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"AXTO" di Conte/Lucenti: un labirinto dove la terra è feconda e putrefazione

GENOVA – “Quando guardi a lungo nell'abisso, l'abisso ti guarda dentro” (Friedrich Nietzsche).

C'è un filo conduttore, neanche troppo sotterraneo ma eloquente e lampante, nei quattro lavori, colorati, esplosivi, pieni, ricchi, nei quali hanno intrecciato i loro saperi il regista Emanuele Conte e la coreografa Michela Lucenti per questa unione artistica che dona sempre nuovi frutti succosi densi di polpa da scarnificare, da scandagliare, da mordere. Questo fil rouge infuoca e scalda, riempie di segni, è frizzante come un serpente sottoterra, fa tremare e friggere. Partiamo da “Orfeo Rave”, magica notte colma e abbagliante, passando per il diabolico “Inferno#5”, continuando con il luciferino “IlAXTO 2018_artisti-in-piazza_pennabilli-festival_ph_stefano-scheda_15 (1).jpg Maestro e Margherita” e arrivando a questo nuovo “Axto” (che apre la stagione '18-'19 della Tosse, in scena fino al 30 settembre) due sembrano essere i capisaldi e i pilastri delle scelte che stanno alla base delle evoluzioni sceniche: l'amore e la morte: “Di che cosa dovrebbe parlare l'uomo?”, confessa Conte davanti alla sua “prescinseua”, il caglio acido a metà tra yogurt e ricotta. In effetti le grandi domande dell'uomo, da quello di Neanderthal a quello tecnologico che andrà su Marte, erano, sono e saranno sempre le stesse, il lottare sapendo della sconfitta imminente, il fallimento contro il Tempo invincibile, il cercare delle soluzioni, degli antidoti, delle medicine alla paura della fine, dell'ignoto, dell'oblio, del buio perenne.

AXTO 2018_artisti-in-piazza_pennabilli-festival_ph_stefano-scheda_15 (2).jpgAmore e morte, eros e thanatos, indissolubilmente legati, l'uno che insegue l'altro, l'uno come lenitivo e cura battiatesca al secondo. La malinconia e la nostalgia pervadono la scena cupa, ora rancorosa adesso rassegnata, sublime come uno schiaffo, leggera come un soffio sul collo, pesante come doccia di cumuli di sabbia. Le creazioni della ditta Conte/Lucenti sono esperienze visive, olfattive, tattili, immersioni in apnea che trascendono l'essere spettatore passivo e inerme e inerte; siamo dentro l'esistenza, la nostra vita e dobbiamo aprire gli occhi, annusare l'aria, cogliere ogni particolare, aspirare, sentire, odorare, prendere, carpire, accogliere, essere spugne pronte, farsi colpire retine, stomaco, cuore, cervello.

Il tutto è cosparso di dannunziano e impregnato da una religiosità laica e musicale che non dà soluzioni ma cerca ambiti, crea mondi, apreAXTO - foto Donato Aquaro generale-FFA_4501.jpg riflessioni. E' il caso di questo “Axto” (Durrenmatt ci viene in soccorso) che all'inizio ci ingoia e ci fagocita, prima di sputarci e vomitarci sul palco, in un labirinto-pertugio di stanze e cunicoli, di passaggi e feritoie ferenti dove passare, soffermarsi in una sorta di zoo-safari nel voyeurismo-ricerca del diverso per accorgerci delle estreme somiglianze e similitudini e assonanze con le nostre misere e borghesi esistenze. Una macchina complessa e mastodontica quella messa in moto e in atto (la firma è sempre quella immaginifica di Conte) che, tra accatastamenti e moltitudini, riesce, nel tanto nel molto nel troppo, a creare quella patina di universo rarefatto, di sogni distorto psichedelico dove lo spettatore cade a capofitto (l'esempio più calzante è sempre l'Alice di Carroll) perdendosi. In questa via crucis terrena e malata si incontra un transessuale brechtiano, un hikikomori, i ragazzi che hanno deciso di rimanere chiusi nella loro stanza connessi con il mondo soltanto virtualmente, letti sfatti, occhi senza più ricerca né felicità: solitudini, isole abbandonate alla deriva dei continenti.

AXTO foto Donato Aquaro generale-FFA_4339.jpgE questa prima sfera introduttiva, che liscia ruvidamente e scartavetra come lingua impastata d'asfalto, è il preludio, l'ouverture che apre e irrompe nella performance teatrale vera e propria in questo ring dove è regina la terra e il sudore, dove la tragedia del Minotauro si diffonde e dipana, in questa operetta rock di suoni cupi vibranti e canti gutturali pastosi e arcigni. L'arena socchiude l'idea del torero e della fiera ma soprattutto quella del rodeo dove cavalcare un'idea, il destino, il futuro, essere disarcionati dalla morte. L'inferno di cui si parla qui non è nell'Aldilà ma è tangibile e terreno e soprattutto terrestre. E ci accomuna tutti. E' l'indifferenza, la diversità o il sentirsi tali, l'emarginazione, l'allontanamento. Ed è in questa battaglia di corpi e sabbia che si alza in volute come colonne di fumo, di fruste e ghigni animaleschi, tra ritmi ancestrali e primitivi (pare un didgeridoo australiano-aborigeno) di bassi che riverberano budella e anima, che esplode la guerra, da una parte per l'abbattimento del mostro, dall'altra per la liberazione dello stesso. Tutto è metafora, tutto è interiorizzato. Ha ragione Haruki Murakami quando sostiene che “ciò che è fuori di te è una proiezione di ciò che è dentro di te, e ciò che è dentro di te è una proiezione del mondo esterno. Perciò spesso, quando ti addentri nel labirinto che sta fuori di te, finisci col penetrare anche nel tuo labirinto interiore. E in molti casi è un’esperienza pericolosa”.

La danza contemporanea di scalciate e rincorse, di passi grotteschi e pastori giotteschi, di questa terra mangiata e fecondata, di questaAXTO foto Donato Aquaro generale-FFA_4557.jpg atmosfera texano-mandriana e buttera, riesce a toccare corde intime di bellezza e carne, di viscere e splendore estetico-visivo. Il cordone ombelicale (che per Freud era il filo di Arianna) di decine di metri attorciglia e divide e segmenta l'agorà e ingabbia e recinge il mostro nel Labirinto di Cnosso seppellendolo. Furia e furore, scontri decisi e combattimenti scagliati, muscoli vigorosi e salti violenti in questo Campo di Marte che sprizza lava e non fa prigionieri. Ognuno è colpevole, dalla madre Pasifae al costruttore Dedalo, hanno fii da scontare, pene da richiedere per la purificazione. E tutti hanno bisogno di un capro espiatorio. La tensione è palpabile, come l'elastico del cordone che soggioga e separa, tensione tra la vita e la morte, tra le catene e la liberazione, in equilibrio tra uccidere o vivere. Non è possibile fare chiarore con una fiammella negli abissi bui dell'animo umano. Chi è l'eroe, Teseo o il Minotauro?

“L'uomo è nello stesso tempo il labirinto e il viandante che si perde” (Grégoire Lacroix).

Tommaso Chimenti 27/09/2018

Foto: Donato Aquaro

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