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"L'estinzione della razza umana": L'Uomo sarà l'unica specie animale che si autodistruggerà

TORINO – La ferita che ha lasciato il Covid nell'animo e nelle vite delle persone è ancora profonda, troppo aperta e sanguinante per poterla affrontare come un qualsiasi altro argomento. Troppo fresca per parlarne, per esorcizzarla attraverso l'arte, soprattutto attraverso il teatro, l'arte per eccellenza che sublima e innesca, che fa metafora della realtà, che astrae, estrae, sintetizza, rielabora. Questo non significa che dobbiamo applicare censure o rimozioni collettive però crediamo che la nostra società, soprattutto quella occidentale che è stata travolta e stravolta da questi due anni prima di privazione della libertà poi dilaniata dal conflitto 03_L'estinzione della razza umana_ph Luigi De Palma_RR60995.jpgvax/novax e infine colpita da inflazione e recessione, ancora non voglia confrontarsi con il tema del virus e abbia bisogno di altro tempo per allontanarsi dalla minaccia, relativizzare il passato, fare un passo indietro e guardare a quest'ammasso di emozioni contrastanti con un occhio meno partecipe e meno coinvolto. Tutto è talmente troppo vicino (le mascherine in teatro, aereo e treno si continuano a portare, e i morti collegabili alla malattia ci sono quotidianamente) che non possiamo ritenerci immuni, che non possiamo parlarne come un dato del nostro recente passato perché ne siamo ancora invischiati e la coda lunga, soprattutto nell'economia, si farà sentire per svariati anni. Se siamo ancora dentro al vortice è difficile e complicato poter argomentare con lucidità, prendere posizione con un coerente distacco, con la giusta distanza.

La gente vuole sentire parlare di Covid o in questo preciso momento storico cerca, non tanto il disimpegno, quanto altri porti e sbocchi, altre questioni non così pesanti e pressanti che non ci possano far ripiombare nei momenti appena trascorsi? Se sei appena uscito da un incubo, se hai appena subito un importante trauma che ha completamente ribaltato la società dei consumi e sterilizzato il nostro modo di vivere, l'ultima cosa che vorresti è sprofondare nuovamente nelle stesse trite e tristi dinamiche, continuare a parlarne, a sviscerare situazioni e sviluppi, andare a fondo, 04_L'estinzione della razza umana_ph Luigi De Palma_RR61233.jpganalizzare. Ancora, secondo noi, i tempi non sono maturi per un'esposizione collettiva, quale è il teatro, per una condivisione comune della faccenda. Infatti non molti testi contemporanei parlano di Covid. Si respira un blocco emotivo a riguardo.

E, secondo Emanuele Aldrovandi, il suo debutto “L'estinzione della razza umana” (visto al Teatro Gobetti torinese; prod. Teatro Stabile Torino, Associazione Autori Vivi, Corte Ospitale) non parla del virus partito dalla Cina. Però c'è una malattia respiratoria, a metà tra la famigerata Sars19 e l'aviaria, però c'è un lockdown con tutte le relative causali e conseguenze concatenate. La pandemia mondiale, all'interno della dialettica che l'autore reggiano ha dipanato tra cinque personaggi (Giusto Cucchiarini, Eleonora Giovanardi, Luca Mammoli, Silvia Valsesia, Riccardo Vicardi), va a caduta sul cambiamento climatico e su quanto la sovrappopolazione del globo abbia influito e influisca sulla salute del Pianeta. Molta carne al fuoco, molte tematiche spesse e piene e corpose. Si ride e si riflette. La scrittura di Aldrovandi (per noi è prima di tutto un autore, uno scrittore e poi un drammaturgo e infine un regista) la mettiamo nel paniere assieme a quelle illuminate di Fausto Paravidino e Bruno Fornasari, esempi di concretezza, profondità, tenacia, lenti d'ingrandimento sull'oggi senza tralasciare l'ironia sulla nostra specie, riflessioni senza le pesantezze della tragedia, senza finte commozioni. In un condominio (la scena di Francesco Fassone) che diventa habitat e gabbia di zoo si confrontano due coppie (l'autore aveva in mente un qualcosa che ricordasse “Il dio della carneficina” di Yasmina Reza) che diventano fazioni che si trasformano in guerriglia. Prima il maschio dominante contro l'altro maschio alfa, il nodo del contendere era che uno dei due voleva uscire e andare a correre mentre l'altro glielo impedisce perché siamo il decreto del lockdown lo vieta, poi le donne sono solidali, adesso si aggregano gli uomini, dopo si scontrano le famiglie, infine anche le donne, soprattutto sul tema maternità visto06_L'estinzione della razza umana_ph Luigi De Palma_RR60935.jpg che una delle due è diventata madre da poco mentre l'altra ha scelto di non averne perché non ha fiducia nel genere umano e perché la vita umana uccide il pianeta, si accapigliano in un tutti contro tutti infelice.

