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I Microfilm di Michele Di Mauro: l'Isola, Caro Gesù e Mezz'ora prima

FIRENZE – Questo periodo ce lo siamo lasciato alle spalle. Come una pugnalata. Le ferite, il sangue che scorre, le cicatrici avranno tutto il tempo per mostrarsi, i segni per farsi vedere, le grida sentire. Ma adesso è tempo di sole e di lasciare le case, le nostre mura, la nostra comfort zone non richiesta, la nostra tranquillità forzata, la nostra serenità casalinga coatta. Ci è mancato il contatto, gli occhi negli occhi, l'arte, la parola altrui che non fosse soltanto un bollettino di guerra, numeri freddi per raccontare in maniera spiccia e sbrigativa chi non ce l'aveva fatta. Invece qualcuno resisteva, dai suoi salotti, dalle sue cantine, dalle sue cucine, nel proporre intrattenimento che avesse senso e poesia, pensiero e riflessione ma anche brillantezza e svago, che fosse pop e digeribile, masticabile, alto e fruibile. Non la lettura classica che ammorba, non la recitazione in video che uccide il sentimento e l'eccitazione ma un usare lo strumento della ripresa (che fosse skype o zoom, cellulare o portatile o tablet) che fosse al tempo stesso professionale e quotidiano ma d'alta qualità, casalingo ma mai casareccio, amatoriale (nel senso amatorio, quindi sentito) ma mai dilettantesco. Qualcuno, nel mare magnum di proposte simil teatrali razionalizzate per il piccolo schermo di YouTube, è diventato punto di riferimento per le scelte di fondo, per gli interpreti, per l'idea (le molte idee) che hanno generato e partorito solidi momenti illuminati, prese di posizioni brillanti e non soltanto grida di sconforto per non poter fare il proprio lavoro. Intelligenza, sarcasmo, cinismo, la musica miscelata con la musicalità dei versi, sceneggiature smozzicate, flash e lampi sono le caratteristiche dei tre progetti che l'attore torinese Michele Di Mauro ha portato nelle nostre case in questi due mesi di blocco delle attività che hanno inaridito il nostro presente e soprattutto azzerato temporalmente il nostro immaginario futuro, la nostra sana propensione a disegnarci nel domani.Michele Di Mauro.jpg

Si può fare poesia in video? Poesia che sia leggera e profonda allo stesso tempo, poesia che arrivi a tutte le età, che non risulti polverosa e datata? Sì, è possibile e la risposta è “L'Isola che c'è” (sostenuto da La Stampa.it) sospesa tra quella di Arturo e Bennato. Di che cosa si tratta? Si tratta di mixare Pinter con Battisti oppure De Gregori con Negulescu, e poi Gozzano e Pasolini, Guido Catalano, Majakowskji con Carmelo Bene, Benni, la Szymborska con Caparezza. Le idee non fanno paura a chi le ha e Michele Di Mauro è un vulcano in ebollizione che sradica e ribolle, magma che se lo comprimi fluttua ancora più vorticosamente, copiosamente, ardentemente.

Secondo step zampillante e carico di emozioni fresche e giovani è stata la chicca “Caro Gesù”, letture drammatizzate (insieme con il sodale Fulvio Cauteruccio: ancora abbiamo nelle retine il loro cult “Nella solitudine dei campi di cotone” da Koltes) di lettere reali piene di desideri di bambini inviate per Natale ad una sorta di Cristo-Babbo natalizio per la realizzazione di sogni, piccoli o immensi, alla ricerca della soluzione di grandi punti interrogativi con infinita tenerezza. Letture in un bianco e nero solido, da fumetto materico, da fumosa graphic novel con sotto le sonorità dark dei Depeche Mode o quelle malinconiche di Luca Carboni fino all'ugola melodica di Al Bano. I due, Di Mauro e Cauteruccio, in un ping pong virtuale, si rispondono, si incastonano, si destreggiano tra parole ingenue e voci grattugiate di rughe in uno sfrigolio che ci regala un'atmosfera di quel piccolo mondo antico dove il sogno si disfa nella realtà e dove i contorni del giorno sfumano nella fantasia ad occhi aperti. Da vedere e rivedere tra sorrisi e una leggera commozione che stringe e stana: “La giraffa la volevi fare così o è stato un incidente?” “Caro Gesù sei davvero invisibile o è solo un trucco?” Folgoranti, che ci riportano alle nostre scuole elementari, quando tutto doveva essere, quando ancora eravamo libri bianchi tutti da scrivere. Trascinanti: “Caro Gesù, con chi ti vedi nel tempo libero? Con gli apostoli?”, “Come mai facevi tutti quei miracoli nei tempi antichi e adesso non ne fai più?”, “I Santi esistono ancora o sono spariti come i dinosauri?”, “Che facce facevano quando facevi i miracoli? Ti scappava da ridere eh?”, Dolcezza, sensibilità, tenerezza, saggezza frullate: “Don Mario è un tuo amico o lo conosci solo per lavoro?”, “Caro Gesù per noi bambini la messa è un po' noiosa, ci puoi aggiungere dei cartoni?”, “Come fai a ricordarti tutti i bambini del mondo? Hai il computer?”, “Potresti cambiare il sapore agli asparagi?”, “Come si chiama il tuo bue?”. Avvolgente come un abbraccio, spassoso come sarebbe l'incontrare noi stessi da piccoli.

