia Arcadia delle 18 lune con “Il tempo e la stanza”, di sicuro, lo spettacolo esteticamente più curato:

“Operazione coraggiosa ma la compagnia e probabilmente la regia non sono state all'altezza della complessità dell'opera. La prima parte presenta una recitazione sopra le righe, una semplificazione dei concetti e un sovraccarico di simboli di cui il testo non avrebbe bisogno. La seconda parte invece acquista forza e fisicità. Nota di merito per il lavoro sui costumi”.

Con un solo punto di stacco dal precedente, vediamo al sesto posto, la Compagnia Accurateatro, con lo spettacolo “Taddrarite” (pipistrelli) già vincitore dell'edizione 2014 del Roma Fringe Festival ma, sconta una messa in scena trascurata, nonostante le indiscusse potenzialità:

“La forte dialettalità che suona come una nenia funebre richiamando la condizione di lutto in cui conosciamo le protagoniste, tre sorelle per un canto all'unisono. Spesso la fruizione della parola poco scandita non è possibile a molti specie nelle scene corali in cui le voci si sovrappongono senza tregua ma, ne viene fuori un rumorismo avvolgente. La pecca di questo testo è alternare momenti di coinvolgimento ad altri più deboli, non riuscendo a superare i limiti del triangolo attoriale e non distaccandosi molto da un'antica tradizione di genere”.

Con novantaquattro punti la Compagnia Ragli presenta lo spettacolo “Ficcasoldi”, raggiungendo purtroppo, a parere di chi scrive, solo il settimo posto:

“Il tema trattato è più forte dell'allestimento, ci sono aspetti molto onesti e interessanti ma lo spettacolo risulta ancora immaturo, soprattutto, sul piano scenografico e a tratti dell'interpretazione, peccato perché l'argomento è forte, attuale, con delle intuizioni a livello drammaturgico che però non vanno molto oltre l'aspetto cronachistico”.

Ottantanove punti e ottavo posto per la Compagnia Ombre Bianche Teatro – Teatro di Carta con “Il libro delle ombre”:

“La storia molto esile e adatta ai bambini, è un pretesto per uno spettacolo raffinato, curato e attento ai particolari anche se espresso con tecnica non originalissima, la scelta di una tecnica mista che include il teatro d'ombra, la pantomima ed elementi della clownerie, è una commistione che rischia di non approfondirne nessuno”.

Ottantatre punti e nono posto per la Compagnia Nahia e Respirale Teatro con "Again/Bynow - Ancora un dramma borghese":

“Siamo tutti bloccati in un eterno presente, certo, ma lo spettacolo rimane chiuso nel proprio dispositivo. Nel tutto c'è un calco di memoria ionesca e beckettiana di non sense che, se a metà novecento scardinava i canoni teatrali, oggi può risultare un poco antiquato”.

Infine, al decimo posto con sessantacinque punti, la Compagnia Fullframe con “Mary piena di grazia”:

“L'inizio risulta troppo urlato e volgare. La storia non si delinea in modo comprensibile sino al finale, sicuramente ad effetto ma lo spettacolo non rende il testo che affronta un tema di grande importanza. L'adattamento non risulta funzionale alla messa in scena”.

“Non sono certo giudizi che uno si incornicia a casa”.

Questo è l'ironico commento finale del Direttore del Teatro di Roma,  Antonio Calbi, presente alla cerimonia di premiazione del playFestival 1.0, non appena udite le motivazioni che hanno spinto la Giuria a stilare la classifica.

La battuta però, spinge a riflettere sull'importanza della comunicazione tra pubblico (popolare o tecnico che sia) e gli artisti, sarebbe infatti sempre auspicabile, uno scambio continuo e maturo, tra i diversi protagonisti, cosa che probabilmente si alimenterà all'interno dei nuovi Teatri Nazionali.

 

(Miriam Larocca)

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