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“La musica racchiude tutte le altre arti”: Recensito incontra Mauro Arbusti, David Greiner e Marina Cesarale

Pianista di livello internazionale, titolare della cattedra di Accompagnatore al Pianoforte all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio D’Amico, professionista e studioso esemplare, Mauro Arbusti ha presentato al Conservatorio Santa Cecilia di Roma un concerto in memoria di Robert Kahn, compositore tedesco oscurato dalla dittatura Nazista e membro di quella lunga schiera di artisti la cui arte è stata definita “degenerata”. Noi di Recensito lo abbiamo incontrato poco prima della serata per farci raccontare il fascino di Kahn e della musica in generale.
Cominciamo dal concerto di stasera. Cosa la affascina di Robert Kahn?
“Il tipo di musica composta. È uno stile molto brahmsiano, per chi se ne intende, però volto al futuro. È più cromatico, molto più moderno ma non nel senso stretto del termine. Nonostante sia stato a cavallo tra Ottocento e Novecento – è morto nel 1951 – non sfocia mai nel modernismo di altri suoi coetanei, molto più avanti nella struttura della composizione. È uno stile che risente delle influenze brahmsiane, in alcuni casi anche quelle di Mendelssohn, però molto più arzigogolate, forse interiori per certi versi. Non sta un attimo fermo, la fine di una cosa è subito l’inizio di un’altra. Mi affascina, e da una parte mi dispiace ovviamente, che un compositore di questo livello sia stato tenuto nell’ombra, perché in quanto ebreo tante sue opere sono state strappate e bruciate. Ritengo invece che sia molto utile conoscerlo, perché è difficile sotto ogni punto di vista. Anche il brano che suono in singolo non risulta difficile all’ascolto, ma va assimilato, va messo nelle mani e nella testa perché non c’è mai niente di scontato, c’è sempre il trabocchetto – in senso buono – dietro l’angolo”.

Non so se ha avuto modo di ascoltare la performance del M° Ezio Bosso sul palco del Festival di Sanremo.
“No, purtroppo no”.

Bosso ha detto “la musica è una fortuna che condividiamo. Ci insegna la cosa più importante che esista, ascoltare”. Si trova d’accordo?
“Assolutamente sì. Credo che la musica sia l’elemento più importante della vita. Insomma chi non ha mai fischiettato un motivo... è una cosa fondamentale e, come leggevo poco tempo fa, è forse il linguaggio che raggiunge più stati d’animo. È il più chiaro per tutti, più dell’immagine, più della parola o del movimento. La musica è in grado di far ridere, piangere, provare sentimenti che siano profondi o meno, ma credo che sia il linguaggio più universale. Anche se c’è tanta gente che non è abituata se non alla musica leggera – e io mi trovo sempre a dire che ai suoi tempi Mozart era musica leggera – la musica aiuta ad ascoltare sia fuori che dentro”.

La musica ha raggiunto parità estetica – se non superiore – con la letteratura solo nell’Ottocento, grazie ai Romantici. Rousseau pensava che il suo potere seduttivo fosse più potente delle suggestioni letterarie, Madame De Stael in un suo romanzo del 1807 scriveva “di tutte le belle arti la musica è quella che agisce più immediatamente sull’animo”. Che rapporto c’è – ci può o ci deve essere – tra la musica e la parola?
“Più che con la parola io direi con il pensiero. Al di là di certe musiche e certe composizioni che sono al servizio della parola, la liederistica è un caso di collaborazione stretta, dove la musica non funge mai da accompagnamento ma da completamento del testo. Non si sentirà mai “zumpappà zumpappà” come accompagnamento di un lied, ma si sentirà sempre qualcosa che si incastra perfettamente con la parola. È un modo di sottolineare il senso delle parole. Ci sono tante composizioni, dalle sinfonie a cose semplicemente da camera – semplicemente tra virgolette, insomma (ride, ndr) – che sviluppano dei pensieri: è la cosiddetta musica descrittiva. Credo che adesso la musica sia non solo al pari ma al di sopra di ogni altro genere, perché serve a sottolineare, sia con lo zumpappà, sia con cose più profonde, testi, stati d’animo, pensieri. Racchiude tutte le arti insieme. Io ho collaborato con l’Accademia Nazionale di Danza per dodici anni, ho suonato per il balletto e per coreografie (ha accompagnato l’Aida per il Teatro Greco di Siracusa e il Rigoletto per il Teatro Romano di Cartagine, ndr). Lei immagini un balletto senza musica: esiste, per carità, ma diventa una cosa per addetti ai lavori. La musica invece raggiunge tutti, crea quell’”in più” che serve anche a spiegare qualcosa. Io con la musica potrei anche spiegare l’immagine di un quadro”.

Questo è vero per diversi generi. Ad esempio nei cantautori la musica rende il testo a un livello superiore, quasi magico. Va oltre il significato delle impressioni.
“Certo. Oggi alla radio mentre andavo in Accademia davano “Pierino e il Lupo” con la voce di Lucio Dalla, e mi sono proprio divertito a sentire in quale modo si sottolinea l’arrivo dei personaggi, con determinati strumenti e andamenti melodici. Credo che la musica sia il completamento di tutto”.

