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«Il Signore li disperse di là su tutta la terra ed essi cessarono di costruire la città. Per questo la si chiamò Babele, perché là il Signore confuse la lingua di tutta la terra e di là il Signore li disperse su tutta la terra».

Nel libro della Genesi si racconta che gli abitanti del Sennaar (in Mesopotamia) decisero di costruire una città e una torre altissima, per arrivare fino al cielo, peccando di superbia ed orgoglio. Dio per punirli confuse le loro lingue, le loro idee, le loro intenzioni, così da interrompere il progetto e causare la dispersione di quelle genti, facendole piombare nel caos.

La mostra “Babele” di Gloria Argelés nulla ha a che vedere con la città biblica, ma punta il suo focus proprio sui concetti di ‘caos’ e ‘disagio’: nell’iconografia dell’artista la torre è il simbolo della dispersione del potere, della svalutazione dell’identità, della caduta delle certezze, della frammentazione del pensiero e della supremazia dell’instabilità. Tutte caratteristiche, queste, della moderna società contemporanea.

Tanti sono i riferimenti alla storia recente, come l’attacco terroristico alle Twin Towers e la dittatura militare in Argentina, ma anche i personaggi che hanno influito sul pensiero novecentesco. Cinque sono quelliBabele Gloria Argeles oggetto di altrettante installazioni: Mahatma Gandhi, Mao Tze-tung, Sigmund Freud, Hannah Arendt e Karl Marx. Sono tutte realizzate in rete metallica, con proiezione della loro ombra contro la parete retrostante. È un’installazione di ombre e rete metallica anche quella raffigurante la torre di Babele, che dà il titolo alla mostra, e la scultura HOmbre.

Accanto a questo materiale Gloria Argelés utilizza anche il legno e la carta. I disegni della Argelés sono essenziali e stilizzati, ritornano più volte elementi che rimandano alla solitudine (figure di spalle), alla tragedia (Torri Gemelle in fiamme, un uomo in caduta libera nel vuoto), alla guerra (sagome in fuga). Invece è una scultura lignea Walking around, in cui la Argelés raffigura una donna il cui corpo non è unitario bensì destrutturata in cubi. Non ci sono certezze, nemmeno nella materia, nemmeno nel corpo e alla precarietà non c'è rimedio. La riflessione è proprio su questa instabilità e su questo disordine

La raffinata artista di Cordoba classe 1940 nelle 30 opere esposte in "Babele" (realizzate tra il 2000 e il 2018) vuole porre l'accento sulla condizione umana moderna, sugli elementi di disagio che caratterizzano la contemporaneità, in cui tanti orrori si sono susseguiti. Lei in primis ha vissuto la terribile esperienza di dover lasciare la propria terra, l'Argentina: fuggì a causa della dittatura di Leopoldo Fortunato Galtieri, generale già coinvolto nel colpo di stato del 1976. Il suo mondo d'origine Gloria Argelesdivenne, appunto, una Babele caotica e senza più equilibri, fornendole un amaro spunto di riflessione sfociato poi in una parte della sua produzione. 

Scrive lo storico e critico d'arte Enrico Crispolti: «La novità che caratterizza questa nuova personale di Gloria Argelés ritengo consista proprio nella proposizione di una nuova prospettiva di scala comunicativa ambientale delle sue impalpabili ma inquietanti recenti costruzioni plastiche d’ombra». 

Giuseppina Dente 05/05/2018

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