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“Brigata Miracoli”: much ado about nothing

NAPOLI – Stavolta la brigata dei Vucciria potrebbe non aver compiuto il consueto miracolo di trasformare il teatro in poesia miscelando l'onirico con il materico, la sostanza grezza con la grazia, lo sporco in sogno, i bisogni primari con la delizia, la carne con la preghiera. Siamo di fronte, dopo l'illuminazione di “Immacolata Concezione”, ad un lavoro, il loro nuovo “Brigata Miracoli” (prod. Fondazione Teatro di Napoli-Teatro Bellini), molto stratificato e ricco dove molti passaggi sono dati per scontato e dove la sovrapposizione di temi ha finito per infarcire di senso una vicenda semplice con parallelismi forzati e argomentazioni collaterali. Una trama che ha lasciato più di una zona d'ombra, nebulose opache nebbiose, sfere, parti e quadri poco comprensibili.

In cinque in scena, i due personaggi maschili (i sempre bravi ed efficaci Enrico Sortino e Joele Anastasi, di quest'ultimo regia, testo e costumi) sono abbastanza defilati e laterali, mentre protagonisti sono proprio i tre ruoli femminili (Federica Carruba Toscano che spicca, Adelaide Di Bitonto concitata, Beatrice Vento timida) che urlanoteatro.it-Brigata-miracoli.jpg smodatamente, molto, troppo in un litigio perenne, offendendosi come mitragliatrici con mille epiteti diversi, per tutto il tempo della piece senza resa, senza posa, in siciliano e pugliese, aumentando i decibel e con essi il caos. Si comincia gridando alla Luna che non c'è più, che se n'è andata, che non ritorna. Cripticamente il satellite con i crateri è la televisione, anzi un programma tv, o ancora forse un reality che da venti anni è entrato nel quartiere con le sue telecamere trasformando, forse in positivo ma non è dato saperlo e nemmeno in che modo, questo rione periferico di una città del Sud dove prima non c'era niente e adesso invece c'è almeno la televisione. Una rete privata gestita in maniera familiare dal capofamiglia e dalla figlia (arriveremo dopo ai loro nomi simbolici) che occupava come special guest ed eroina tutte le ore di messa in onda sul tubo catodico catalizzando l'attenzione su di sé, divenendo starlette di provincia e icona locale. Ma questa ragazza un giorno è caduta in un sonno profondo, in una specie di coma vigile catatonica, una bella addormentata nel bosco, come se ad un tratto si fosse spenta la luce o qualcuno avesse girato l'interruttore. Sta di fatto che senza la conduttrice factotum dell'emittente la televisione non si può fare. In fase di scrittura i Brigata-Miracoli_7741-1536x1024.jpegVucciria si sono rifatti ad un fatto di cronaca, passato abbastanza sotto silenzio, di alcune bambine richiedenti asilo che all'improvviso, in Svezia, si sono addormentate abbandonandosi alla rassegnazione in un pesante letargo, in una solida sonnolenza senza risveglio, senza un reale motivo accertato né patologie acclarate.

A questo aggiungiamoci le canzoni di Peppino Gagliardi e di Franco Ricciardi (quello musicale è un corpo abbastanza estraneo al plot) che mutano il palcoscenico in un continuo dj set immerso nel fumo delle mille sigarette che accendono a ripetizione. E adesso arriviamo al nodo concettuale più oscuro e macchinoso, ovvero il perché ai personaggi sono stati affibbiati nomi, e anche evidentemente lati caratteriali e tratti principali, di rappresentanti dei classici greci (instillando nuove aspettative, magari non completamente soddisfatte): Zeus è il padre-padrone della famiglia che però non sembra così deus ex machina né generatore né tanto meno dittatore, Afrodite è la figlia dormiente, Anchise è il cognato pescivendolo (riferimento un pò forzato agli apostoli cristiani), Enea è l'altra figlia, perché il padre voleva tanto un maschio ma poi è nata una femmina ma il nome ormai era già stato scelto e non è stato cambiato (anche su questo punto potremmo ragionare molto). I rimandi spostano la narrazione in una zona di penombra ed eclissi (parlando di Luna), ci portano dentro luoghi lontani e terre straniere e aprono nuove parentesi che però rimangono vuote, senza reali spiegazioni né apparenti motivazioni drammaturgiche. Si ha la sensazione di troppi ingredienti, forse non ben amalgamati e scelte enigmatiche e misteriose per una messinscena che ci ha lasciato più di un interrogativo. Quali sarebbero i miracoli che questi personaggi avrebbero dovuto compiere? Quali i prodigi salvifici che avrebbero potuto realizzare?

Tommaso Chimenti 02/02/2023

 

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