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Marcello Mastroianni - Una vita tra parentesi, la mostra all'Ara Pacis

Museo di Roma Ara Pacis

Dal 26 ottobre 2018 fino al 17 febbraio 2019 il Museo dell’Ara Pacis di Roma ospita nel suo spazio espositivo la mostra Marcello Mastroianni - Una vita tra parentesi.
Una vita tra parentesi, proprio come lui stesso amava definire la sua vita di attore lungo una carriera fatta prima di teatro e poi di cinema, tantissimo cinema.

La mostra ripercorre la carriera dagli esordi, da quando Marcello era un giovane che sognava nel buio del cinematografo e si riempiva gli occhi con le immagini dei divi di allora - Fred Astaire il suo preferito in assoluto, come rivelerà in un’intervista a fine carriera - sognando un giorno di essere attore anche lui. L’esposizione però si focalizza molto anche sulla contrapposizione tra Marcello dentro e fuori il grande schermo: il Mastroianni che finiva spesso sulle copertine delle riviste e quello meno noto al grande pubblico, quello che amava telefonare al punto da portare sempre con sé sul set un sacchetto pieno zeppo di gettoni.
Chi era veramente Mastroianni? L’uomo dallo sguardo profondo e schivo che si procurò l’etichetta di latin lover o quello che per strapparsela di dosso si prodigò nei ruoli più disparati scongiurando il rischio di rimanere uguale a se stesso?
Molto probabilmente fu entrambi, considerando la poliedricità sì di attore ma soprattutto di uomo.Mostra Mastroianni Ara Pacis Roma

L’esposizione, che raccoglie i suoi migliori ritratti, cerca di disegnare un profilo psicologico - o quanto meno tenta di abbozzarne i contorni - attraverso immagini e racconti, testimonianze e interviste, scritti e disegni. Tutto materiale messo insieme grazie alla Cineteca di Bologna, agli archivi dell’Istituto Luce e della Rai e alla famiglia Mastroianni.
Quella di Marcello è una figura ormai scolpita profondamente nell’immaginario collettivo italiano. Ha rappresentato per eccellenza il paradosso del grande attore che, divenuto il divo nostrano più internazionale, rifuggiva la luce dei riflettori mondani nella sua vita privata. Proprio come da ragazzo adorava il buio del cinema, luogo nel quale si poteva sognare.

Lo spazio della mostra si articola in ordine cronologico, attraverso vecchie fotografie e cimeli di famiglia, raccontando chi era Marcello Mastroianni - il cui cognome in realtà è Mastrojanni - e come finì negli anni Trenta sul palcoscenico, dalla bottega di falegname del padre e del nonno.
Dal teatro però comincia sin da subito le prime manovre di avvicinamento a Cinecittà, la Mecca di chi sognava di fare cinema, dove si poteva arrivare a bordo del leggendario tranvetto bianco e azzurro. Una volta terminata la guerra Marcello sembra destinato al teatro, dove viene notato da Emilio Amendola, grazie al quale conosce Luchino Visconti.
Sono quelli che lui stesso definì gli anni della formazione: “Luchino mi ha insegnato buona parte di quello che so… Mi sento privilegiato, perché sono entrato dalla porta d’oro del teatro. Questa partenza mi ha fatto capire le mete da perseguire anche nel cinema”.
Proprio allora arriva Fellini. Fellini che rifiuta Paul Newman scelto da De Laurentiis e vuole “Marcellino” per portare sullo schermo il delirio sensuale di una società in caduta libera, uno sfacelo scintillante da contemplare incantati e malinconici.
“Vissi un dubbio atroce” confidò Mastroianni “però alla fine optai per il cinema”. E allora La Dolce Vita esplose come un fuoco d’artificio.
Il sodalizio con Fellini segna la storia del cinema, ma soprattutto è proprio Fellini a dar vita ad un’icona, quella di Mastroianni in abito e cravatta scuri e gli occhi languidi, che diventa nota al mondo intero. Marcello diventa Marcello: il simbolo della mascolinità italiana, l’icona mediatica, il patrimonio nazionale. Fellini fa anche di più. Infonde in Mastroianni il suo senso del jouer, recitare ma soprattutto giocare, il saper cogliere l’imprevisto trasformandolo in pura invenzione.
E nel tentativo di ribellarsi all’immagine di sciupafemmine che i suoi successi gli hanno procurato, accetta ruoli totalmente in antitesi, da quello dell’impotente ne Il bell’Antonio a quello di marito laido e cornuto in Divorzio all’italiana. I suoi attacchi allo stereotipo della virilità sono facilmente rintracciabili in pellicole come Niente di grave: suo marito è incinto, Dramma della gelosia, Ginger e Fred.

La mostra dedica un piccolo spazio a parte al rapporto con Sophia Loren. Con i loro film - dodici in tutto - sono entrati a far parte dell’immaginario collettivo in un inscindibile duo, nella coppia Sophia e Marcello che sul grande schermo, con una naturalezza disarmante, riflette l’evoluzione del costume e della società italiana. Mastroianni riesce perfettamente nei panni del nuovo uomo italiano messo in crisi dall’emancipazione femminile e che muove i primi passi incerti lungo la strada tortuosa che porterà alla parità dei sessi. Nel frattempo Hollywood aveva bussato più volte alla sua porta, ma Marcello non risponde: “Non ho nulla contro Hollywood ma non appartiene alla mia visione di questo mestiere, né, potrei dire della vita in genere”. Mostra Marcello Mastroianni Ara Pacis Dopo il vento di cambiamento del ’68 dunque si lancia nella sperimentazione grazie al mentore Marco Ferreri con il quale realizza sei film. Altrettanto importante l’incontro con personalità del calibro di Elio Petri e Ettore Scola che lo dirige nella prova memorabile di Una giornata particolare. Sono anni di fermento, iperattivi in cui la sua filmografia si riempie di titoli minori e commedie. 
“Ho avuto la fortuna di lavorare senza sosta. L’ho riempita bene la mia vita” dice. L’ha riempita bene per davvero e fino alla fine. Sempre scongiurando e rifiutando la retorica dell’immedesimazione, mantenendo la giusta distanza tra il proprio io e il personaggio. Torna persino a teatro con Le Ultime lune nel 1995, per poi morire a Parigi, dove viveva dagli anni Ottanta, nel 1996.

Togliere Marcello Mastroianni dalla storia del cinema italiano degli anni Sessanta e Settanta senza vederla assottigliarsi al punto quasi da scomparire, è un’operazione impensabile. Peter Brook diceva di lui: “Marcello possedeva qualcosa di più raro di una recitazione eccellente. Era diverso in ogni ruolo e allo stesso tempo, attraverso il personaggio, appariva sempre la luce del vero, inconfondibile Marcello. Ecco perché era così amato da quelli di noi che hanno potuto lavorare con lui e dal pubblico di tutto il mondo”. Colpito da un tumore al pancreas, poco prima della sua morte realizza grazie ad Anna Maria Tatò, sua compagna negli ultimi ventidue anni, una lunga intervista/autoconfessione, Marcello Mastroianni - Mi ricordo, sì, io mi ricordo, che in tutto il corso della mostra funge da didascalia.
In parte diario di viaggio, in parte biografia, in parte riflessione filosofica sul cinema è grazie alle parole stesse del protagonista che questa esposizione offre uno splendido e accurato ritratto dell’uomo rimasto, durante tutta la sua lunga e ricca carriera, ancorato saldamente alle proprie qualità umane. L’uomo che pur essendo diventato Mastroianni è sempre voluto rimanere, per sé e per tutti, Marcello.

Giulia Mirimich 13/02/2019