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Dal palinsesto all’on demand: come la tecnologia ha cambiato la tv

Sul finire del 2015, in Italia, l’avvento della piattaforma californiana Netflix ha riportato al centro del dibattito metamediatico la fondamentale questione del passaggio dalla tv di palinsesto alla tv on demand. La società americana, che a ragionevoli costi riesce a divulgare contenuti streaming in 190 paesi del mondo, si innesta in realtà su di un territorio – quello italiano – che, se ben poco propenso al cambiamento, ha comunque già da qualche anno fatto esperienza di piattaforme televisive on line e di canali tematici, il cui successo appare ormai inconfutabile.
Sebbene le reti generaliste si siano mostrate poco propositive e coraggiose, inchiodate ai vecchi schemi dei reality e dei talk show, probabilmente specchi per allodole di generazioni cresciute all’ombra della tv lineare, la nascita di realtà quali infinity1Infinity e TimVision (una volta CuboVision), il successo dei canali dedicati di Sky e della piattaforma Sky Go, stanno già da tempo dimostrando la formazione di un pubblico – quello della Internet generation – le cui richieste non risultavano affatto soddisfatte dalle proposte della tv classica. Si pensi alla fortuna di canali come Fox che, apparentemente monotoni e ripetitivi, hanno saputo ancorare saldamente la propria affermazione alla messa in onda di generi ben definiti, utilizzando l’alternanza di topic come mezzo di diversificazione e andando a creare, così, un pubblico di settore.
Nei fatti, stiamo assistendo al passaggio da una tv “palinsestocentrica” a una orientata dai gusti del consumatore e incentrata sulla sua richiesta: una tv “customer centric” in cui il prodotto televisivo non è più merce vendibile ad ogni costo, ma diventa un servizio offerto ad un fruitore specifico e individuato. Ovviamente, la logica del programma televisivo confezionato ad hoc per un certo tipo di pubblico non esclude la costante e strenua operazione di marketing che la tv fa sullo spettatore: la pubblicità si perfeziona, proponendo a utenti selezionati prodotti selezionati.

Tornando alle tv tematiche, ciò che è saltato celermente agli occhi degli addetti ai lavori è che, ad oggi, le serie televisive, se ben costruite, si rivelano essere particolarmente fruttuose. Non a caso, la sfida che Netflix lancia alle altre piattaforme on demand in giro per il mondo è proprio quella di riuscire a proporre la più ampia gamma di fiction seriali. Il colosso californiano non è cubovision1solo intenzionato a comprare i diritti delle produzioni di maggior successo esistenti, ma mette continuamente in cantiere la realizzazione di nuovi prodotti la cui peculiarità sarà quella di poter essere fruiti contemporaneamente in ogni parte del mondo. L’investire nelle promettenti proposte dei singoli paesi in cui si è dislocata, fa di Netflix la possibilità di riscatto di quei produttori televisivi le cui idee sono rimaste fin’ora inascoltate, e che potranno finalmente varcare confini geografici e linguistici. Si pensi in particolare alla situazione di un certo ramo della serialità italiana, capace di produrre ottimi prodotti – “Gomorra”, “Romanzo Criminale” (produzioni Sky) – e che però continua a rimanere invisibile agli occhi delle tv generaliste: il gigante della tv on demand ha acquisito, ad esempio, i diritti di produzione per la serie “Suburra”, tratta dall’omonimo film. Un grande passo falso per Sky, se si pensa che la fiction, dopo aver esordito in tutti i paesi in cui è disponibile il servizio Netflix, verrà trasmessa dalla Rai.
È proprio in questo senso, quindi, che l’arrivo di Netflix e la sua inevitabile messa a confronto con le altre realtà già presenti sul suolo della penisola possono fungere da stimolo per l’intero mondo della televisione italiana.

Anastasia Griffini 23/05/2016

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