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Where can I “Stash” my stuff? Il «little store of drugs» di Jenna e Moallaseconda al Centro Pecci di Prato

«In business, sports, and sex, ‘to perform’ is to do something up to a standard – to succeed, to excel. In the arts, ‘to perform’ is to put on a show, a play, a dance, a concert. In everyday life, ‘to perform’ is to show off, to go to the extremes, to underline an action for those who are watching. In twenty-first century, people as never before live by means of performance».

Questa è la definizione che Richard Schechner, professore della New York University, dà alla performance nei suoi “Performance Studies”. La scelta di chiarire un concetto, “classificarlo”, attraverso l'uso di verbi anziché sostantivi, definisce un'idea necessaria: il legame con le azioni. Parlare di performance e performatività è parlare di forme espressive articolate, di nuove – o diverse – procedure compositive, è superamento di teorie che “categorizzano” un solo genere escludendo gli altri, ma al contrario è inclusione di significati.stash
Una premessa che permette di introdurci dentro al nuovo progetto site specific di Jacopo Jenna e Moallaseconda (Jacopo Buono) presentato in occasione di New Gesture #1: Giovani coreografi per la fine del mondo. Una performance appunto, un'esperienza dalla natura in divenire, dinamica, fatta dall'aggregazione ma soprattutto dall'interrelazione di elementi che, a più livelli, si contaminano. La “navicella spaziale”, opera dell'architetto Maurice Nio, accoglie “Stash”, la nuova produzione spazioK/Kinkaleri in dialogo con la mostra del rinnovato Centro Pecci di Prato.
Il coreografo Jenna e l'artista visivo Buono costruiscono lo spazio dell'azione in quella che è come una lunga fase preparatoria a una scenografia accuratamente organizzata. Questa ricercata disposizione degli elementi rappresenta in realtà l'inizio dello spettacolo stesso anche se sembra solo precederlo. Con la stessa calma e lo stesso senso dell'ordine con cui distendeva meticolosamente gli asciugamani bianchi e rossi in “Come as you are”, Jenna “sistema” e dispone gli oggetti nello spazio e il risultato è un'astrazione estetica ma anche un'estetica dell'astrazione. Siamo davanti alla precisa scelta di lasciar emergere e rendere decodificabili materiali di scarto, i residui, ovvero ciò che resta di una macchina, di una coreografia e di un'installazione per ricomporlo in qualcosa di nuovo. Costruzione, decostruzione e ricomposizione. Prendono forma così tanti meccanismi che si muovono come cicli mai uguali a se stessi. Il cambiamento e la velocità appartengono ancora all'idea di dinamismo, la scelta sta nel come e in che modo restituire questi passaggi in continuo mutamento. stash1La danza di Jenna non propone solo una gamma di gesti ma approfondisce delle vere e proprie intenzioni: il danzatore si fa strada tra gli oggetti e sceglie in che punto iniziare l'indagine dei movimenti. Si tratta di un'esplorazione performativa, un mettersi al servizio dell'azione osservata dal punto di vista dell'energia, velocità e abbandono a essa. E già il titolo spiega molto di questa operazione costantemente in atto: dobbiamo pensare a “Stash” con la sua declinazione all'infinito: un «to stash» , un “mettere da parte”, un nascondere e nasconder-si, un “riporre” gli oggetti nello spazio, «away», non solo «da una parte», ma lontano da sé o, al contrario, in relazione con il corpo, ma anche con l'ambiente e il suono che tutto ingloba.
Il cerchione di una ruota, un cofano con la scritta “Nite Drive”, un grande tubo di plastica, del filo aggrovigliato, una carta argentata, dei parasole e molto altro ancora: sono questi gli elementi in dialogo con la danza compositiva. La percezione visiva passa attraverso un «oceano ipnotico di azioni» che avvengono simultaneamente e trovano senso nell'esprimersi. Davanti a noi, tanti oggetti più due performer, tutti necessari alla definizione di questa narrazione figurale ma anche figurativa, benché si sfugga sia dal racconto che dall'astrazione in sé. In questo «rituale declinato al presente» non esistono sistemi prestabiliti, preconfezionati o preespressi; siamo dentro un immaginario rave che restituisce quel senso di occupazione e riappropriazione dello spazio, per mezzo di una consapevolezza personale ma anche comune. Così, tante parti compongono l'insieme ma a sua volta l'insieme si scompone nella danza, nella luce, nel suond e nei corpi.stash2
“Stash” è preceduto da “Per (n)”, l'installazione performativa del gruppo MUD con quattro figure femminili che, in chiave contemporanea, danno voce a concetti universali. Si ha davanti una nuova connessione di corpi, musica e proiezioni video connessi tra loro per farsi portavoce di quel concetto di trasformazione legato alla vita, il passaggio dal disfacimento alla nuova rinascita.
La riqualificazione del vecchio edificio di Italo Gamberini non sta solo nella struttura e nei rivestimenti moderni, ma in nuova visione del museo, spazio aperto ad accogliere espressioni artistiche che inneschino delle interferenze e inediti linguaggi.
Uno spazio di questo tipo che accoglie la sperimentazione ma soprattutto la danza è testimonianza del concetto di permeabilità delle arti che non vivono più di né di “confronti” né di confini ma di autentiche e necessarie relazioni.

Laura Sciortino 23/02/2017

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