Allo scoccare della mezzanotte, il 31 dicembre, avrete all’improvviso il potere di tornare indietro nel tempo e rimediare agli errori commessi nel 2015. Dopo aver ricucito storie d'amore impossibili, chiesto scusa e/o gambizzato chi di dovere, bloccato quel bonifico, interrotto i pasti nel momento giusto, finito per bene tutte le cose che avevate iniziato; senza alcun dubbio, uno dei vostri pensieri sarà quello di recuperare gli spettacoli di danza che stoltamente avete perso (molti dei quali, potrete leggere le recensioni su questo sito).
Evitando di rispettare ogni possibile ordine di priorità, tanto il tempo e lo spazio per una volta saranno al vostro servizio, vi recherete a Torino in occasione della quindicesima edizione di Interplay, il festival dedicato ai nuovi linguaggi della danza contemporanea, per godere di "Complexe des genres", lo spettacolo della talentuosa Virginie Brunelle. La coreografa canadese che si è imposta sulla scena contemporanea per il carattere crudo ed emozionale dei suoi spettacoli, prende in prestito le forme codificate della danza classica per rielabolarle in un nuovo linguaggio, fino a creare immagini inedite e di grande forza espressiva. La coreografia estremamente fisica e acrobatica ricca di una notevole poeticità visiva, descrive l'incontro/scontro tra il maschile e il femminile: un leitmotiv che nella danza di ogni genere ricorre sovente, forse perchè è leitmotiv delle nostre vite.
Già che ci siete, probabilmente, questa volta non vi farete sfuggire i lavori di Ambra Senatore e Irene Russolillo con i rispettivi“Mattoncini” e “Strascichi”.
Lasciando il capoluogo piemontese andrete ora direttamente nella capitale italiana che, prima di aprire la Porta Santa in occasione dell’irrinunciabile Giubileo anticipato, ha ospitato il Romaeuropa festival per poter dire "Io c'ero" davanti agli spettacoli di Anne Teresa De Keersmaeker, una delle più carismatiche e autorevoli coreografe della scena contemporanea. Con la sua compagnia Rosas regala "Vortex Temporum", una delle più raffinate e spettacolari fusioni di danza e musica e “Verklärte Nacht” che, a suo dire, «rappresenta uno dei traguardi nella mia personale ricerca sulla creazione di duetti».
Nell’ambito dello stesso festival, vedrete certamente Akram Khan Company in "Kaash", coreografia datata 2002, una danza multiculturale per cinque interpreti, accolta sin dal debutto come esempio paradigmatico della grande potenzialità di sintesi interculturale del suo creatore. “Kaash” è leggerezza e precisione. Potenza. Irrinunciabile.
Spostandovi al teatro Vascello vedrete, invece, "In girum imus nocte et consumimur igni", il magnetico lavoro della fucina lucchese Aldes ad opera di Roberto Castello un'esperienza immersiva che trascina per un'ora in un universo parallelo.
E da festival in festival capitolini, oltre a “Equilibrio”, non rinuncerete a salutare e augurare il meglio alla rassegna di danza contemporanea "Eden - connect the dots" a cura di Gianluca Cheli e Gianni Parrella.
Ricordiamo del 2015, "Il fascino dell'idiozia" di Zaches Teatro, "un'indagine sulle atmosfere che abitano le Pitture Nere di Goya, un lavoro che costituisce la prima tappa della Trilogia della Visione, "progetto più ampio sull'opera di tre differenti artisti per indagare l'atto del vedere come forma articolata di percezione". La compagnia toscana affascina e coinvolge, con il suo lavoro sul connubio tra vari linguaggi artistici come la danza contemporanea, i mezzi espressivi del teatro di figura, l'uso di maschere, il rapporto tra movimenti plastici e musica/ suono elettronico dal vivo, per comunicare la necessità di "abituarsi all'oscurità per vedere più a fondo".
Da osservare il progetto di Virgilio Sieni, uno dei maestri della ricerca coreografica italiana "Nelle pieghe del corpo", così come "Fear Party" di Enzo Cosimi, coreografo tra i più autorevoli del panorama italiano, lavoro che esplora il profilo della paura nelle sue diverse valenze psicologiche.
In giro per l'Italia, non potrete perdere "Jessica and me"di Cristiana Morganti, la storica danzatrice del Tanztheater Wuppertal di Pina Bausch. L'attrice e ballerina di irresistibile talento e vivida comicità, giunta a un momento importante del suo percorso, si ferma a riflettere su se stessa: sul rapporto con il proprio corpo e con la danza, sul significato dello stare in scena, sul senso dell’“altro da sé“ che implica il fare teatro. Uno spettacolo ironico e intelligente, in grado di far capire quanto si deve mettere e quanto si deve togliere in un testo che aspira ad essere onesto.
Per restare, nelle atmosfere magiche del Tanztheater Wuppertal, assisterete all’evento storico che ha segnato un cambiamento all’interno della compagnia, a distanza di sei anni dalla morte della coreografa Pina Bausch, per la prima volta l’ensemble si è aperta al lavoro di nuovi coreografi con NEUE STÜCKE 2015 di Theo Clinkard, Cecilia Bengolea e François Chaignaud, Tim Etchells.
E, visto che la magia è nell’aria, a questo punto, chiedete alla fatina della danza di portarvi ancora un pò più indietro nel tempo per osservare direttamente Pina Bausch che danza “Café Müller” o di catapultarvi a Parigi, il 29 maggio 1913, al Théâtre des Champs-Elysées per la prima rappresentazione assoluta de “Le Sacre du printemps”, ad opera dei Balletti russi di Sergej Djagilev, su musica di Igor' Stravinskij, con scenografie di Nikolaj Konstantinovič Roerich e per la coreografia di Vaclav Nižinskij; lo spettacolo che segnò per sempre un cambiamento nella storia della danza.
E poi… ancora altro… e altro…
Miriam Larocca 31/12/2015