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Al Palazzo delle Esposizioni le infinite sfumature amorose di Ježek

Una busta delle lettere di un bianco opaco da cui fuoriesce un voluminoso e morbido cuore color magenta. Bisogna partire da questo quadro per comprendere a pieno la natura delle altre 137 creazioni che, insieme alla lettera ricolma di amore, occupano (fino al 24 settembre) la Sala Fontana del Palazzo delle Esposizioni a Roma, per la mostra “Batticuori” di Mojmir Ježek.
Da decenni, infatti, l’artista, nato a Roma da padre cecoclovacco e mamma romana, si diverte, e fa divertire, i lettori de “Il Venerdì” di “La Repubblica” mostrando tutto il proprio genio creativo nelle due pagine della rubrica “Questioni di cuore”, in cui la giornalista Natalia Aspesi risponde alle lettere, oggi email, dei lettori. E proprio la raffigurazione del cuore così semplice, ma solo apparentemente, settimana dopo settimana, viene rielaborata in modo diverso, proponendo al lettore così le infinite sfumature che possono avere i sentimenti. In fondo l’amore per quanto sia un concetto universale, non viene mai vissuto allo stesso modo dagli uomini. C’è la passione, l’affetto, il tradimento, la rabbia, l’attrazione, il desiderio, la sessualità e la sempre più diffusa solitudine. Ma anche queste tipologie amorose sono soggette al cambiamento in relazione all’età di chi le vive, giovani, adulti, anziani, ma anche al genere, uomo o donna e agli orientamenti sessuali.Batticuori02
Una pluralità di sfaccettature che hanno permesso a Ježek non solo di mostrare le proprie capacità, ma soprattutto di mettersi costantemente alla prova, animando il fuoco della creatività, spingendosi spesso ai limiti del paradosso, con un grande pregio: mantenere sempre uno sguardo ironico sulla vita e su un sentimento così potente come l’amore. In questo emerge chiaramente il suo passato da fumettista e in particolare la realizzazione per Linus del personaggio di Madame Inquieta con un cuore al posto della testa.
Nonostante il soggetto al centro dei quadri, piccoli quanto il riquadro di fumetto, o più grandi, sempre creati con l’uso di colori acrilici su un cartoncino grigio, il lettore e in questo caso il visitatore della mostra non rischia assolutamente di annoiarsi. Così come sono innumerevoli i sentimenti, celati dietro la semplicità grafica del cuore, altrettante sono le sensazioni e le emozioni che si provano nel passare da un cuore labirintico a un cuore bistecca, da un cuore stretto da una corda a un cuore in procinto di essere decapitato da un boia, da un cuore che restituisce tutta la carnosità delle labbra a un cuore usato come posacenere, da un gruppo di cuori danzanti che omaggia Matisse a un imponente Colosseo, luogo di battaglia delle pulsioni. Ogni volta che pensiamo di aver visto tutto, ecco che l’artista ci sorprende di nuovo e ci colpisce in pieno petto con i suoi lampi di genialità. Sullo sfondo prevalgono colori tenui, quasi anonimi, che riescono perfettamente ad attirare l’attenzione visiva sul fulcro dell’opera, ovvero il cuore.

Batticuori03 Anche qui, però, dal punto di vista cromatico è impossibile non notare in tutte le 138 creazioni l’uso del rosso magenta, scuro in ombra, rosa in luce, invece del rosso carminio, tipico della passione carnale, quasi a voler sottolineare come tutte le possibili varianti amorose, in realtà, siano osservate e raccontate dall’artista nella loro natura più intima, privata e per questo anche fragile. Il suo è uno sguardo attento e profondo che in alcuni disegni lascia un segno materiale, una firma che si aggiunge a quella classica in fondo all’opera, declinata in base al tipo di raffigurazione, a volte una goccia, a volte simile al picciolo di una mela, come a voler testimoniare il passaggio materiale nell’animo umano.
“Aspetto sempre Il Venerdì con curiosità- scrive Natalia Aspesi - non per leggermi perché non mi rileggo mai per scaramanzia, ma per la sorpresa che mi regalerà certamente Mojmir Ježek: come farà, dopo migliaia di cuori per la rubrica Questioni di cuore, a disegnare una immagine diversa del cuore, a servirsene per raccontare un’altra storia, altre storie”.
Quello di Ježek è un infinito esercizio di stile, proprio come quello fatto da Raymond Queneau in letteratura, che colpisce non solo per la sua forma, unica e inimitabile, ma per la sua incredibile capacità di raccontare con pochi e semplici tratti un universo complicato, sfumato, e variegato come quello delle relazioni amorose, provocando nel petto di chi lo osserva inaspettati “batticuori”.

Eleonora D’Ippolito
13/09/2017