Questo sito utilizza cookie per migliorare la tua esperienza di navigazione e rispetta la tua privacy in ottemperanza al Regolamento UE 2016/679 (GDPR)

                                                                                                             

×

Attenzione

JUser: :_load: non è stato possibile caricare l'utente con ID: 689

JUser: :_load: non è stato possibile caricare l'utente con ID: 707

Recensito incontra Viviana Di Bert in occasione dello spettacolo "Le Onde di Ellida"

Lo scorso mercoledì 7 giugno al Teatro Tordinona di Roma è andato in scena "Le Onde di Ellida (da Ibsen a Omero e Viceversa)" scritto e diretto da Viviana Di Bert. La regista e autrice, insieme ai suoi attori, ha coinvolto il pubblico in un viaggio nella complessità della mente e, anche, della follia. A dialogare, nello spettacolo, sono personaggi di opere distanti fra loro, ma accomunati dalla stessa ricerca del proprio io, ondeggiando tra Luce e Ombra, tra Terra e Mare.
Siamo riusciti ad incontrare Viviana Di Bert che si è mostrata disponibile a raccontarsi e rispondere a qualche domanda, ecco la nostra intervista:

Dichiarata ed evidente è l’associazione tra i personaggi dell’Odissea e della Donna del Mare di Ibsen, ci può raccontare però cosa l’ha portata a questa scelta di accostamento?

"Scoprii quasi per caso, tanti anni fa, un comune denominatore tra la figura di Ulisse e quella di Ellida in un elemento molto concreto: una spilla. Nella descrizione del mantello di Ulisse al suo ritorno ad Itaca, Omero parla di una spilla grazie alla quale Penelope riesce a riconoscerlo, allo stesso modo, anche la Ellida di Ibsen riconosce lo straniero proprio dal ricordo di un oggetto simile. Questo mi aveva fatto pensare. Così, ho cominciato a ricercare e mi sono resa conto che le sirene di Ulisse rappresentano un vero e proprio tentativo di quella parte dell’io di fermare Ulisse dal continuare la sua ricerca. Parallelamente le sirene di Ibsen sono le voci dell’inconscio di Ellida che, in effetti, soffre di quello che veniva chiamato “male oscuro”, di depressione. Mi sono resa conto che Ellida e Ulisse combattono entrambi contro l’oscurità che invece è propria della loro anima e della loro mente, la metafora in Ulisse è il resistere alle sirene e lo stesso per Ellide.
Basti pensare che gli anni in cui scrive Ibsen sono gli anni della scoperta della psicanalisi e secondo alcune ipotesi il personaggio del marito “dottore” di Ellida sarebbe proprio Freud.
Incredibile è anche come si somiglino le parti dell’incontro tra Ulisse e Penelope e tra Ellida e lo straniero, come se ci fosse un’unità in quegli incontri. Inoltre ho fatto una ricerca dal punto di vista femminile e ho trovato la stessa forza e lo stesso coraggio in Ellida e Penelope".

le onde di e

Come ne ha costruito poi la drammaturgia?

"Come vi dicevo ho scelto questo punto di vista, quello dell’accostamento tra i personaggi e guardando Ibsen ho scelto dei dettagli specifici del testo prendendone le parole esatte. Poi quelle delle sirene sono invece le parole del testo omerico, ad entrambi ho poi inserito delle parti di scrittura mia come collante. Diciamo che dell’Odissea ho preso nello specifico quello che riguardava il rapporto di Ulisse e Penelope, la parte del viaggio per mare e delle sirene. Devo dire che da anni sto sviluppando la ricerca di materiale tra il repertorio dell’universo onirico. Ho prodotto anche lavori di costruzione del rituale, di trasformazione del conflitto (e l ho proposto anche ai miei attori, ma solo due sono arrivati fino alla fine). Il metodo con cui ho lavorato sul testo è stata proprio una circolarità di necessità ed esigenze intime".

Le sirene sono una parte fondamentale e centrale dello spettacolo. Sono una figura associabile alle moire, o ad un'allegoria onirica?

