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Abbiamo ucciso Sofocle: teatro nel teatro che trasforma la tragedia in farsa

Il pubblico è il primo e più importante giudice di qualsiasi spettacolo teatrale. Nel caso di una commedia il giudizio, sia esso positivo o negativo, diventa ancora più palese e immediato visto che passa da quella reazione complessa e incondizionata che è la risata.
Volendosi attenere a tale principio, “Abbiamo ucciso Sofocle”, lo spettacolo in scena al Teatro de’Servi di Roma fino al 6 marzo, sembra aver superato con successo questo primo, inevitabile, scoglio: il pubblico ride, e molto, assistendo a questa storia di “teatro nel teatro”. La commedia di N.L. Ironwhite racconta, infatti, le vicende di una scalcagnata compagnia teatrale (basti dire che la rappresentazione è pubblicizzata da una ditta che produce latticini) intenta a portare sulla scena una tragedia del greco Sofocle, “Le trachinie”. Sembra una serata come tante, l’ennesima replica di una messa in scena collaudata, finche l’improvviso malore dell’attore protagonista non getterà l’intera compagnia nella più assoluta confusione. L’infausto evento, infatti, genererà una serie di tragicomiche conseguenze, che faranno collassare miseramente su se stesso l’intero spettacolo.
Le risate degli spettatori sono merito soprattutto dell’affiatata compagnia d’attori (in scena Silvana Bosi, Sebastiano Nardone, Sveva Tedeschi, Lucia Tamborrino, Simone Destrero, Guglielmo Lello, Fabio Gagliardi) capitanata da Luca Ferrini, anche regista di uno spettacolo che si diverte a smontare il testo di Sofocle, a rivoltare in farsa situazioni e personaggi del teatro greco, mettendo alla berlina, con le sue colonne posticce e i costumi da vecchio film “sandaloni” (era così che si chiamavano le pellicole anni ’50 con i vari Ercole, Maciste, Sansone e compagnia), non solo tante pompose rappresentazioni classiche ma, grazie al gioco meta teatrale, anche le idiosincrasie, le vacuità, le gelosie che si muovono negli animi degli attori, contrapposte alle nobili azioni dei loro personaggi sulla scena.
Certo, guardando con più attenzione il pubblico, si potrebbe notare che forse non tutti ridono, soprattutto su qualche battuta che non va in porto, su qualche situazione troppo risaputa. Forse qualcuno avrebbe voluto che alcune buone idee venissero sviluppate meglio, che la farsa fosse capace di farsi più graffiante, invece di rimanere sempre di un’innocua leggerezza. Forse qualcuno, al buio, in fondo alla sala, sbadiglia un po’. Ma sono pochi casi isolati: il resto della sala si diverte, ride, tornerà a casa soddisfatta di aver passato una piacevole serata di svago.

Gianluca De Santis 01/03/2016

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