Il primo giorno della Biennale di Danza di Venezia 2015 “la dignità del gesto” lotta e si sposa con la sperimentazione del presente e del passato. Due delle performance visionate, “Variazioni posturali degli abitanti di stanze asimmetriche in regimi metereologici controllati (chi inciampa lo fa apposta)” del CollettivO CineticO (concept e regia: Francesca Pennini) e “Quadri dal Vangelo secondo Matteo” (coreografia: Virgilio Sieni), fanno appello alle nostre capacità di muoverci di fronte al movimento costruito artisticamente come se la nostra stessa postura non sia più al sicuro e non possa più facilmente incarnare la corrispondenza lineare del tempo con le categorie dell’ “avanti” e dell’ “indietro”. Le “variazioni posturali” del CollettivO CineticO si servono di corpi educati atleticamente e guidati da una coreografa robotica a cui obbediscono pedissequamente. Momenti singolari, di squadra, di massa, si impressionano sull’intero spazio scenico come scie luminose provenienti da un proiettore angolare costituito da una sorta di cono d’ombra umano: l’intero gruppo di performer che all’inizio dello spettacolo staziona ben racchiuso in un angolo. Corpi diversi che gareggiano e tifano quasi allo stesso modo. Non si sa mai perché qualcuno vince. Il movimento è nel tempo, è il tempo: agganciare, riagganciare, sganciarsi. E’ il principio della dimostrazione che non deve demordere.
Bisognerebbe fissare un punto sul muro di fronte a sé – e niente altro – per cogliere alla fine quei corpi eterogenei che cercano di disfarsi della materia che hanno imparato. Virgilio Sieni, Direttore Artistico del Settore Danza della Biennale di Venezia, prosegue con il suo lavoro sull’iconografia ripresa dal Vangelo secondo Matteo iniziato nel 2013 e composto da 27 quadri animati da 150 interpreti non professionisti e danzatori di tutte le età provenienti da varie regioni d’Italia. Il progetto di Sieni si inserisce in quadri coreografici: un museo di persone, gruppi-coppie-duetti-monadi, ben inquadrate all’interno di strisce bianche e numeri di appartenenza sul pavimento della Sala delle Colonne a Ca’ Giustinian. Il pubblico si osserva quasi fosse anch’esso un’opera volontaria del coreografo. Quotidianità, persone comuni in abiti comuni, “fra me e il mondo di mia nonna” potrei dire, posti in essere da un Vangelo istituito dalla Danza. Il movimento pulsa di assoluto mentre ci cammini accanto, così inaspettatamente, e lo reitera, lo risemina, lo avvicina. In quel luogo solenne e da fissità immaginifica le Sacre Scritture dissacrano.
L’esecuzione dal vivo della musica di Michele Rabbia pone l’accento su come ci si accorge dell’operazione artistica: si presta più attenzione al sibilo, al tonfo, alla massa di corpi che tentano il suono migliore della loro mano, oppure si sosta davanti ai personaggi più rattrappiti e raccolti su se stessi? I bambini sono a loro agio, con la regola, con l’armonia, con l’espressione rallentata della riproduzione sentimentale. Mi sento in mostra con loro. E stare seduta mi è quasi impossibile. Lo sguardo non può dettare le parole di commento di uno spettacolo di questo tipo. Il respiro, l’udito stimolato e tradito, la prossimità con chi non si fa pensare come un oracolo d’arte. E, nel finale, ti prende per mano e ti accompagna nella posizione adeguata: frontale, orizzontale, parallela, di giudice chiamato a non dimenticarsi di sé. I miei applausi mi ricongiungono con il mio mestiere.
Rosa Traversa 26/06/2015