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“Delitto in salsa rosa”: il teatro che imita la tv che imita il giallo d'autore

“Per molti versi la professione del critico è facile: rischiamo molto poco, pur approfittando del grande potere che abbiamo su coloro che sottopongono il proprio lavoro al nostro giudizio; prosperiamo grazie alle recensioni negative, che sono uno spasso da scrivere e da leggere. Ma la triste realtà a cui ci dobbiamo rassegnare è che nel grande disegno delle cose, anche l'opera più mediocre ha molta più anima del nostro giudizio che la definisce tale. Ma ci sono occasioni in cui un critico qualcosa rischia davvero. Ad esempio, nello scoprire e difendere il nuovo”.
Diceva così Anton Ego, il terribile critico culinario del film Disney “Ratatouille”, e le sue parole potrebbero perfettamente riassumere “Delitto in salsa rosa”. In un'epoca in cui “nulla di nuovo può più essere scritto” in campo artistico, la soluzione sembra essere mescolare i generi, unire le piattaforme, sperimentare gli accostamenti.

E' quello che è accaduto lunedì 2 maggio al Teatro Golden di Roma, dove si è svolta una serata molto particolare. Spentesi le luci - o meglio accesesi con tono diverso, grazie al talento di Gemma Nucci - entra l'assistente di studio del teatro, che poi è l'assistente di studio di un fittizio programma televisivo di cucina, al fine di spiegare al pubblico che dovrà applaudire ad un suo segno, proprio come se il pubblico in sala fosse quello del suddetto programma tv. Si viene così catapultati in una straordinaria esperienza meta-teatrale: Antonello Lotronto ha imbastito una storia che prende spunto dai classici gialli di Agatha Christie e Arthur Conan Doyle per rimodernarli e condirli con una salsa ad hoc.
La trama è presto detta: tre noti chef di fama mondiale, il tedesco Günter Bröt, seguace della cucina molecolare, il francese Lucien Maxim, snob interprete della nouvelle cuisine, e la nostrana Donatella Cotenna, strenua sostenitrice della cucina italiana più tradizionale e dello street food, si sfidano a suon di pietanze. Moderati dalla bella conduttrice, i tre devono subire il giudizio unico e insindacabile dell'odiosissimo critico gastronomico Alan Scotto, le cui stroncature hanno già causato danni psicologici, economici e addirittura suicidi. Durante la puntata accade l'inevitabile: ci scappa il morto e diviene compito della polizia investigare. L'ispettore però non è da solo, perché ad aiutarlo viene chiamato proprio il pubblico, con alcune istruzioni e informazioni ricevute prima dell'inizio dello spettacolo. Gli spettatori hanno così l'opportunità di diventare detective per una sera - il sogno di ogni amante dei gialli: vengono interpellati in prima persona, nel poter fare domande direttamente ai sospettati, e dover fornire poi colpevole e movente. Ai più precisi fra quelli che hanno indovinato viene consegnato addirittura un regalo a sorpresa a fine spettacolo. Un riconoscimento va anche alle risoluzioni più fantasiose e divertenti, proprio nell'ottica della verve che impregna tutto lo spettacolo.
Vengono disseminati indizi nelle parole e nei gesti degli attori in scena, ma non è solo il lato interattivo a fare di questo “Delitto in salsa rosa” un successo: si gioca continuamente fra i piani narrativi, fra meta teatro e meta televisione, prendendo in giro i rispettivi stilemi e buffoneggiando quelli dell'altro mezzo. Senza dimenticare di scherzare sul proliferare di show e rubriche culinarie, sulla professione del critico (gastronomico e, per traslato, artistico), sui diversi tipi di cucina dalla più casereccia alla più raffinata, e sui cliché che incarnano i personaggi, senza risultare mai fastidiosi, ma piuttosto molto comici. Il cast, formato da Danilo De Santis, Francesca Milani, Carmela Ricci, Michele Iovane e Giulio Benvenuti, ha dimostrato una grandissima prova attoriale nel non uscire mai dal personaggio, nemmeno nelle domande - a volte impossibili - del pubblico, riuscendo addirittura a condirle con quella vena ironica propria dei vari Maxim, Cotenna, e così via.
Senza nulla togliere al teatro d'avanguardia, e se il futuro del teatro potesse essere anche una semplice ma efficace commistione di mezzi di comunicazione, di tv che si fa teatro, di teatro che si fa cinema, non si potrebbero unire le arti in un'esperienza che travalichi il singolo media, per arrivare al cuore e alla mente dello spettatore? Non sarebbe meraviglioso?

Per maggiori informazioni: http://www.murderparty.it

Federico Vascotto 05/05/16