Una sete di giustizia, divina e umana, sconvolge il senno di una polis globalizzata che ora, come ai tempi di Sofocle, ritrova a teatro gli echi acuti di morti senza onore, prede di guerre antiche e odierne, ammassate nelle fosse comuni della coscienza dal V secolo a.C. a oggi, da Atene a Roma, da Tebe a Kobane.
I cadaveri non sepolti chiedono grazia dall’oltretomba: una passionale e impulsiva Antigone (Vanessa Scalera) paladina di misericordia corporale, si immola a vittima sacrificale per le spoglie di un fratello ucciso, oltraggiato dai decreti dispotici del sacrilego re Creonte.
Filippo Gili è il demiurgo di uno spettacolo che indaga alle origini della parola, antica, meditata, analizzata con sguardo moderno - beffardo ma non dissacrante - attorno ai gangli fondanti della tragedia, liturgica origine dell’essenza umana.
L’autore è regista e attore di un’opera a più voci, orchestrate da un organismo dinamico che attraversa un palco essenziale, concepito in due piani issati a scrittoio (per il despota) e a operoso tavolo da lavoro (del binomio di un coro confabulante in emiliano). Il robusto e abile ensemble attoriale invade lo spazio scenico su più livelli, oltre le quinte e la platea, riflettendo le tinte bluastre di luci liquide, amniotiche e inconsce.
Anarchica dissidente dell’ordine tiranno, l’Antigone dal tono brechtiano esprime sul volto i tratti incisi di una ricerca profonda, obbedendo a regole divine, scovate a piene mani nel ventre di un rito viscerale, che precede il linguaggio e ne ignora primordialmente le regole, alla ricerca di una pulsione innata che brucia recondita sentieri interiori.
A passi pesanti di orgoglio fatale, lei sfida il comando e sprofonda all’esilio, in una grotta isolata ai margini della città, dove la profezia di un Tiresia femmineo, invalido e stridente, sancirà la sconfitta dell’ingegno malvagio. Pur catartica e liberatoria, la distruzione colpirà anche la follia abbagliata, come l’amore cieco di un intenso Emone (Piergiorgio Bellocchio), che sorprenderà nel sangue, sterile e suicida, i martiri di un crimine odioso agli Dei.
Compiutasi la catastrofe, Creonte assiste alla solitudine della sua coscienza, preordinata e vuota, segnata fragilmente da parole appuntate su un taccuino, fini a sé stesse, blasfeme e prive di segno.
Giulia Sanzone 28/11/2014
Antigone
di Sofocle
con Vanessa Scalera, Barbara Ronchi, Omar Sandrini, Alessandro Federico, Filippo Gili, Matteo Quinzi, Piergiorgio Bellocchio, Rosy Bonfiglio, Roberto Dellara
scene Francesco Ghisu
assistente scenografo Lorena Curti
costumi Daria Calvelli
disegno luci Daniele Compagnone
aiuto regia Silvia Picciaia
regia Filippo Gili
produzione Uffici teatrali
Dal 24 novembre al 6 dicembre 2015
Al Teatro dell’Orologio, Roma
Foto: Manuela Giusto