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Le voci dell’inchiesta: a Pordenone un festival dedicato al cinema del reale

Dal 13 al 17 aprile, dopo un anno di pausa, si alzerà il sipario sulla nona edizione de “Le Voci dell’Inchiesta”, il Festival di Cinema del reale, promosso da Cinemazero, associazione culturale operante nella provincia Friulana e conosciuta a livello internazionale. Occupandosi della stringente attualità, la kermesse si apre anche a teatro, fotografia, radio, televisione, stampa, nuovi media, sempre utilizzati con le forme d’inchiesta.
A parlarci del festival Riccardo Costantini, coordinatore di Cinemazero.

Come descriveresti questo festival, unico nel suo genere, a una persona che non ha mai partecipato a un’edizione?
“È una manifestazione dall’originale impianto multimediale, ideata per favorire un confronto del pubblico e degli operatori con il cinema del reale, con il documentario d'impegno civile e lo “strumento” dell’inchiesta. Quest'ultimo è per sua natura giornalistico, ma al tempo stesso prezioso mezzo di espressione artistica per autori e cineasti, sempre più attuale e necessario per analizzare la complessità crescente della realtà. Il palinsesto è articolato in proiezioni, incontri, letture, dibattiti, organizzati e suddivisi per temi e forme d’inchiesta, distribuiti nelle tre sale di Cinemazero. Fiore all’occhiello del festival sono gli ospiti davvero d’eccezione. “Le voci dell’inchiesta” riunisce a Pordenone alcuni maestri e i protagonisti odierni dell’inchiesta giornalistica e dell’inchiesta filmata.”

Ospiti illustri, alcuni dei quali terranno anche dei Workshop, ad esempio Andrea Segre e Pierpaolo Mittica.
“Esatto. Il workshop con Andrea Segre è legato al cinema e al tema dell’immigrazione. Raccoglieremo l’adesione solo di filmmaker giovani per un duplice scopo: da una parte dare loro degli strumenti utili per realizzare un film, un cortometraggio sul tema dell’immigrazione, dall’altra parte dare la possibilità a dei giovani di manifestare il loro pensiero su questa tematica che è di stringente attualità, ma con poca produzione multimediale, legata forse alla condizione di emergenza di questo fenomeno. Il workshop con Pierpaolo Mittica, fotografo friulano, sarà incentrata sul suo reportage dalle centrali nucleari di Chernobyl (quest’anno ricorrono i 30 anni dal disastro) e su quello più recente dalle centrali di Fukushima. Il suo particolare modo di lavorare, associato al coraggio di inoltrarsi in questi luoghi che hanno una forte componente di rischio, permette allo spettatore di osservare delle foto artistiche, ma contemporaneamente d’inchiesta, cariche di significato. Inoltre, Mittica sta lavorando a un progetto, chiamato “Living Toxic”, che ha lo scopo di fotografare alcuni luoghi del pianeta inospitali per l’essere umano, ma nei quali l’uomo spesso vive o lavora (miniere, stabilimenti industriali, luoghi di lavorazione di materie prime). “

Perché proporre dei workshop?
“L’inchiesta è un genere, indipendentemente dal media utilizzato, che richiede particolari strumenti che si sviluppano con l’esperienza. La cosa migliore non è avere una lezione sull’inchiesta, ma parlare con chi fa questo tipo di mestiere e fare degli incontri per ereditare delle esperienze e arricchire il proprio bagaglio. E questa è un’opportunità che non vogliamo fornire ai più di cinquanta studenti che si sono accreditati, provenienti da tutt’Italia.”

Quest’anno a vincere l’Oscar come miglior film è stato “Il caso Spotlight”. “Le voci dell’inchiesta” come si inserisce in questo panorama che vede sempre più il filmico come elemento di denuncia?
“È un bisogno molto forte che si sentiva già da tempo, soprattutto nella televisione, anche quella italiana (basti pensare a Presa Diretta o Report), quella di denunciare attraverso l’audiovisivo. Il film, vincitore del premio oscar, è godibile e denuncia un tema d’attualità negli Stati Uniti. Però è pur sempre un film e risente del passaggio dalla realtà alla fiction. Se è un film di fiction a raccontare la realtà, come “Il caso Spotlight” che a mio avviso è girato benissimo, allo spettatore, abituato ormai a veder portato in scena il reale, mancherà sempre quel “qualcosa”, ovvero la ripresa reale del reale. Lo spettatore inizia a pretendere una ripresa reale su ciò che sta guardando.”

E “Le Voci dell’Inchiesta” si muove in questa direzione?
“Sì, proponendosi di offrire il meglio del cinema del reale. La volontà del festival è quella di partire dalla centralità della sua natura cinematografica, documentaristica e televisiva, per creare una contaminazione poi con altre arti, ad esempio la scrittura, il teatro e il fumetto.”

Grande varietà di media, di veicoli d’informazione che si susseguono e si avvicendano in queste giornate. C’è un filo conduttore, una tematica che unisce tutti questi dispositivi?
“No, non c’è un filo conduttore unico. La gente è abituata ad avere degli aggiornamenti costanti su tutto. Nel momento in cui tu dedichi 5 giorni a un solo tema fai un servizio culturale eccellente, dal momento che svisceri la tematica in tutti i modi, ma il pubblico, nel corso delle edizioni, ci ha dimostrato di non gradire questa offerta, preferendo di gran lunga avere uno sguardo un po' più ampio. Questo permette a noi di avere un pubblico variegato, capace di fare comunità e creare un dibattito.”

Nessun fil rouge, ma tanti interessanti temi. Potresti accennarne solo alcuni?
“Parleremo di nuove famiglie, d’immigrazione, della Russia contemporanea e delle sue contraddizioni interne. Come ogni anno cercheremo di sensibilizzare il pubblico sul tema dell’ambiente e dell’inquinamento, parlando anche di tematiche scottanti quali le trivellazioni nell’Adriatico, oggetto di referendum, e la condizione carceraria. Ci sarà uno speciale dedicato all’anniversario del terremoto del 1976 in Friuli e a quello già accennato di Chernobyl. Inoltre, abbiamo preparato un omaggio a Liliana Cavani e alla sua produzione documentaristica d’inchiesta con scritti e documenti inediti, come alcune fotografie possedute da Cinemazero e scattate da Deborah Beer.”

Un festival così particolare in una città come Pordenone, conosciuta certo, ma pur sempre piccola provincia. Deterrente o punto di forza della manifestazione?
“Ci sono dei pro e dei contro, ovviamente. La città piccola rende complicata la visibilità della manifestazione, che forse ne meriterebbe una più ampia, non tanto perché è fatta da Cinemazero, ma perché abbiamo avuto la forza di portare dei film in anteprima nazionale che poi non si potranno più vedere. Però fare questo tipo di proposta si può attuare con continuità qui, a Pordenone, perché abbiamo la capacità di far convergere più interessi istituzionali, più forze presenti nel nostro territorio, in particolare realtà pensanti, associazioni che si occupano attivamente di tematiche che noi analizzeremo. Questo succede solo qui, ed è possibile grazie alla rete che abbiamo creato nel corso degli anni, che è sempre rimasta ben salda.”

Le “Voci dell’inchiesta” è alle porte: un’occasione stimolante per conoscere, approfondire, scoprire e sviluppare il proprio pensiero critico. Un festival dal sapore originale, che riesce a garantire professionalità e materiale esclusivo in un clima informale e per nulla accademico. Una manifestazione dove il vero protagonista, attivo e partecipe, è il pubblico.

Angela Ruzzoni 30/03/2016

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