FIRENZE - “Senza piccioli e rispetto sei il nulla mischiato al niente”, Totò Riina.
“Quando c'è un delitto di mafia, la prima corona che arriva è quella del mandante”, Gen. Carlo Alberto Dalla Chiesa
“Gli farò un’offerta che non potrà rifiutare”. (“Il Padrino”)
E' la nostra industria più florida, quella che guadagna e fa guadagnare, che ha più fatturato. Se gli Stati Uniti non sono riusciti ad esportare la democrazia a suon di bombe tra Iraq e Afghanistan, noi siamo stati capaci di esportare la mafia negli Stati Uniti. “La mafia è il miglior esempio di capitalismo che abbiamo”, Marlon Brando.
Pasta, pizza, mandolino. E mafia. Potremmo essere polemici e dire che parlare di Mamma Santissima e lupare qui da noi sarebbe come andare in Spagna e parodiare su quello che è stata l'Eta, le bombe, gli agguati, gli attentati. Non sarebbe bello, non sarebbe giusto. Puoi dire mafia e accennare a “Terapia e pallottole” oppure al “Padrino” o “Donnie Brasco” e spingerti fin verso “Bronx”, “Gli intoccabili” o “Quei bravi ragazzi” dove il crimine si mischia alla leggenda di certe frasi epiche, di certi registi e registri, di certi attori che la sanno lunga, di certi sguardi che forano, che bucano, che trafiggono. “Un bravo ragazzo ha sempre ragione; anche quando ha torto, ha ragione”, Donnie Brasco)
Oppure pensare, peschiamo un po' a caso nella memoria, a Salvo Lima e Peppino Impastato, Carlo Alberto Dalla Chiesa e Don Diana, Don Puglisi e al piccolo Giuseppe Di Matteo disciolto nell'acido, a Falcone e Borsellino, ai Georgofili e ti passa subito la voglia di ridere e pure quella di sorridere. E come gli Yllana (yllana.com), il gruppo spagnolo che torna spesso al Teatro di Rifredi di Firenze (il trio Mordini-Savelli-De Biasi ci porta sempre in un mondo di raffinato teatro internazionale), hanno ironizzato sul mondo del mare, “Splash!”, e sui toreri, “Muu!”, sui Safari, “Zoo”, e pure sugli Spaghetti Western, “Far West”, allora gli passiamo anche questa pantomima che nel mondo ci identifica, ci inquadra nell'equazione italiani uguali mafiosi e dalla quale è difficile staccarsi e sottrarsi. Ridiamo di noi stessi senza dimenticare però la scia di sangue, le ferite ancora non rimarginate, la mafia tumore non debellato. “La mafia uccide, il silenzio pure”, Peppino Impastato.
Più che della mafia (delineata con tratti di demoni o mostri tra Frankenstein e Lerch della Famiglia Addams) dai contorni di chiaroscuri pennellati da Museo delle Cere, maschere deformi, macellai (viene in mente la Cianciulli) storpi e gobbi, sembra che “Baciamo le mani” sia più un confronto tra una squadra di investigatori stupidi, alla “Scuola di Polizia” o la trilogia “Una pallottola spuntata”, con un gruppo di criminali da strapazzo in stile rapinatori di “Mamma ho perso l'aereo” o di rapitori nei “Goonies”. L'atmosfera a tratti si fa splatter e pulp, molto humour nero, portandoci in atmosfere da “Seven” o “Collezionista di ossa”, da serial killer tipo Dexter, Jack lo squartatore o Freddy Kruger.
Le luci sul fondale, rossissimo come in Shining quando avvengono torture (ricordando “Le iene” di Tarantino) o assassinii brutali, o blu nei quadri più leggeri, fanno il loro effetto, così come gli incastri, nel gramelot spagnoleggiante, tra i quattro, eclettici, elettrici, che a turno, a ciclo continuo, sono poliziotti e criminali, in un veloce trasformismo. Ci sono i proiettili e gli spari, le mazze da baseball per le punizioni, le intimidazioni e le esecuzioni, cazzotti, soldi e cocaina. Guns senza roses. Spuntano altre citazioni e rimandi: puoi scovare pezzi di “Kill Bill” o “Full Monty”, “Buried”, il sepolto vivo nella bara, fino a “Rocky” e Jason, il pazzo sanguinario con la maschera da hockey, “Scarface” o “Il Grande Lebowsky”, le ceneri dei caduti. Tra i difensori della legge, emuli dei b movie all'italiana di Lino Banfi o seguaci di Mel Brooks, e i dannati, la morale finale non aiuta certo i primi. E la tarantella italiota conclusiva, al sapore del “That's amore” di Dean Martin, chiaro riferimento nostalgico tricolore, ci riporta alla riflessione iniziale.
Visto al Teatro di Rifredi, Firenze, il 31 dicembre 2015
Tommaso Chimenti 01/01/2016