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Recensito incontra l’attore e regista Ivan Bellavista: "la mia favola teatrale"

Ivan Bellavista, dopo anni di collaborazione con il duo Rezza-Mastrella e gli spettacoli “Gastone” e “Molière Immaginario”, dal 30 maggio è in scena al Teatro Sala Uno in “Un Vero Capolavoro”, scritto e diretto insieme a Sandra Conti. Lo abbiamo incontrato prima del debutto per parlare del suo nuovo lavoro. 

“Un vero capolavoro” è una creazione a quattro mani con Sandra Conti. Com’è nata la vostra collaborazione? Cosa vi ha unito artisticamente?

“Conosco Sandra da sei anni. Abbiamo collaborato nel 2012 in vari esperimenti scenici e da subito ci siamo trovati d’accordo in merito alla sperimentazione di un teatro nato dall’improvvisazione. Il mio primo approccio con Sandra fu proprio a teatro, la vidi in scena e rimasi sconvolto dalla sua bravura e dalla sua spiccata capacità di far ridere. Dopo lo spettacolo promisi a me stesso che un giorno avrei lavorato con lei. Successivamente, grazie ad amicizie comuni, ci siamo conosciuti personalmente e abbiamo potuto constatare la nostra affinità artistica. Io sono originario di Napoli e lei adora la cultura napoletana. Io di lei apprezzo il fatto che è un’artista libera da ogni sovrastruttura tipica degli attori. Noi non ci prendiamo mai sul serio. questo è un mestiere particolarmente difficile, in equilibrio sul nulla e noi ci divertiamo a trasformarlo.”   ivanbellavista02

Nel tuo precedente spettacolo, “Molière immaginario”, c’è una sospensione tra immaginazione e realtà. La stessa caratteristica è presente nella tua nuova pièce, anche se in questo caso riguarda la vita e la morte. Da dove nasce l’esigenza di trattare la dimensione onirica?

“Molière immaginario” era uno spettacolo bidimensionale, fondato prevalentemente sull’azione. “Un vero capolavoro” ha pretese più complete. Ci siamo subito posti l‘obiettivo di affiancare i recitati a momenti di canto e di danza. Inizialmente la ricerca del pretesto è stata difficile, poi abbiamo scelto il tema del limbo tra la vita e la morte, perché il teatro stesso, in fondo, è una sospensione tra quello che c’è al di fuori e quello che si trova al suo interno. Definendo questo contesto, il protagonista è libero di fare quello che vuole: di travestirsi, di interagire con la musica, di vivere un sogno. Incredibilmente ci siamo accorti della reale profondità del testo solo mentre provavamo. Il processo creativo è stato come un lavoro psicanalitico, abbiamo buttato giù delle idee di getto e ci rendiamo sempre più conto che le vicende che raccontiamo non sono altro che esperienze che abbiamo vissuto realmente. Si tratta di uno spettacolo fortemente simbolico, ma mai autoreferenziale, il nostro obiettivo è sempre quello di parlare allo spettatore.” 

Oggi, come non mai, il teatro richiede di essere interdisciplinare. Quali sono i tuoi consigli per i giovani attori?

“Quello dell’attore è un mestiere difficile, in cui non è mai permesso adagiarsi. Il mio consiglio per gli aspiranti attori è questo: prima di preoccuparvi di interpretare qualcuno, pretendete di vivere, prima di fingere emozioni, provatele tutte. Un bravo attore è una persona che vive davvero la vita. Nella mia piccola esperienza posso affermare che lo spettatore si reca a teatro per vedere finalmente la realtà. Ovviamente lo studio è importante ed è certo che non si finisce mai d’imparare. Inoltre ritengo che sia fondamentale essere mentalmente aperti e talvolta avere il coraggio di rifiutare. Nel suo essere bellissimo, questo è un mestiere presuntuoso, le persone devono credere a ciò che vedono in scena, perciò è bene che si intraprenda questo cammino con la dovuta cautela.”

Lavorare per diverso tempo con il duo Rezza-Mastrella ha influenzato di molto la tua visione del teatro?

“Il percorso con Antonio Rezza e Flavia Mastrella rappresenta per me un bagaglio di cui non riuscirei a quantificare le dimensioni. Tuttora collaboriamo insieme e abbiamo dei progetti futuri comuni. Grazie a loro ho imparato il mestiere e ho capito davvero quanta fatica c’è dietro alla realizzazione di ogni singolo spettacolo. Non affermo mai di essere un artista, piuttosto sono un artigiano. Mi piace questo lavoro e non pretendo altro.”

A proposito di progetti futuri, quali sono i tuoi? “Un vero capolavoro” arriverà in altre città italiane?

“Fino a che non si va in scena, non si possono fare troppi programmi. Aspettiamo di vedere come reagirà il pubblico e poi se tutto andrà bene, certamente lo porteremo in altre città. Mi sento di dire che “Un vero capolavoro” più che bello, è uno spettacolo importante. Inoltre, come già accennavo prima, nell’immediato futuro ci sono dei progetti con il duo Rezza-Mastrella e altre mie regie, non necessariamente a Roma.”

Sara Risini 31/05/17