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Al Teatro India “Aminta”: un connubio d’arte che celebra il trionfo della creatività

È un invito sofisticato a lasciarsi andare ai piaceri dell’esistenza e un immergersi nei suoni e nelle atmosfere di una lontana, mitica e suggestiva età dell’oro, l’originale “Aminta “portata in scena al Teatro India da Luca Brinchi e Daniele Spanò. Più che uno spettacolo, una performance visiva e sonora, una vera e propria installazione che ricrea e fa rivivere i luoghi, i tempi e i protagonisti del celebre dramma pastorale di Torquato Tasso. L’opera si colora di accenti tecno e illuminazioni pop senza perdere il suo caratteristico alone di classicismo e la tardo cinquecentesca lingua del poeta, pressoché invariata, si libera allo schiudersi delle labbra proiettate su tre teli svolazzanti, introducendo all’intreccio vero e proprio e inneggiando al motto “S’ei piace ei lice”. Un’esortazione chiara, un’anafora costante che viene impressa come un tatuaggio sulla pelle e rimane indelebile in tutta la vicenda, esprimendone il significato assoluto.01aminta
Ecco allora il pastore Aminta e la bellissima ninfa Silvia proiettati sullo sfondo - le loro voci provengono da due grandi megafoni laterali - a declamare la storia di un amore non ricambiato. Tutto intorno è un’esplosioni di colori, luci e suoni. Tra boschi incontaminati, atmosfere metafisiche, scenari bucolici, i due ragazzi sono vittime della potenza irrefrenabile di Amore: Silvia lo rifiuta perché dedita Diana, Aminta vuole ottenerlo a tutti i costi. Eppure l’odio di Silvia nasce proprio dal potente amore di Aminta. Avvolta in un meraviglioso abito di tulle verde, firmato Gucci, Dafne si aggira tra il maestoso ambiente pastorale, tra alberi e vegetazione rigogliosa, e insieme a Tirsi dà vita ad una serie di azioni e reazioni da parte dei 00amintadue giovani, mentre sulla scena fa il suo ingresso un Satiro “culturista”, unico attore in carne ed ossa dello spettacolo. Con la sua vigorosa, prorompente e plastica fisicità è l’emblema dell’età dell’oro, il simbolo di quell’enclave magica in cui regna il piacere, dominano gli istinti e le passioni. Troneggia maestoso e fiero al centro di questa particolare cornice e, al contempo, tra luci psichedeliche e ritmi che sfumano dalla tecno all’elettronica, si compie in video una trama che nella sua semplicità racchiude tematiche importanti e fortemente attuali, dai tentati suicidi, alla tentata violenza, e che affronta soprattutto il divario tra leggi di natura e leggi civili, tra libertà e rispetto delle norme sociali.
A parlare sono quindi sono le immagini, i suoni e l’aria, che rendono attuali, è più che mai moderni e vicini a noi, versi scritti anni e anni fa. Il testo fedele a quello di Tasso, tranne per alcuni riadattamenti ad opera di Erika Z. Galli e Martina Ruggeri, scorre fluido e leggero tra l’ipnotismo delle proiezioni e le melodie dei suoni, sposandosi alla perfezione, senza stridere mai, con gli innovativi video.
Una sperimentazione perfettamente riuscita, una performance unica e incantevole, un connubio alchemico tra classico e moderno, tra suoni e luci, parole e immagini. Brinchi e Spanò trasformano il teatro in immagine e l’immagine in teatro, fondendo vari linguaggi per comporre un unico grande complesso artistico che guarda al passato e lo rielabora, proiettandolo al futuro.
“Aminta”, dunque, si rivela un trionfo dell’amore, della passione, dei sentimenti, degli istinti, ma soprattutto dell’età dell’oro della creatività.

Maresa Palmacci 15/01/2017

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