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"Chi ha paura di Virginia Woolf?": due coppie, nessun sopravvissuto

BOLOGNA – Quasi un'Arancia Meccanica questo gioco al massacro dove tutti i quattro componenti delle due coppie ne escono a pezzi, distrutti, frammentati, spappolati. La coppia anziana (qui due grandissimi interpreti come Sonia Bergamasco e Vinicio Marchioni) e la coppia giovane (Ludovico Fededegni e Paola Giannini) che si guardano, si scrutano, si rivedono come davanti ad uno specchio, quello che sono stati, quello che saranno. Ed è un Latella in formissima quello che pennella questo “Chi ha paura di Virginia Wolf?” tutto sul filo della ferocia controllata, della quadrate-sito-TSU-4.jpgrabbia moderata, dell'ira furibonda e di una distruzione borghese e dialettica, più fioretto che sciabola. E si riforma la coppia Latella-Marchioni che già portarono sul palco un capolavoro come “Un tram chiamato desiderio”. E c'è un comune denominatore tra i recenti ruoli teatrali di Marchioni: il suo Stanley del “Tram”, Brick de “La gatta sul tetto che scotta” (per la regia di Arturo Cirillo) e questo George.

La deflagrazione dell'ipocrisia anglosassone-americana-puritana-conservatrice (il testo è degli anni '60, di Edward Albee). Subito ci appare una scena, tra l'hopperiano e il carveriano, dove i parallelismi cromatici sono fondamentali per cercare un binario, una rilevanza, un'associazione, per comporre i pezzi di questo puzzle spaiato e decomposto formale dove, all'apparenza tutto sembra perfetto e ideale mentre le crepe stanno per implodere: la poltrona è gialla come l'armadio, il piano è rosso come l'abito di George-Marchioni, le tende che ricoprono le tre pareti sul fondale a celare Latella-scaled.jpge proteggere sono verdi come l'abito di Martha-Bergamasco (elettrica: suona gli ottantotto tasti e canta come una consunta Janis Joplin), viola invece sono le piccole volpi sul boccascena come la parrucca indossata dalla moglie. Non sono casuali gli incroci in questa confezione di teatro borghese d'interno, ad una prima occhiata, che diventa disseminato di ferocissimi attacchi tra squali, iene, avvoltoi in un tutti contro tutti che lascia cadaveri al suo passaggio come un monsone. Tutti i colori hanno un qualcosa di sbiadito, di scolorito, di sfumato e affumicato, passato, fumé.

I senior: lui è un professore universitario nell'ateneo il cui rettore è il padre di sua moglie. Un rapporto ormai logorato ma che, come nello stallo di un finale di partita bloccato senza vie di fuga, rimane, sta, barcollando ubriaco, tentennante ma in un suo pur precario equilibrio smodato continua a restare in piedi. E sembra un gioco tra i due più maturi personaggi quella di invitare, sovente, una coppia più giovane per smorzare i loro entusiasmi nel futuro, per mostrare il fondo del bicchiere, il raschiamento del barile, la vergogna e lo schifo e fin dove si può arrivare ad odiarsi, senza limiti, senza censure, senza più dignità né orgoglio, senza più limitarsi. E' una violenza psicologica di strategie e attacchi furtivi a scoprire i punti deboli e a colpire proprio lì dove fa più male in un crescendo che non lascia spazio alla salvezza, che chiude tutte le porte al domani. Una vera e propria guerriglia dove tutti i colpi sotto la cintura sono contemplati. Ma i due coniugi “anziani”, che forse si rinfacciano le stesse cose e sono caduti mille volte nelle stesse dinamiche ormai consumate e consolidate, hanno bisogno, come per vezzo, di avere un pungolo, un meschino stimolo, un pubblico vergine che ascolti quelle stesse minuzie esistenziali per la prima volta, in un duello fino all'ultimo sangue per vedere chi ha ragione, per mostrare sul banco (degli imputati) tutte le prove a carico, i moventi, le ingiustizie subite, i torti accusati. Ma è sottile il discrimine se i due effettivamente si stiano azzannando alla giugulare o se recitino, di tanto in tanto, quasi per scandalizzare i nuovi arrivati in quella dimensione da campus, uno stesso canovaccio, come a teatro, sera dopo sera, un copione da rispettare ormai assodato e ricordato e concordato, lascivo, dissoluto, disturbante, quasi un gioco di società dove due complici si impegnano a distruggere le aspettative e il futuro di una giovane coppia, per noia, per mancanza di passione, per quella subdola ricerca di fare del male ad altri quando ormai non se ne può più fare alla persona che ci sta ancora accanto.

Ci aggredisce un senso di impotenza davanti a questi blocchi che si fronteggiano, a questi nemici che cambiano casacca, a queste fazioni liquide che mutano schieramento, dove tutti vorrebbero andarsene ma dove tutti rimangono per colpire e finiscono per essere presi di mira rimanendo invischiati nella voglia-bisogno di vendetta, intrappolati in un desiderio di rivalsa che li fa ancor più affondare, li indebolisce perché li lascia sguarniti del germe della sopravvivenza pensando più a come rivalersi del torto che a quello che potrebbero perdere in questait_virginiawoolf-02-03-2021-850_original.jpg roulette russa (infatti apparirà anche una pistola) dove, alla fine, tutti perderanno indelebilmente se stessi. Le provocazioni e le istigazioni montano come panna per poi sciogliersi e immediatamente, dopo una piccola tregua quasi a riprendere fiato e forze e prendere nuovamente la rincorsa, risalire ancora più perfide e toccanti e cattive chi-ha-paura-i-Virginia-Woolf-foto-di-Brunella-Giolivo-5-e1641817630359.jpgcercando il nervo scoperto, nel triste play del gatto col topo. Marchioni e la Bergamasco, attori di un gigantesco spessore con una prestazione super, tengono dritto il filo di una tensione palese e di un erotismo strisciante come se le umiliazioni che si infliggono e che li trafiggono possano in qualche modo risvegliare la loro eccitazione sopita. Hanno carattere e tempra per reggere questa manipolazione patologica (2h 40') e ci vuole un fisico bestiale (dopotutto siamo a Bologna città di Luca Carboni, all'Arena del Sole) per tenere botta alle nevroticità dei loro ruoli, per non soffocare nel tremendamente infelice, per non farsi avvolgere da tutta quell'insoddisfazione che, come marea, come onda, ci assale, ci travolge.

La citata nel titolo Virginia Woolf non è altro che l'inconfessabile che alberga dentro ognuno di noi, è quella coscienza che chiarifica le nubi degli incubi, è quella voce da voler mettere a tacere, è il grillo parlante che non vogliamo ascoltare, è quella fatica che non vogliamo fare, preferendo continuare ad annaspare invece di, finalmente, imparare a nuotare. Ci vuole sudore per essere la parte migliore di noi stessi, ci vuole sofferenza per uscire da schemi preconfezionati e incancreniti, ci vuole un grande sforzo per uscire dalle paludi di relazioni consolatorie ma dannose e croniche e acide e corrosive, ci vuole impegno quotidiano per scegliere di volersi bene.

Tommaso Chimenti 26/02/2022

Foto: Brunella Giolivo

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