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“Shakespeare in Rome”: la celebrazione del genio inglese alla Galleria Russo

Attraverso una poliedrica esposizione la Galleria Russo ha deciso di celebrare i quattrocento anni dalla morte di William Shakespeare. Non ci si risparmia di lodi di fronte al genio, ma quello che poi estrapola il mondo dell’arte è sempre davvero sorprendente. Ci si accorge della sua immortale influenza di fronte alle opere degli artisti che hanno esposto e trasformato per qualche giorno gli spazi della Galleria in un breve e intenso viaggio nelle leggendarie storie interpretate con opere toccanti e sensuali e con altre più sottilmente concettuali. Enormi primi piani inquadrano il dettaglio più intimo di tre protagoniste femminili nelle tele di Roberta Coni che con estrema sensibilità e virtuosismo traccia i contorni nitidi dei candidi visi di “Ofelia”, “Lady Macbeth” e “Giulietta” e con altrettanta sapienza immola le opere alle “sbavature” della tragedia che incombe su di loro. Si compongono di dotazioni materiche quelle di Enrico Benetta attraverso la freddezza e la flessuosità che ossimoricamente fanno incontrare il metallo e il vetro rosso di Murano ne “Il mercante di Venezia”. Sarà un mare ingrumato quell’inconciliabilità che crea l’emulsione di gocce d’olio nell’acqua, identità conviventi e antagoniste come quelle dell’omonima opera shakespeariana. Altra sua opera fonde il marasma di lettere Bodoni la cui conformità alla letteratura si esalta nelle forme antropomorfe di “Amleto”. Diego Cerero Molina interpreta in “Macbeth” e “William Shakespeare” la rifrazione di macchie ed espressioni in simboliche presenze sull’orlo della destrutturazione. L’italoamericano Michael Gambino spiega Shakespeare in composizioni di piccole farfalle composte nella loro perfetta forma e posizione a tracciare il ritratto di Shakespeare o la mappa della Gran Bretagna. Una struttura dove la pesantezza dei libri si trasforma nella leggiadria di leggere ed “aleatorie” pagine. Massimo Giannoni per contro ci restituisce l’incombenza dell’immaginario bibliotecario in un “metaritratto” che lo pone scostato alla massa dell’immensa opera che ha scritto. Quattro opere per Tommaso Ottieri in cui emerge l’immensità del cataclisma rigenerato nello scenario teatrale del Teatro Colon di Buenos Aires, limbo tra il reale e l’impossibile. Infine Manuel Felisi compone come un lavoro di découpage i suoi lavori tra la componente letteraria e quella floreale, a formare composizioni-scomposte che rievocano - come in “Caducità” - la memoria, il pentimento e il perdono.
La mostra, è stata inaugurata il 16 aprile e durerà fino al 7 maggio, si avvale del saggio in catalogo del giornalista e critico britannico Andrew Dickson, è patrocinata dal British Council in Italia (l’organizzazione internazionale del Regno Unito per le relazioni culturali) e si colloca nell’ambito del più ampio progetto “Shakespeare Lives”: un programma annuale globale di eventi e attività per celebrare l’influenza di William Shakespeare nella ricorrenza del quattrocentesimo anniversario della sua morte, in collaborazione con i GREAT Britain campaign partners.

Emanuela Platania 02/05/2016

Immagini: Gambino, Existence Shakespeare; Benetta, Amlet; Ottieri, Tempesta atto primo.

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