"Le attrici che le hanno interpretate hanno dovuto affrontare un percorso sulla figura delle sirene omeriche e sulla figura animalesca dell'avvoltoio che mangia i cadaveri; nello specifico sull'avvoltoio dell'agnello, che viene anche associato all’aquila ed è molto diffuso nel territorio greco e nel sud Italia. C’è inoltre un chiaro riferimento alle arpie omeriche da cui vengono ispirate nelle loro fattezze di volatili. Simboleggiano la caccia, la ricerca nei meandri di se stessi; è una vera e propria indagine circa la fisicità a cui attribuisco molta importanza. Cosa ancor più di rilievo è la simbologia che quei personaggi rappresentano all'interno del Le Onde: come ho già detto, sono l'inconscio e le voci nella testa di Ellida. È tutto ciò che la mente ripropone. Quando si ha una forte depressione anche la cosa più semplice sembra impossibile e porta con l'inganno verso il baratro. Le battute delle sirene omeriche sono esattamente le stesse che io ho riportato nella drammaturgia dello spettacolo, ad esempio “il declino del corpo” e così via, perché appunto il loro tentativo verte sull'illusione di una vita migliore. Quando qualcuno arriva al suicidio è perché ha rifiutato di convivere con la propria realtà, e di affrontare quello che sembra dolore ma che, alla fine di tutto, è solo un espediente della vita, perché nessuno è esente dai mali del mondo. Bisogna trovare la forza di affrontarli, ed è l'assenza di questa qualità che mette in gioco le sirene che trascinano i mal capitati giù sui fondali oscuri insieme a loro".

Parlando della messa in scena, come gli elementi dell'origami, della manualità e del galleggiare si inseriscono all'interno della rappresentazione?

"Tutte le barchette sono state fatte dall'attore Adriano Greco perché rappresentano esattamente la sua capacità di creare. Nonostante non si abbia avuto molto tempo per le prove, ho avuto modo di fare un lavoro sensoriale sull'acqua; in verità avrei preferito per questo tipo di spettacolo un luogo industriale per poter inserire ruscelli che scorrono in maniera più evidente e mastodontica, ma ho dovuto fare le cose in restrizione, e quindi più semplici. Ad esempio le fontane sono state sostituite dall'ampolla che inizialmente era destinata ad un pesce rosso, dopodiché è stata tagliata. Nonostante non abbiamo avuto a disposizione un grande recipiente siamo riusciti a creare un qualcosa che va al di là, costruendo una simbologia con tutto ciò che avevamo a disposizione compreso lo spazio risicato. Non ho potuto dipingere le pareti però ho dipinto il telo azzurro, e così via.
Ho anche fatto passare il pubblico attraverso il palcoscenico perché una delle cose che più desideravo era di avere a disposizione la possibilità di permettere alle persone di avvicinarsi e guardare da vicino l'azione scenica. In ogni caso, passando attraverso le quinte che ho fatto rimuovere per l'occasione, moltissimi spettatori sono corsi via verso il posto a sedere ma tanti altri si sono fermati ad ammirare le sirene, incuriositi dagli oggetti di scena e soprattutto esprimendo la grandissima emozione di salire lì per la prima volta, cosa che può apparentemente sembrare banale ma è tutt'altro che banale; questo mi ha resa molto felice e soddisfatta. Ho cercato di fare in miniatura ciò che in altro modo, con altri mezzi, avrei potuto sviluppare in maniera differente. L'arte è in ogni frammento di ciò che ho creato. Nell'ultima scena, ad esempio, vi è l'Abbraccio di Klimt, all'inizio Ulisse incarna l'Urlo di Munch, e così via".

Locandina Ellida v.7

Come mai hai selezionato per la colonna sonora due universi così apparentemente distanti come Mozart e Bjork?

"Lacrimosa di Mozart innanzitutto è uno dei miei brani preferiti in assoluto. Ma l'ho scelta anche perché è una vera e propria messa, un requiem che celebra il dare vita alla morte, è un messaggio importante che desideravo arrivasse. La vita e la morte sono come l'onda del mare; anche quando non riesci a vederla, prolunga verso il basso la sua energia, è invisibile ma poi risale e si palesa nuovamente, la morte ti da solo l'illusione d'assenza ma in realtà continua, nonostante tutti vedano solo la parte in superficie che è la vita. Ho voluto sottolinearlo nei ringraziamenti e a fine spettacolo con la frase incentrata esattamente su questo concetto. Hunter di Bjiork, invece, significa cacciatore, figura associabile alle sirene che hanno bisogno di mangiare, di nutrirsi, in più la stessa Bjiork è legata alla cultura nordica norvegese esattamente come Ibsen; hanno la stessa matrice culturale, la stessa energia. Ho fortemente desiderato i collegamenti con le terre natie dei miei due protagonisti: il mio Ultisse parla nel suo dialetto proprio per rimarcare l'origine meridionale. Poiché ho creato questi mari diversi volevo evidenziarli maggiormente anche tramite la musica".

Giorgia Groccia, Marta Perroni 11/06/2018

Libro della settimana

Facebook

Formazione

Sentieri dell'arte

Digital COM