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Recensito incontra i Date at Midnight: tutto sul nuovo album "Songs to fall and forget"

“Songs to Fall and Forget” è senza dubbio l’album della maturità dei Date at Midnight. Il gruppo romano si forma nel 2007 ed è composto da Daniele de Angelis (voce), Pasquale Vico (basso), Francesco Barole (chitarra) e Francesco Mignogna (batteria). La loro ultima opera nasce dopo cinque anni di sperimentazioni e concerti in giro per l’Europa, principalmente in Germania, Spagna, Francia, Svizzera, per l’etichetta francese “Manic Depression Records”. I Date at Midnight si contraddistinguono per un suono potente, nel quale antico e moderno, stasi e accelerazione caotica si incontrano originando sensazioni dure, iperrealistiche. L’universo musicale post-punk si nutre di atmosfere malinconiche dark wave, connotate da un uso personale degli strumenti e un’enfasi teatrale delle voci. Li abbiamo intervistati per approfondire la loro visione della musica.

Quando e come nascono i Date at Midnight? Perché questo nome per il vostro gruppo?

D.: I Date at Midnight nascono nel 2007 dall'unione di 4 musicisti dapprima sconosciuti che avevano sedimentato per anni la volontà e il fuoco necessario per partire insieme decisi. Erano gli anni in cui un certo “american deathrock” era tornato in auge nei club europei; la voglia di musica dal vivo era tanta e ci siamo trovati risucchiati felicemente in questo vortice. Il nome è venuto fuori dalla necessità di rappresentare un immaginario, oscuro, sospeso ma d'impatto, che in qualche modo rappresentasse le nostre note. Abbiamo scelto di pescarlo da una canzone dei “Type O Negative”, "Black Number One" dove la protagonista aveva un appuntamento a mezzanotte con Nosferatu. Noi a differenza di lei l'appuntamento lo avevamo solo con il nostro destino e con ciò che ci aveva condotti lì.
P.: La band è attiva da ormai quasi 10 anni, la formazione – salvo per l’ingresso di Francesco Mignogna alla batteria nel 2012 al posto di Danilo Staniscia, batterista originario – è rimasta immutata dagli esordi; l’incontro era stato abbastanza fortuito: eravamo 4 sconosciuti alla ricerca di una band e ci siamo trovati insieme già avendo in mente la direzione musicale da prendere ed iniziando da subito a comporre brani originali. Al momento del nostro primo live, fissato dopo circa tre mesi dalla primissima prova, si pose il problema del nome e, tra le varie proposte, “Date at Midnight” fu quella che più rispecchiava il nostro manifesto musicale: un nome notturno, indefinito ed affascinante quanto bastava per identificarci con esso.
F. B.: I Date at Midnight nascono per una combinazione casuale di eventi verificatisi nel momento appropriato. Conobbi Daniele in un luogo di lavoro e dopo qualche chiacchiera tra un caffè e l’altro saltò fuori la passione per la musica. Daniele conosceva Pasquale ed il nostro ex batterista Danilo. Dall’esigenza di suonare all’organizzazione della prima prova il passo poi fu breve e proficuo fin da subito. L’affiatamento non tardò a manifestarsi e la scelta del nome sintetizzò di li a poco la direzione concettuale del tipo di musica che ci apprestavamo a fare: densa di atmosfere misteriose, notturne ed evocative senza tralasciare una certa energia.
F. M.: Io sono arrivato nei Date at Midnight nel marzo del 2012 subito dopo l'uscita di "No Love". Seguivo già la band durante i live nei locali romani, è stata proprio l'amicizia con il vecchio batterista, Danilo Staniscia a farmi conoscere il resto della band, quando poi lui ha lasciato il gruppo, poco dopo con Pasquale ci siamo trovati a parlare del mio inserimento nella band. Praticamente da spettatore a protagonista!