Oltre all’attività performativa, lei svolge un’intensa attività didattica. Questo cambia il suo approccio con la materia? Come e cosa si insegna ai ragazzi di questo tipo di musica nel 2016?
“Il discorso è un po’ ampio. I ragazzi dell’Accademia ovviamente non dovranno fare i cantanti lirici, la musica lì è mirata a far sentire loro i suoni e a farglieli emettere in un certo modo. L’insegnamento del canto serve a non farli stancare: se un giorno dovesse capitargli di fare un monologo per 30 sere di seguito, se usano male la voce dopo due sere chiude il teatro. La musica ha una funzione più particolare rispetto a quanto si usa nei concerti”.

Tra una prova e l’altra abbiamo raccolto anche le impressioni del pronipote diretto di Robert Kahn, il baritono David Greiner, custode unico di tutta la produzione compositore tedesco.
Il suo bisnonno faceva parte di una lunga schiera di artisti la cui arte fu proibita dal regime Nazista.
“Il mio bisnonno è rimasto nella tradizione tardo-romantica, non ha seguito le idee moderniste di uno Schoenberg o della seconda scuola viennese. Ha mantenuto un tono piuttosto romantico. Ironicamente questo ai fascisti sarebbe piaciuto molto, se non fosse stato ebreo. Aveva lo stesso problema di Mendellsohn, che era uno dei compositori più tedeschi mai esistiti ma non era considerato tale perché ebreo. Kahn, infatti, anche durante la prima guerra mondiale era abbastanza nazionalista, era un bravo tedesco, piuttosto di destra. E ce n’erano tanti così”.

Che valore ha riscoprire oggi questa “musica degenerata”?
“Tutta la musica ha sempre un valore che non cambia con i tempi o con la storia. La musica parla per se stessa e soprattutto questa: Kahn era un camerista e si è sempre concentrato su forme piccole – non ha mai scritto opere o sinfonie – era proprio un liederista. Ha scritto oltre 200 lieder, l’equivalente di Schumann. Anche la scelta dei poeti è interessante, sceglieva poeti contemporanei. Dopo Wolf è stato il compositore che ha composto più testi di Goethe in assoluto. La qualità dei testi è molto alta, mentre Brahms sceglieva testi poeticamente non dico meno validi, ma meno importanti. Era strettissimo amico di Einstein, che veniva a casa sua per fare musica. Corrono voci che Einstein fosse un pessimo violinista, però non fa niente (ride, ndr). Era molto amico di un pittore inglese, Alma-Tadema, che l’ha poi aiutato a emigrare in Inghilterra. C’era tutto un nucleo di artisti che collaboravano, che poi erano tutti parte dell’Accademia prussiana delle Arti”.

Insieme a Greiner sul palco la pianista Marina Cesarale, con la quale il sodalizio artistico nato nel 2008 si è trasformato in una profonda amicizia. Ecco cosa ci ha raccontato la musicista romana.
Com’è nata la vostra collaborazione?
“Ci siamo conosciuti nel corso del biennio di studi di Musica vocale da camera. Lui collaborava con un altro pianista, poi abbiamo provato a suonare insieme e abbiamo visto che c’era questo feeling – quando suoni senti se sei un’unica cosa con una persona – e abbiamo cominciato a collaborare. Molto del nostro repertorio è dell’Entartete Musik, la “musica degenerata”, che peraltro non è molto eseguito perché è un tipo di musica molto particolare. Ma abbiamo anche tanti cicli di lieder di Schumann, Schubert. Da lì insomma è nata una grande amicizia, siamo praticamente un’unica persona”.

Che significato ha questo repertorio difficile o poco conosciuto?
“Le nuove linee musicali che si andavano affermando tratteggiavano una società in disgregazione, segnata da prostituzione, alcolismo, crisi economiche e guerre, e questo si ripercuoteva in tutte le arti. In pittura, ad esempio, abbiamo Egon Schiele, Otto Dix, Koloman Moser e altri che raccontano di questa civiltà in disgregazione, come Thomas Mann in letteratura".

È una disgregazione che continua tutt’oggi, magari in termini diversi.
“Diciamo che ormai è stato detto talmente tanto con la musica che oggi è difficile pensare a opere d’arte come allora”.

Allora meglio recuperare quelle che magari qualcuno non ha ascoltato.
“Sì, anche perché ce n’è veramente tanta di musica. Nelle sale da concerto siamo abituati ad ascoltare sempre le solite cose, ma ci sono tante liriche che non vengono mai fatte. Ad esempio Wagner in Italia viene fatto pochissimo, così come Berg, di cui se viene fatto il Wozzeck accade a Milano... a Roma è stato portato solo una volta. Ascoltiamo sempre i soliti cicli di lieder, mentre è bello recuperare compositori di cui i libri di musica scrivono poco".

In effetti nel mio manuale Khan non c’è.
“No certo, come non c’è Schuloff o c’è pochissimo di Krása, ricordato solo perché ha scritto “Brundibar”, l’opera per bambini nella città ghetto di Terezín. In realtà ha scritto tanti lieder, alcuni molto belli. Così come Schreker, amico di Zemlinsky che faceva parte della Seconda scuola di Vienna. Anche Korngold, quello che insieme a Steiner ha tracciato le linee guida per i musical che ci troviamo oggi. È ricordato solo per l’opera “Die Tote Stadt” mentre ha scritto tantissimi cicli di lieder, alcuni su testi di Shakespeare. Così come Ullmann, di cui nessuno conosce l’esistenza se non per “Der Kaiser von Atlantis”. È bello riportali alla luce”.

Daniele Sidonio 16/02/2016

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