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“Vietato calpestare le rovine”: la funzione paradigmatica della parola nel libro di Andrea Appetito

Un testo, sia esso canzone, racconto, poesia, romanzo riesce più facilmente ad attecchire nel lettore quando ogni parola trova la giusta collocazione funzionale. Così come una pennellata - intinta nel colore migliore - è tesa a restituire in immagine il ritmo del pensiero che la muove.

L’atmosfera, ora asfittica, ora distopica di “Vietato calpestare le rovine” si regge proprio su questa abilità di Andrea Appetito di evocare paradigmaticamente scenografie di luoghi e “geografie psicologiche” delle umanità che abitano il racconto, anzi, i racconti. Racconti di ieri, oggi e di un possibile domani.

“[...] Quando raggiungemmo la colonia, le grida del gabbiano non si udivano più. La coltre di nebbia che ci avvolgeva arretrava davanti a una luce spettrale. La colonia ci apparve come un atollo galleggiante nella nebbia con un faro al centro e sotto il faro una garitta. [...]”12

 La coerenza - stilistica quanto poetica - dell’autore rende la lettura di questa “specie di requiem, in memoria di qualcosa che ormai appare irrimediabilmente perso” una sorta di percorso di riflessione necessaria e trasversale, un viaggio - forse salvifico - al netto di qualunque riconoscibilità archetipica dei personaggi di cui lo stesso autore scrive:

“[...] attraversano una lunga notte, come superstiti di un’implacabile catastrofe. Donne sole, orfani, pazienti psichiatrici, antichi mistici, detenuti politici, animali in cerca di cibo… Sentono il freddo, la paura, l’imminenza della morte, ma resistono a ogni tipo di agguato e senza sosta viaggiano su isole sperdute, sotto il sole del deserto o alla deriva su una lastra di ghiaccio. Vite rotte in un mondo rotto, ma nonostante la stagnazione e il freddo che invadono i paesaggi loro non smettono di reinventarsi e ricostruirsi.”

E se la dimensione temporale gioca a nascondino con lo scivolare nelle identificazioni delle storie, lo spazio è geograficamente collocato già nei titoli dei singoli capitoli/racconti: si va da San Pietroburgo a Roma, passando per Tripoli, Praga, Damasco, Barcelona, Berlin, Lisboa...luoghi fisici e anche - forse - rapidi passaggi in suburre dell’animo umano.

Come coglie giustamente Massimo Bucchi nella presentazione del libro: “Andrea Appetito scava nell’archeologia delle sue invenzioni, raccontando ancora, come nel suo precedente romanzo, la nebbia in cui ci troviamo, l’orrore della perdita di orientamento, la distruzione dei nostri valori. Il paradosso è che la catastrofe è già avvenuta. Il disperato messaggio dell’autore grida come sia forse ancora possibile evitarla.”

“Vietato calpestare le rovine” è una lettura assolutamente contemporanea, adatta al momento storico che viviamo, dove ogni difficoltà, ogni storia diventa tanto più asfissiante e ogni sofferenza diventa esclusiva e insormontabile se vista sotto una lente di ingrandimento che filtra la luce di un raggio di sole: brucia la speranza di salvezza ma, forse, dissolve finalmente la nebbia.

Qui la scheda di "Vietato calpestare le rovine"

 

A.S.

3/06/2019

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