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Arlecchino servitore di due padroni: una parte della storia del teatro italiano in scena all’Argentina

La leggerezza della commedia dell’arte italiana, il dipinto della società tipica di Carlo Goldoni e la riflessione di Giorgio Strehler sul teatro, tutto questo rappresenta Arlecchino servitore di due padroni.  Ferruccio Soleri, storico interprete di Arlecchino, porta in scena al Teatro Argentina di Roma dal 15 al 20 maggio il piano registico di Strehler del 1947 con la sua stessa rivisitazione e scenografia del 1983. Il risultato è emozionante, specialmente  a fine spettacolo quando Ferruccio Soleri legge una lettera da lui scritta sulla solitudine, sulla tradizione dell’Arlecchino e sul teatro.
Per una serie di coincidenze Truffaldino si ritrova a servire due padroni, l’uno all’insaputa dell’altro. Per non farsi scoprire – e così mangiare due volte- genererà fraintendimenti e guai. Tra le varie vicissitudini c’è quella dell’amore ostacolato di Silvio e Clarice, quest’ultima figlia di Pantalone e promessa sposa del ricco Federigo Rasponi, il quale viene creduto morto fino a quando non si presenterà in carne ed ossa a casa di Clarice. In realtà, però, Federigo altri non è che Beatrice, sua sorella, la quale si è mascherata per poter ritrovare il suo amato Florindo. Arlecchino 2
In pieno stile da commedia degli equivoci e degli intrecci, Goldoni racconta la borghesia con i suoi crucci: l’amore, il denaro, la fame, l’utilità di certe azioni, dove però alla fine tutto dipende dall’astuzia di un servo, una vera forma hegeliana in cui il rapporto padrone-servo si inverte inaspettatamente. Inoltre Goldoni non manca di regalare uno sguardo arguto e attento che mostra una mentalità molto moderna per il 1745 (anno di composizione dell’opera), specialmente per l’immagine della donna che propone, più di tutte Beatrice che, sebbene debba mascherarsi da uomo per essere libera, è una donna emancipata, intraprendente che sa ciò che vuole e fa di tutto per ottenerlo grazie alle sue forze e alla sua scaltrezza.
Strehler prima, e la sua compagnia del Piccolo Teatro di Milano poi, porta in scena una commedia portabandiera della memoria teatrale italiana, la quale non rappresenta solo il luogo delle emozioni e delle tradizioni, ma è l’emblema del teatro stesso, di un teatro che nasce nel passato e che continua ancora a vivere sul palco, nella speranza che l’arte teatrale continui a esistere e a raccontare storie della vita umana, o come scriveva lo stesso Strehler: "Arlecchino è sempre uguale e diverso, libero dal tempo che passa".
La messa in scena di Soleri continua a far ridere il pubblico e a coinvolgerlo, grazie ad un ensemble sensazionale e a una grande interpretazione da parte di Enrico Bonavera, erede di Soleri nel personaggio di Arlecchino.
Lungo il palco c’è una fila di candele che vengono accese all’inizio di ogni atto e spente alla conclusione di ognuno di esso, nonché a fine spettacolo. Quelle candele simboleggiano la vita del teatro, con l'augurio che la sua fiamma continui ad ardere e a non estinguersi mai.

Giordana Marsilio 16/05/2018

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