Alla fine della visita, giacché era la mattina di un giorno feriale, a giocare con i mattoncini gentilmente predisposti prima dello store eravamo io e una vecchia signora con il nipotino. Dopo un quarto d’ora, io ero ancora lì a scartabellare nel mucchio per radunare tutti i pezzi neri in un angoletto, il nipotino a finire l’ultimo livello del gioco Lego per X-box e la signora a porre gli ultimi ritocchi alla sua bifamiliare con staccionata e forno esterno in pietra lavica.
Se c’è una metafora in tutto ciò non è il caso di approfondire, ma il dato antropologico è interessante: questa è un’esposizione costruita per adulti che vogliono essere orgogliosi di visitare una mostra per bambini. Da una parte, perché è davvero la mostra che avrebbero voluto vedere da bambini, dall’altra, perché ogni singola scultura sembra essere lì a raccontare la storia di qualcuno che aveva una vita noiosa proprio come la tua, ma poi ce l’ha fatta. D’altronde questo si chiede a un buon reparto marketing: raccontare una storia.
La mostra, infatti, è costruita per essere vista dal cittadino americano medio. Il cittadino americano medio vuole che lo scultore Nathan Sawaya, con tono amichevole ma fermo, gli ricordi di come “credendo nel suo sogno” e “grazie al sostegno di chi lo ama” sia riuscito a lasciare il suo triste lavoro da avvocato per dedicarsi a tempo pieno alle costruzioni. Tra un’informazione biografica e l’altra, magari, anche sapere quanti mattoncini sono stati usati ma solo se il numero è spettacolare e solo se è ben incastrato in mezzo a un aneddoto. Grazie, cittadino americano medio, per avere una soglia dell’attenzione così bassa. Grazie, grazie davvero, per l’infotainment e lo story-telling.Zittita l’audioguida, vale davvero la pena prendersi qualche minuto in più del necessario nella sala dedicata alle riproduzioni di opere famose: guardare La Gioconda così accuratamente riconoscibile da lontano, per poi trovarsela svanita in un milione di pixel man mano che ci si avvicina. L’eleganza dell’ukyo-e e la chiassosa Notte Stellata, le statue e i quadri in tre dimensioni, da Il Bacio di Klimt al Ritratto dei coniugi Arnolfini.
Meno spettacolare forse, ma altrettanto divertente la parte dedicata alle emozioni umane dove si tenta di ricondurre a forme concrete e riconoscibili stati d’animo e sentimenti complessi. Per alcune opere il colpo d’occhio poi, è fondamentale: una perfetta riproduzione del Partenone e The Swimmer godono meritatamente di uno spazio dedicato. Le scolaresche accompagnate dalle maestre procedono un po’ dubbiose tra una sala e l’altra, ma qualunque visitatore nato dagli anni novanta in su è in visibilio.
È sì, è vero, nella sezione chiamata “Dinosauri”, c’è effettivamente un solo dinosauro. Però è un t-rex.
The Art of The Brick
SET – Spazio Eventi Tirso – via Tirso, 14 00198 Roma
Eliana Rizzi 20/03/2016