Rispetto all’album precedente, “No love”, dal suono più cupo, il vostro ultimo lavoro, “Songs to Fall and Forget” è caratterizzato da un’elaborazione stilistica diversa, più complessa e raffinata. Cosa vi ha spinti a creare un album come questo, quale urgenza creativa?
D.: Senza dubbio in questi cinque anni il suono dei Date at Midnight è molto mutato. Gli stessi Date at Midnight sono mutati (a partire dal batterista) e sono in continua trasformazione. Siamo quattro anime piuttosto diverse tra loro che entrano magicamente in collisione in sala prove. “Songs to Fall and Forget” è una raccolta di istantanee di tutto ciò. È la nostra summa sonora. Rispetto a “No Love”, che portava con sé l'impulso e la rabbia degli esordi, quest’ultimo è un disco più introspettivo ed esistenziale, più vario ed elegante. Un’opera composta da immagini sonore che si muovono tra l'ombra e la penombra, tracciata da timidi e fiochi spiragli di luce soffusa. Sicuramente più ascrivibile a certa new wave che al goth degli esordi.
P.: I brani di “Songs to Fall and Forget” risentono di una nostra crescita personale e musicale; negli anni trascorsi da “No Love” abbiamo avuto modo di maturare soluzioni stilistiche nuove e diverse, lavorando molto sugli arrangiamenti di ogni singolo brano, per quanto alcune canzoni del nuovo album siano uscite quasi di getto; anche l’approccio in studio di registrazione è stato diverso rispetto al passato. Abbiamo capitalizzato al meglio l’esperienza accumulata nelle registrazioni dei lavori precedenti, sapevamo meglio come muoverci, cosa fare per ottenere una certa “materia” sonora, per trasformare l’ispirazione in suoni. Per questo, credo, che il risultato nel suo insieme sia più raffinato.
F. B.: Nel corso del tempo abbiamo affinato il nostro stile. Tutto ciò ha significato una naturale evoluzione del percorso avviato circa un decennio fa. Abbiamo smussato gli spigoli armonici, cercato la melodia e l’arricchimento degli arrangiamenti, rendendo il materiale più accessibile all’ascolto e più vario. L’album infatti ha diverse sfaccettature e i brani, pur seguendo un filo conduttore, hanno tutti una specifica identità. Nessuno di essi assomiglia a un altro.
F. M.: A parer mio, visto che non ho lavorato su "No Love", è complice molto l'affiatamento che c'è stato tra di noi e cercare di far suonare le nostre emozioni in musica, sicuramente per "Songs to Fall and Forget" è stato cercato un sound più moderno che però esisteva anche in passato.

Cosa rappresentano per voi le “Songs to Fall and Forget”? Perché avete scelto questo titolo?

D.: Ci siamo ritrovati con 12 tracce che in qualche modo avevano un involontario concept esistenziale. Da sempre crediamo che le canzoni servano anche ad accompagnare le cadute, e a risollevarsi partendo da se stessi. Ognuna di loro è un'immagine della visione di noi stessi e dei nostri tempi. Anime vaganti alla ricerca di fuochi fatui, del qui ed ora, del tutto subito, della solitaria caduta.
P.: “Precipitare e dimenticare” sono le due facce di una stessa medaglia; una sensazione che accomuna ogni essere umano, perché non esiste vita in cui tale sensazione non venga provata almeno una volta. Porta con sé diversi stati d’animo - disillusione, rabbia, alienazione, speranza per una risalita che forse non arriverà mai - che poi sono quelli che abbiamo in qualche modo musicato nei singoli brani che compongono l’album.
F. B.: Per me rappresenta il completamento di un percorso musicale portato avanti in questi anni, la messa in atto delle esperienze avute suonando in giro, in Italia e all’estero. Il miglioramento e la crescita del gusto armonico e melodico.
F. M.: Tutti i brani hanno un’anima propria e ben distinta. A partire da questa forza c’è stata una crescita sia musicalmente che nello spirito del gruppo, per guardare avanti.

L’intero disco sembrerebbe rappresentare una visione distopica della realtà. La descrizione nichilista di uno stato d’essere, ma anche di un sentimento collettivo. Ciononostante appare dall’abisso una luce di speranza. Qual è per voi “l’intima linea da seguire” per mantenerci in vita?

