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Al Palazzo Reale di Milano la colossale mostra “Da Raffaello a Schiele, capolavori dal Museo di Belle Arti di Budapest”

Palazzo Reale - Milano
Da Raffaello a Schiele: Capolavori dal Museo di Belle Arti di Budapest
A cura di Stefano Zuffi
Dal 17 settembre 2015 al 07 febbraio 2016

Ancora una volta Milano è testimone, in questa lunga cavalcata nel segno di Expo 2015, di un evento che non ha precedenti, la Mostra “Da Raffaello a Schiele: Capolavori dal Museo di Belle Arti di Budapest”. Inaugurata il 15 settembre con la presentazione alla stampa alla Sala Conferenze di Palazzo Reale, con la partecipazione di Filippo Del Corno, Assessore alla Cultura del Comune di Milano, di Stefano Zuffi, curatore della mostra, di Laszlo Baan, Direttore generale Museo di Belle Arti di Budapest, di Domenico Piraina, Direttore di Palazzo Reale, questa mostra segna l’inizio di un ciclo “Musei dal mondo a Palazzo Reale”, una linea espositiva attraverso cui Palazzo Reale vuole allargare e rendere proficui gli scambi internazionali. Non a caso la scelta per aprire questo percorso è ricaduta sul Museo di Belle Arti di Budapest. I motivi in verità sono diversi, primo fra tutti, sottolinea Piraina, perché il Museo di Budapest si è mostrato nei confronti di Milano sempre molto generoso con i suoi prestiti. Tutti ricorderanno infatti, le lunghe file fatte per vedere lo scorso dicembre a Palazzo Marino, la Vergine col Bambino di Raffaello.
Un secondo motivo è riconducibile alla storia stessa del Museo, una storia a tutto tondo europea. Concepito nell’800, nel secolo delle Nazioni, con una storia simile a quella di molti altri musei europei, in Ungheria c’era il desiderio di costruire un museo che raccontasse la storia ungherese senza però dimenticare le grandi scuole: francese, spagnola e naturalmente italiana. Del Corno, sottolinea come questo glorioso museo abbia costituito un preziosissimo alleato per le mostre milanesi: “attraverso i prestiti si creano dialoghi tra Nazioni” e l’allestimento della mostra che si snoda al Piano Terra di Palazzo Reale lungo 9 Sale espositive, vuole ricordare il collocamento originario museale. Il tema del museo del mondo è frutto di uno studio approfondito, nato da una collaborazione improntata ad una simpatia reciproca. Il desiderio di Del Corno è quello che ciascun visitatore possa portare, dopo aver visto la mostra, il ricordo di un quadro (immagine) sul quale riflettere. E al discorso toccato da Del Corno, ben si aggancia l’intervento di Baan, che dopo aver ringraziato gli “amici” italiani, ci racconta di come la seconda corte rinascimentale in Europa fosse proprio quella del re Mattia a Buda. E come ogni storia che si rispetti, dietro ad un grande uomo, c’è sempre una grande donna ed in questo caso c’è lo zampino di Beatrice d’Aragona, moglie di Mattia, che diede impulso e vigore alla corte, realizzando da una parte la seconda Biblioteca più grande del Rinascimento dopo quella papale, e dall’altra, invitando molti artisti italiani alla corte ungherese. Non a caso, fra gli altri, la collezione del Museo di Budapest si avvale di circa 1000 pezzi italiani.
Buona parte delle opere facevano parte della collezione Esterhazy, una delle più importanti famiglie nobiliari ungheresi. L’apertura ufficiale del Museo di Budapest, avvenuta nel 1906 ha vissuto due tappe fondamentali, una nel 1956, quando le Istituzioni hanno deciso di dividere le opere tra Il Museo di Belle Arti e la Galleria Nazionale, la seconda, nel 2011, quando Museo e Galleria di riavvicinano. Si tratta di una mostra, dichiara Laszlo, con opere particolarmente alte, che per la seconda volta, solo dopo una mostra alla Royal Accademy di Londra, vengono portate fuori dalle mura del Museo; un museo che possiede anche collezioni egizie, greco-romane, ma per l’Italia si è pensato esclusivamente ad un allestimento dal Rinascimento al primo conflitto mondiale.
Nel congedarsi, Laszlo cita un critico inglese, che all’epoca aveva salutato la mostra londinese con queste parole che rendono molto l’essenza di questa bellissima mostra: “vedere queste opere è come ascoltare un disco del nostro compositore preferito con melodie però inascoltate, nuove”. Queste parole suonano molto autentiche, perché, ci sembra di vedere opere nuove ma da sempre conosciute. Zuffi tiene a precisare la partecipazione attenta ed accurata da parte dei rappresentanti del Museo di Budapest anche nel posizionamento fisico delle opere, a sottolineare il fatto che si tratta di un allestimento non solo immaginato ma fisico, seguito meticolosamente anche nel suo concretizzarsi. Un allestimento che restituisce senza dubbio l’aspetto nobile delle gallerie di Budapest.
Le nove sale testimoniano come tempo e spazio dialoghino tra loro, coinvolgendo ben otto nazioni europee oltre all’Italia. Potremmo definire questa mostra polifonica ma armoniosa, che parte dal cuore del Rinascimento per arrivare alle Avanguardie. Ideare questa mostra è stata una sfida, in quanto organizzare in uno spazio compresso, cinque secoli di storia, prevede uno studio scientifico notevole. Nulla è tralasciato, ogni opera è accompagnata da un corredo informativo nutrito. Ogni sala rappresenta una tappa forte della Storia Occidentale grazie anche alla presenza di opere chiave che spaziano dal Rinascimento al Barocco, dall’Illuminismo al Romanticismo, dal Simbolismo alle Avanguardie del Primo ‘900.
Forse la sala più difficile è quella dedicata al Simbolismo, dove una scultura di Rodin convive con dipinti di artisti ungheresi. Di certo possiamo dire che si tratta di una mostra accogliente per tutti e stimolante individualmente. Ciascuno opterà per un’opera preferita in un itinerario che comunque rimane di alto livello. Una mostra Europea che pone l’Arte come lo spazio più bello per esprimere poesia e libertà. E come ben ha espresso Zuffi, forse proprio per questa sua espressione potente di libertà, oggi purtroppo, l’arte viene distrutta. La mostra aprirà i battenti al pubblico il 17 settembre 2015 per concludersi il 7 febbraio 2016. Un appuntamento imperdibile con la storia.

Adele Labbate 16/09/2015

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