Roberto Binetti, pianista, compositore e arrangiatore milanese, ha aggiunto un nuovo cameo alla sua collezione personale di successi, frutto di una carriera di concerti e preziose e importanti collaborazioni.
Si chiama “Universo fantasia” ed è il suo primo album di piano solo. Dieci pezzi composti ed eseguiti da Binetti stesso, accompagnato in alcuni di questi dal violoncello di Marco Decimo.
Brani suggestivi, evocativi, che trasportano l’ascoltatore in una dimensione di pace esistenziale e in un’atmosfera di introspezione e morbida riflessione, senza mai appesantirlo ma lasciandolo volare libero con il pensiero, scivolando sulle note che sgorgano dalle dita e dalle idee musicali del compositore.
Come definirebbe il suo lavoro solista “Universo fantasia”?
“Universo fantasia è il mio modo di intendere la musica: la melodia e l’armonia che si integrano con il jazz e l’improvvisazione. Per questo lavoro ho voluto lasciare un po’ in disparte l’aspetto più funky e jazz della mia musica, per enfatizzare e ricercare un equilibrio tra le parti più melodiche e più armoniche del mio pensiero musicale”.
Perché ha deciso di fare questa prima opera in pianoforte solo?
“Dopo tante collaborazioni con vari artisti, dopo aver suonato con numerose band, ho sentito il bisogno di proporre qualcosa che fosse la corretta espressione della mia singola musicalità. Il fatto di mettersi in gioco con un lavoro per pianoforte solo è stato per me quindi sia una sfida che un’opportunità. Una sfida perché in un lavoro di questo genere sei solo davanti alle note, non hai la possibilità di appoggiarti a una tonalità, a una sezione ritmica o ad altri strumenti: ciò significa che è necessario un approccio e un modo di suonare diverso rispetto a quello che ho utilizzato in passato. D’altra parte però è una grande opportunità in quanto questo tipo di lavoro si conclude con una forma musicale che riesce, a mio parere, a offrire una precisa identità di quella che è la musicalità a 360 gradi di un artista”.
Da che cosa trae ispirazione per queste idee e suggestioni musicali che prendono forma nel disco?
“Alcuni brani nascono di getto, senza una particolare suggestione al di fuori delle note stesse, di una bella melodia, una bella armonia. Altri sono stati invece suggeriti da stati d’animo, poesie, possono essere ispirati a momenti malinconici, a una voglia di energia, possono essere nati da un ricordo, da un incontro”.
C’è qualche compositore del passato al quale si ispira?
“Il mio punto di riferimento è Johannes Sebastian Bach e tutto ciò che viene sviluppato a partire dalla sua musica e dalla sua perfezione armonica”.
Come mai ha scelto un titolo italiano per il suo album mentre la maggior parte dei brani ha un titolo in inglese?
“Ho voluto lasciare un titolo italiano innanzitutto perché queste parole suonano bene a livello musicale, trasmettono le sensazioni giuste. La scelta dell’inglese è invece data dalla constatazione che ormai i confini musicali sono caduti, e quindi mi è sembrata una scelta da fare per poter avere un’apertura internazionale e l’accesso a un mercato e a un riconoscimento anche all’estero”.
Ha dei progetti futuri?
“Sì, tra i miei progetti più importanti ce n’è uno che mi preme particolarmente. Abbiamo esordito alla Dance House di Milano con un progetto che ho pensato insieme al danzatore Cristian Cucco e al coreografo Matteo Bittante della compagnia di danza “Susanna Beltrami”. Il nostro obiettivo è quello di unire la musica alla danza, in quanto esse sono due arti complementari, una dona all’altra delle emozioni e viceversa. I commenti sono stati molto positivi finora, quindi pensiamo di portarlo avanti. Prossimamente sarà pronto un promo ufficiale per questo evento, si potrà trovare sui social e su Internet”.
Giulia Zanichelli 25/04/2016