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L’attacco al potere di "HamleTown": sussuri e grida contro l’omologazione del male

Una storia da raccontare sarebbe quella del Teatro Tordinona, costruito nel 1670 sulla riva del Tevere, cui si accedeva anche dal fiume. Ve lo immaginate? Due secoli di storia prestigiosa (voluto da papa Clemente IX e dalla regina Cristina di Svezia) fino a quando, nel 1886, fu distrutto per costruire gli argini altissimi che impedirono le frequenti esondazioni. Ricostruito nelle vicinanze, riprese la programmazione negli anni Trenta favorendo il teatro d’avanguardia: Pirandello ne fu un assiduo frequentatore. Un’altra storia è quella di Gianluca Prolisso, che a soli ventiquattro anni si confronta con Amleto e si domanda in che modo il testo shakespeariano possa inserirsi nella “ricerca di una strada alternativa, allergica al conformismo e amante della rivolta”. È questa la via che il giovane drammaturgo intende perseguire attraverso “CT Genesi Poetiche”, fondata con Daria Contento. Due storie incrociatesi dal 10 al 12 febbraio che hamletown2hanno segnato un curioso sold out, senza il quale la pomeridiana straordinaria di domenica non sarebbe stata allestita. Sette ragazzi incredibilmente maturi, tanto nella tecnica quanto nella resistenza fisica, hanno messo in scena uno spettacolo ad alta tensione, dai toni marcati e dal gusto cinematografico.
Claudio non è soltanto l’usurpatore del trono, ma soprattutto il re di un mondo a sua immagine governato dalla violenza e dalla negazione di qualsiasi tratto di umanità. Sarà spietato anche con Polonio, nonostante il fedele servitore esaudisca ogni richiesta. Nemmeno Gertrude si sottrae al dominio del marito: il nuovo testo ne amplifica l’ambiguità conferendole una tragica femminilità. Rosencrantz e Guildenstern, due gemelli (una femmina e un maschio), citano “Arancia Meccanica” perpetuando nel regno i delitti più efferati, purché siano assolutamente senza motivo. Infine, Amleto e Ofelia, amanti terrorizzati dalle leggi repressive del re, gli unici strenuamente sovversivi; il primo, un giovane romantico che tenta di dimenticare con l’abuso di droghe le aberrazioni di Claudio, è un principe illuminato capace di individuare il tallone d’Achille dello zio e quello della distopica società in cui è costretto a vivere; la seconda è un’anima troppo fragile per sopravvivere al temperamento di Amleto e alle ingiustizie di “HamleTown”.
hamletown3Ci troviamo di fronte a un adattamento concentrato sull’anima nera del potere. Ad aleggiare sulla scena, oltre alla voce fuori campo dello spettro (quella del regista), sono gli articoli di un severo regolamento che tutti hanno l’obbligo di conoscere e declamare, il primo dei quali è un funereo “L’amore è nulla”. Claudio, assoluto protagonista con Amleto, manipola in questa direzione – con le mani sul capo di ognuno a modellarne i pensieri - le menti della propria famiglia e dei suoi sottoposti. Il principe, intenzionato a sovvertire l’ordine costituito, non ha dubbi: “Essere o non essere” non è altro che l’estratto di una vecchia filastrocca che gli torna in mente in preda al delirio. Il regista e autore mette così da parte la celebre domanda perché non funzionale al suo teatro, inteso come recupero dei capolavori del passato per gridare un j’accuse al presente. In tal senso, “HamleTown” è un’opera politica sorprendente e ben riuscita, dall’epilogo visionario in grado di esorcizzare il male raffigurato.
Il debito nei confronti del cinema non si esaurisce soltanto con la rivisitazione dei due spietati cortigiani (tra i quali spicca il “Guildestern” di Marco Guglielmi, classe 1993, dotato di una sorprendente vis comica che sembra ispirarsi alla commedia dell’arte), ma anche attraverso un uso delle luci e delle musiche (Samuele Cestola) assolutamente calibrato ed enfatico. Simone Bobini (Claudio) fa davvero paura, riesce a essere credibile sia nella bramosia di onnipotenza sia nel terrore suscitato da Cristian Pagliucchi (Amleto): a quest’ultimo, scheggia impazzita che minerà le certezze del re, sembra basti lo sguardo per comunicare l’inquietudine di una generazione senza futuro. È però Eva Sabelli a sobbarcarsi tutto il carico di disvalori rappresentati: la sua bellezza violata, soggiogata, complice e infine sconvolta fa di Gertrude il personaggio più riuscito. Al termine dello spettacolo, con i suoi novanta posti tutti occupati, la sala Pirandello ha richiamato più volte alla ribalta Paolisso e suoi attori, alcuni al debutto assoluto, celebrando un successo che auguriamo durevole e riconosciuto oltre i confini romani.

Paolo Di Marcelli 15/02/2017

Foto: Simone Galli