Un nome come Michael Baryshnikov non ha bisogno di presentazioni che avvalorino il suo essere un artista a 360°: un ballerino, un coreografo, un attore. Ma altrettanto conosciuto é il nome di Josif Brodsky poeta russo, perseguitato dall' Unione Sovietica da cui fu espulso nel 1972, divenuto Premio Nobel per la letteratura nel 1987, che ebbe grande successo negli Stati Uniti dove insegnò in varie università ciò che più aveva amato nella sua vita: la poesia.
Ed è dall'unione di ricordo, musica, poesia e danza che nasce lo spettacolo Brodsky/Baryshnikov, una performance sospesa in un non luogo e in un tempo indefinito che vede il più grande danzatore del Novecento immerso nel ripercorrere le tracce di una vita, quella dell’amico e poeta, scandita dalla riflessione, dalla sofferenza, dalla paura di un’esistenza tanto effimera quanto totalizzante. La gabbia di vetro e ferro: una serra abbandonata dal tempo, che si appoggia sotto forma di copiosa polvere sugli oggetti che la abitano e che, paradossalmente, la rendono ancora più vuota e dimenticata, diventa l'ambiente in cui si consumano i movimenti sinuosi, decisi e precisi del maestro, che accompagnano i versi sparsi e tuonanti nel buio della sala.
Tutta la rappresentazione si svolge in russo, la lingua madre dei due interpreti, quello materiale e quello immaginario, una lingua tagliente, composita, ricca la cui traduzione in italiano, con il supporto dei sopratitoli, è stata ad opera di Matteo Campagnoli.
Brodsky/Baryshinikov debutta per la prima volta nei teatri italiani al Politeama di Napoli, nella rassegna del Napoli Teatro Festival, già messo in scena nell’ottobre del 2015 in Lettonia, paese natale del suo regista Hermanis, al New Riga Theatre di Riga tra i produttori dello spettacolo insieme alla Baryshinikov Productions.
Un viaggio intenso, un viaggio nel quale si percepisce quanto ancora la poesia con la sua immediatezza, il suo potere immaginifico sia in grado di esprimere ciò che la prosa, a volte, dilungandosi non riesce a divulgare; un viaggio in cui due individualità si uniscono creando una sola entità danzante e dolente.
Baryshnikov esalta i versi dell’amico perduto, intrecciando una gestualità quotidiana come la lettura da un libro inforcando gli occhiali, o il sorseggiare un liquore, con i movimenti vorticosi del corpo che esile e fibroso si dimena e si adagia nello spazio di quel giardino segreto, quasi come a cadere in uno stato di trance emotiva e memoriale. E qui un monito quasi emerge tra le parole sovra imposte, un segnale che invoglia a credere, sempre, nel potere di un’arte tanto volatile quanto permanente come la poesia:
“Arrivederci, o magari addio.
Librati, impossessati del cielo con le ali del silenzio
oppure conquista, con il vascello dell’oblio, il vasto mare della dimenticanza”.
29/06/2018
Ilaria Costabile