D.: "The Virgin Light": la luce vergine interiore da cui risalire. Sempre.
P.: Hai detto bene. Tutto il disco si muove a cavallo tra sentimento individuale e sentimento collettivo, che è poi il risultato del fatto che l’individuo è giocoforza calato in una realtà sociale frutto di relazioni umane, interconnessioni sempre più spinte, regole più o meno imposte dal mondo in cui si vive. In questo contesto, “l’intima linea da seguire” è quella della propria personale inclinazione, della propria sensibilità, della propria anima. Solo noi siamo in grado di salvarci da noi stessi e ne abbiamo tutte le possibilità.
F. B.: La riflessione sulla realtà attuale comporta inevitabilmente il senso di scoramento per chi ha una certa sensibilità. Questo si ripercuote certamente sulla nostra attività artistica di musicisti come un pesante macigno. Vi è la presa d’atto dello stato delle cose ma al contempo anche la rabbia e la voglia di continuare a cercare quella luce a cui fai riferimento, quel brivido che ci mantiene vivi.
F. M.: Penso che ognuno di noi sia consapevole di vivere delle difficoltà che ogni giorno ci si propongono e di scegliere anche il modo giusto per affrontarle. In questo album e in questi brani c'è molto di questa realtà e una ricerca continua.

Esiste una funzione sociale, antropologica nell’oscurità di un sound goth/ post-punk come il vostro? Qual è il messaggio che volete comunicare al pubblico?

D.: Non c'è un messaggio univoco. Credo che nessuno di noi possa assurgere a ruolo di megafono sociale. In un certo senso però crediamo in una funzione intima della nostra musica, molto personale. Un invito, seppure involontario, a scavare nel profondo. Credo che questo faccia bene a se stessi e, di riflesso, all'intera società per non ritrovarsi attorno dei mostri.
P.: La musica ha sempre e di per sé una funzione sociale, ma anche di svago, di riflessione o di incitamento alla lotta, qualsiasi cosa voglia dire. Quando ci si muove su certe sonorità diventa alto il rischio di tracimare in cliché più o meno stantii. Nel nostro caso, senza troppe pretese, invitiamo chi ci ascolta a farsi un giro sulle montagne russe dell’emotività interiore, lasciando al singolo la valutazione ultima di quanto questo giro sia un sogno, un incubo, o semplicemente un piacevole diversivo...
F. B.: Per quanto mi riguarda più che messaggio da comunicare, la musica che facciamo rappresenta l’esigenza di far presente una condizione esistenziale, vissuta visceralmente, entro la quale qualcuno può riconoscersi ed è in questo senso, forse, che è racchiusa la sua funzione sociale.
F. M.: Cerchiamo di far arrivare a tutti le nostre sensazioni e le nostre esigenze mescolate in musica. Ultimamente è molto vario il tipo di pubblico che ci ascolta, quindi la comunicazione che passa tramite i nostri brani è qualcosa che vive in ognuno di noi e va oltre un mero messaggio.

Quali sono i vostri progetti per il futuro?
D.: Portare “Songs to Fall and Forget" il più lontano possibile. Dopo aver presentato il disco a Roma avremo la data alpha a Zurigo il 6 agosto per poi ripartire con la nuova stagione. Quello che avverrà in futuro nessuno di noi lo sa.
P.: Nell’immediato futuro la volontà è quella di condividere dal palco la nostra musica, e di realizzare un nuovo video, dopo quello di “Cold Modern World”, che possa accompagnare la promozione del nuovo album; nel frattempo continueremo a vederci in sala, e conoscendoci so già che torneremo senza nemmeno accorgercene a immergerci nella dimensione compositiva: vedremo quali strade prenderà stavolta la nostra ispirazione.
F. B.: Al momento abbiamo tanto lavoro da fare per portare in giro quest’ultimo album ma i Date at Midnight improvvisano qualcosa ogni volta che si trovano in sala. Questa è stata sempre la nostra caratteristica ed è ciò che permette ai brani di prendere forma. Insomma, più che pensare a tavolino a un nuovo album, continuiamo a scambiarci idee suonando. Il resto verrà da sé.
F. M.: La concentrazione e l'attenzione è tutta sulla presentazione di questo nostro ultimo lavoro, ma i Date at Midnight sono sempre in movimento e le idee sono tante come la voglia di suonare. Quando componiamo nuovi brani la nostra spinta creativa è sempre accompagnata da una sana dose di divertimento.

Serena Antinucci 23/06/2016