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“Le lenti dell’occhio devono essere lavate per vederci più chiaro” – Il Sogno di Strindberg per la regia di Valentino Villa al teatro Studio "E. Duse"

Un edificio grigio con quattro ampie finestre e tre porte. L’enorme scritta motel al di sopra e un cortile buio al di sotto a coprire l’intera profondità del proscenio. Si abbassano le luci e si entra nello spettacolo. E’ Il Sogno di August Strindberg, andato in scena per la prima volta nel lontano 1907 e ri adattato in occasione del saggio del III anno del corso di recitazione dell’Accademia Silvio d’Amico dal Maestro Valentino Villa.
Una pluralità di soggetti si muovono tra luci e dialoghi serrati in un non-tempo e un non-luogo dato dalla perfetta cornice del cortile di un motel americaneggiante. Agnese, questo il nome chiave dell’intero racconto, figlia divina, è stata mandata sulla terra in mezzo agli uomini per provare le loro sofferenze, gioie e i loro turbamenti. L’esperienza profondamente umana che le raccoglie tutte è senza dubbio il sogno.
Lo spettatore si trova così, prima ancora di rendersene conto, in mezzo ai viaggi onirici di Agnese, luoghi di incontro e di fusione perfetta tra reale e immaginario. L’indistinguibilità tra verità e irrealtà travolge tutto; i suoni, le parole, i dialoghi, le luci persino l’identità della stessa Agnese. Una bambina, una giovane innamorata, una donna sposata. Tre figure distinte, tre caratteri diversi con tre diverse storie, per un’unica creatura. Le scarpe grigie, il colore della mantella, rosso, blu e giallo, che cambia nei tre diversi momenti ma che è sempre la stessa, questi gli unici elementi visibili che consentono di ricollegare i tre personaggi a un unico nome.
Proprio come accade nei sogni però, non sempre gli oggetti appaiono per quello che sono: una cassetta di attrezzi sta al posto di una rete, una porta al posto di un’entrata segreta, un frigorifero al posto di un armadio. Il meccanismo freudiano della censura onirica agisce su questi elementi distorcendoli e riportandoli a una dimensione accettabile dal soggetto sognante.
L’unico barlume logico tra le visionarie circonvoluzioni della mente di Agnese è la musica. La musica colta abbraccia la scena per tutta la durata dello spettacolo, contribuendo a saldare quel solco che normalmente divide la realtà dall’immaginazione, il vero dal falso, la veglia dal sonno.
“La poesia non è la realtà ma è più della realtà, la poesia è sognare a occhi aperti”. Così Agnese in uno dei passaggi più interessanti. E’ in quest’ottica poetica che si può comprendere Il Sogno; come se le lenti con cui guardiamo la realtà che ci circonda dovessero essere lavate di tanto in tanto dal sogno per aver più chiara, al risveglio, la realtà delle nostre vite.

Matteo Petri

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