Fino Film.jpgad arrivare all'ultimo progetto, più ampio e composito, che, appena lanciato, già suscita molta curiosità e interesse, soprattutto per i prossimi sviluppi. Si tratta a tutti gli effetti di una web serie, “Mezz'ora prima” il titolo (prod. XXL Film), con tredici attori che hanno registrato la sceneggiatura (messa a punto da Di Mauro con Stefania Bertola) dalle proprie abitazioni e con mezzi propri. La mezz'ora prima, beckettianamente, sono i trenta minuti, e come ognuno dei protagonisti (tutti alla pari) li vivono e li trascorrono tra piccole grandi “tragedie”, che precedono la messa in onda della quarta stagione de “La casa di Carta”. Un'attesa vibrante. In questo periodo di lockdown chi era esperto di serie televisive è divenuto ossessivo, chi non è era lo è giocoforza diventato: le serie tv, Netflix in testa, sono divenute una delle poche all'interno della giornata che variava, che faceva pensare ad uno sviluppo del tempo regolare, alla vita là fuori “normale”, al tranquillo scorrere della quotidianità. Netflix ci ha salvato. La prima puntata, poco più di venti minuti, è la presentazione dei personaggi alla quale seguiranno una decina di puntate più ridotte, pillole. E' un concentrato della vita dell'attore, una riflessione su questo mestiere che morde, una professione alla catena che non può esprimersi dal vivo ma può farlo soltanto nelle proprie stanze, a distanza, lontano dagli occhi, lontano dal cuore. Difficile da gestire, difficile da digerire, senza il respiro della platea, senza l'applauso, senza sipario, senza luci: se al torero metti davanti un toro finto muore l'adrenalina, viene meno il patto. Federica Fracassi, Alice Giroldini studentessa dagli occhi sgranati, lo stesso Michele Di Mauro in una cantina da boxer carbonaro, Gabriele Zecchiaroli e i cetriolini, Matilde Vigna e Mariangela Granelli (duetto carico e intenso), Fulvio Cauteruccio (un calabro-veneto in maschera da Commedia dell'Arte), Flavia Pezzo, Marco Macceri, Sara Bertelà in vasca da bagno alla Marilyn,Mezz'ora.jpg Daniela Duchi (gran bella voce), Fabio Marchisio, Alessia Spinelli. Ed è tutto un rimpallo tra una vita reale che non scorre, come fosse bloccata, e un altro tempo artistico che vuole tornare a battere, a scolpire il proprio respiro: “E' stato un modo di creare che il teatro non mi avrebbe mai concesso, ed è stato bello, divertente, utile, uno sguardo non teatrale con una piccola compagnia virtuale di tredici attori, che nella realtà, a livello produttivo, sarebbe stata irrealizzabile. Abbiamo scritto questa piccola sceneggiatura, registrata, assemblata e montata (da Elvis Flanella) il tutto in venticinque giorni”. Se si vuole, si può fare. I riscontri in rete e sui social sono positivi. Si miscela Battiato con Cummings, i CCCP con Bella Ciao, l'INPS con i Babilonesi, gli Ittiti e i Sumeri, le mascherine e Baglioni, il criticatissimo ministro Franceschini e Ramazzotti, Mentana e Battisti, i Subsonica con De Gregori. E poi birre, prosecchi, coca e rum, perché questa quarantena per passare ha avuto bisogno anche dei tannini e di forti gradazioni. Questi due mesi sono stati una bestia ferita che ha covato il proprio dolore, chiuso e racchiuso, ha azzerato la gioia, ci ha fatto sopravvivere senza vivere, almeno come eravamo abituati a fare in precedenza. Adesso è il tempo di togliersi il coltello dalle scapole e rimarginare il rimarginabile. Una web serie ci salverà.

Tommaso Chimenti  15/05/2020