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Balletto Civile all’Angelo Mai Altrove con “Killing Desdemona”

Proiettata sullo sfondo un'immagine del Kāma Sūtra esplicita e intrigante, quasi a voler indicare immediatamente quale sia il nocciolo del problema, qualche sedia in stile barocco ai lati della scena e un grande parallelepipedo che taglia orizzontalmente la visuale, sono i principali elementi scenografici di "Killing Desdemona", lo spettacolo in scena all'Angelo Mai Altrove ad opera di Balletto Civile.
Il collettivo nomade di performers, come loro stessi si definiscono, si confronta non per la prima volta con un'opera del Bardo presentando i momenti principali dell'Otello, certamente riletto anche alla luce del libretto di Arrigo Boito, in un linguaggio scenico che tenta di essere totale. La danza si apre con la passione erotica tra Desdemona (Michela Lucenti) e il suo Moro (Demian Troiano), un amplesso che sembra partire da un nucleo centrale per poi avvolgere e coinvolgere tutto ciò che intorno esiste. In effetti, questo è quel che accade, in molti saranno spinti da un'irrefrenabile desiderio di esercitare il proprio potere su Desdemona e sulla poesia del suo amore. Iago (Maurizio Camilli) con l’abilità di trasformare la parola in arma - forse fin troppo esplicitata con la proiezione dell’ombra di un microfono vicino a una pistola - è il principale artefice nella costruzione del dramma: come un moderno presentatore di un grande show, si muove lungo tutto il perimetro con arroganza fino a prendere posizione in proscenio, racconta e trama apertamente davanti al pubblico il suo terribile ordito. Roderigo (Fabio Bergalio), facoltoso veneziano vano corteggiatore di Desdemona, si presenta da subito attraverso l’insulso e ridicolo rapporto con il suo sesso, un pupazzo a forma di orsacchiotto nei pantaloni che, per tutto il tempo, lo spingerà a muoversi come una marionetta. Cassio (Andrea Capaldi) è rozzo e inconsapevole tanto da non riuscire a difendere la sua pericolosa ingenuità così come l’innocente Emilia (Ambra Chiarello) che consegnerà nelle mani del suo perfido consorte Iago, la prova di un tradimento mai avvenuto. Si consuma così una macabra danza attorno al famigerato fazzoletto che condurrà l’ormai folle e accecato Otello a compiere la tragedia finale.
Il lavoro condotto dal gruppo guidato da Michela Lucenti, da anni fa della commistione dei linguaggi alcune tra le sue principali direttrici di ricerca, numerosi, ad esempio, gli sconfinamenti linguistici: interventi francesi ad opera di Bianca (Natalia Vallebona) la prostituta amante di Cassio, l’ansioso meditare in lingua nativa del Moro, il canto del salice finale di Desdemona, tuttavia, in questo caso, il lavoro risulta fin troppo divelto dai cardini. L'interazione tra teatro, danza, il canto dal vivo originale e la relazione tra gli interpreti, faticano a esplodere sia in momenti corali che individuali. L’ensemble non riesce questa volta a costruire e catturare come, ad esempio, riuscì a fare nel memorabile “Paradise” presentato sempre all’Angelo Mai qualche anno fa.
Il dramma della gelosia, il potere della parola, il conflitto tra maschile e femminile, l'ansia di possesso, la mania del manipolare, il pericolo della debolezza oltre che l'interruzione di una sensibilità altra, poetica, fisica, musicale, femminile, sono tutti temi superficialmente solo accennati. Ispirandoci a qualcuno che in passato intitolò il suo lavoro “Otello o la deficienza della donna”, potremmo azzardare “Killing Desdemona o la deficienza del lavoro”.

Miriam Larocca 20/11/2016

Foto: Francesco Carbone

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