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"Alan Turing e la mela avvelenata": il padre dell'informatica tra Biancaneve e Steve Jobs

Il mondo non sarebbe come lo conosciamo oggi se non fosse esistito un certo Alan Turing. Personaggio chiave nella guerra al nazismo e icona della lotta contro l'omofobia, il matematico britannico, dotato di una personalità eccentrica e controversa, è considerato il padre della scienza informatica, nonché una delle menti più brillanti del secolo scorso. Lo spettacolo “Alan Turing e la mela avvelenata” di Massimo Vincenzi, presentato in anteprima nel 2008 nella rassegna Garofano Verde – scenari di teatro omosessuale, prova a conciliare i molteplici e complessi aspetti della sua vita. turing2Dopo diverse riproposizioni anche all'estero, il testo torna a Roma, al Teatro Belli, proprio in coincidenza della giornata mondiale contro l'omofobia. Il regista Carlo Emilio Lerici riporta in scena il personaggio di Turing per la prima volta dopo l'uscita nel 2014 del film “The Imitation Game”, che lo ha fatto entrare nell'immaginario collettivo grazie all'interpretazione di Benedict Cumberbatch e alle 8 candidature agli Oscar.

Sul palco, Gianni De Feo è chiamato a impersonare i panni dello scienziato e di sua madre, trasformando un monologo in un dialogo a una sola voce. La messa in scena è minimale: una sedia seminascosta nel buio, un'oscurità quasi totale tagliata a fette da fasci di luce che illuminano il volto dell'attore. De Feo recita spesso di profilo, alternando i lunghi monologhi di Turing alle brevi e ficcanti risposte della madre. Procedendo un po' a singhiozzo, viene riproposta l'intera vita del matematico: l'amore giovanile per il compagno di scuola Cristopher, il lavoro di crittografo durante la seconda guerra mondiale, la passione per sport come la corsa e il tennis, l'invenzione di “Colossus”, il primo calcolatore informatico della storia, la formulazione delle prime teorie sull'intelligenza artificiale, l'arresto per omosessualità, la tortura della castrazione chimica e il conseguente suicidio tramite il morso di una mela avvelenata. Proprio il riferimento alla mela è quello che troviamo nel titolo dello spettacolo. Un filo rosso che lega il lungometraggio animato di Biancaneve, amatissimo da Turing, al simbolo adottato da Steve Jobs per la sua celebre azienda, la “Apple”. I temi della bellezza, rovinata dalla terribile cura ormonale a cui Turing viene sottoposto, e dell'amore impossibile si fondono all'interno di un personaggio nevrotico e sofferente. De Feo recita in maniera istrionica, ricordando quasi Carmelo Bene per il suo modo di caricare le battute al limite dell'eccesso. L'abilità dell'attore di riempire la scena e di passare con naturalezza da un ruolo all'altro è il punto di forza dello spettacolo, riuscendo a dare dinamismo alla fissità dell'impostazione registica.

Peccato per il tono sempre grave e drammatico che per quanto ben si addica alla materia trattata, inevitabilmente, la appesantisce. Per fortuna ci pensa l'intenso finale a dare unità al tutto, con le immagini di Biancaneve che scorrono sullo sfondo rivelando il sottile e delicato parallelismo tra la magia delle fiabe e la cruda durezza della realtà.

Carlo D'Acquisto 21/05/2017

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