Interessante è questo colore, tra il celestino e il grigio, che ricorda vagamente una cromatura ospedaliera di lenzuola o di camici da infermiere o addirittura la mascherina chirurgica, un non-colore scialbo delle mura, delle finestre che si spande e si scioglie nelle loro tute-divise anch'esse grigie, quasi da carcerati, che li appiattiscono alle mura, che li fanno scivolare nell'anonimato. Colore che ogni tanto si incendia di rosso gracchiante e d'allarme pulsante. Divertente è la deriva apocalittica e distopica delle conseguenze dell'aver contratto il virus: le persone si trasformano in grossi tacchini (come Pinocchio e gli altri studenti discoli in ciuchini da macello) con tanto di piume sulla schiena e bargigli e cresta e becco. La scelta grottesca però non viene spinta ma soltanto accennata, invece poteva essere il gancio giusto per staccarsi dal contingente e fare di questo racconto una favola noir dove l'oggi si tramutava in incubo visionario. E ancora, avvincente e curioso è il fatto che più i quattro personaggi principali (il quinto è il rider che porta i pacchi di Amazon o il dottore che torna dai turni massacranti in ospedale) esprimono le loro idee e prese di posizione sul mondo, sulla vita e sulle loro libertà e scelte esistenziali e politiche, e più ogni volta ci sentiamo d'accordo con tutti, dando sempre ragione all'ultima riflessione lanciata sul piatto.

La scrittura di Aldrovandi ci mette alle corde, ci sprona, ci punge, ci sbalza dalle nostre convinzioni proprio perché la ragione non sta acriticamente da una parte soltanto. In queste figure, nelle loro salde certezze e sinceri convincimenti, però quello che risalta è la loro fragilità (la nostra), il nostro spaesamento, il nostro naufragare alla ricerca di notizie, di verità, nuotando a scansare fake news, ad evitare manipolazioni e pubblicità che ci vogliono sempre più usare come pedine e consumatori invece che come cittadini pensanti. Nel mare 08_L'estinzione della razza umana_ph Luigi De Palma_RR60770.jpgmagnum dell'informazione ci siamo assuefatti alle bugie del mercato, dei politici, della tv, degli esperti, tanto che non riusciamo più a capire chi mente e chi ci vuole mettere in guardia, confondendo sempre più il Gatto e la Volpe con il Grillo Parlante. Tutto e il contrario di tutto, tutto è il contrario di tutto, e siamo spaesati e disillusi e annaspiamo in perenne balia. Ecco perché ci sono stati i seguaci di Trump poi i novax, adesso i putiniani e gli orsiniani: “Quanti perfetti e inutili buffoni, questo Paese devastato dal dolore” urlava disperato inascoltato Franco Battiato. Le persone si sentono sole e abbandonate, hanno paura e si rifugiano in regole nette e schemi semplici per cercare conforto, per non sentirsi stupidi, anzi per credere di essere intelligenti, in perenne lotta contro l'establishment, in conflitto con i “poteri forti” che spesso non esistono come i mulini a vento di Don Chisciotte.

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“L'estinzione della razza umana” ben fotografa questo momento storico che stiamo affrontando nel quale molti ignoranti si affidano alle ricette di qualche guru da web che impasta, maneggia e adultera dati e informazioni, documenti e notizie per certificare e consolidare le proprie tesi, spesso politiche, faziose, parziali, settarie, facinorose per loro tornaconti. A molti è mancata la scuola e l'istruzione, ad altri, quelli che si credono furbi e geniali per il solo fatto di non stare nella maggioranza, manca l'umiltà di capire talmente sono indottrinati dall'arroganza, dal potere, imbevuti di odio edi presupponenza verso i propri simili che, evidentemente, considerano inferiori, quelli che chiamano “il gregge”. Il condominio di Aldrovandi è un affresco plausibile di quello che ogni giorno è la dialettica sui social network, le battaglie a colpi di nuovi link, non tanto per convincere l'altro ma quanto per sentirsi più intelligenti, meno fregabili, meno fallibili, meno allocchi. Magra consolazione se le foreste vanno in fiamme, se gli oceani sono pieni di plastica, se le temperature diverranno inaccessibili e inaccettabili: “Intanto la primavera tarda ad arrivare”. “Viviamo strani giorni”.

Tommaso Chimenti, visto al Teatro Gobetti di Torino il 17/05/22

Foto: Luigi De Palma e Bruno Cattani

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