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“Corso involontario per l''uso di evidenti debolezze", ovvero un Manuale di compartecipazione alla propria morte

La morte miete il suo fascino nel mistero, nell’assenza e nell’imprevedibilità meno eccitante che possa esistere.

In scena dal 14 al 24 Maggio 2014 alle ore 21 al Teatro Brancaccino in Via Merulana a Roma, “Corso involontario per l’uso di evidenti debolezze” è uno spettacolo che si fonda sulla morte a più voci, fino a mostrarla in persona in mezzo al pubblico. E cederle la parola.

La regia di Virginia Franchi opera sul testo di Lorenzo Gioiello tentando di misurare al meglio la surreale comicità di una compagnia di attori (LISA) che si rivolgono al pubblico direttamente per comunicare loro la loro morte – fra un anno – e per elicitare pensieri su come sarà, come ci si sentirà, se ci si dispiacerà davvero poi così tanto. La morte, in fondo, è già in mezzo a voi, a noi, siede fra il pubblico.

L’interazione tesa a squarciare ogni sipario fra rappresentazione e realtà – sino a coinvolgere la vita e la morte – è perpetua tanto da far risultare un po’ troppo spesso l’affronto contro l’ “involontaria debolezza” di un pubblico che si fa accarezzare, quasi maledire, disorientare.

Lo spettacolo si costruisce attorno ad una serie di momenti di frustrazione d’autore che vedono avvicendarsi in maniera interessante coppie di uomini e donne, solo donne o solo uomini, amanti, pazienti, fratelli. Il tramonto della figura dell’intellettuale-scrittore rende uno di questi scambi parossisticamente a-sessuati perché il sogno di ciò che potremmo essere e vorremmo essere prevalga su ciò che siamo ora, mentre le prese di distanza spazio-relazionali di una psicologa teatralizzano una delle incoerenze più sfaccettate: tradire la professione d’aiuto con il tradimento di un rapporto d’amore, cioè scopare.

Arriva l’ora della fine, e la morte si alza da una poltrona poco trafelata dal resto del pubblico. E’ stata un pubblico anch’ella e molto pedagogicamente si dirige sul palco per far parte della messinscena, pronunciare il suo nome quasi fosse solo un nome ad un pubblico invitato ad applaudire di tanto in tanto a questi sforzi di immane volontà.

 

(Rosa Traversa)

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