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Io, Ares e le mie visioni post-punk-atomiche: a tu per tu con la chitarrista Simona Armenise

Alle sue spalle la cultura giapponese, la musica ascoltata da piccola e le madeleine in cui si è trasformata. Davanti una loop station, le chitarre, l'effettistica elettronica. La sintesi è "Oru Kami", doppio disco della chitarrista barese Simona Armenise. Un progetto arricchito dalla collaborazione del "magistrale" Ares Tavolazzi (già sodale di Guccini, Area e Paolo Conte, giusto per fare qualche nome), il cui ricavato sarà devoluto a favore di Emergency. Noi di Recensito l'abbiamo incontrata per parlare del suo laboratorio elettronico, delle sue visioni post-punk-atomiche e del rapporto tra musicisti e cultura di massa.

Nonostante sia priva di testo, si ha la sensazione che la tua musica parli di qualcosa, racconti storie, descriva scenari precisi. Ecco, di cosa parlano le chitarre e il laboratorio elettronico di Simona Armenise?
“Effettivamente ogni brano, ogni titolo, ha alle spalle una storia da raccontare. Emozioni, suggestioni e passioni... In realtà parlo di me, della mia vita, delle mie emozioni, dei miei percorsi passati e vissuti nel momento di acquisizione del disco. Da piccola ascoltavo musica, immaginavo e sognavo; chiaramente crescendo cambiano i percorsi immaginativi, e tuttora ciò che ascolto mi porta sempre lontano e crea paesaggi mentali. Mi piaceva e mi piace cogliere la poesia della vita attraverso i suoni.
Il concetto di “suono” con tutti i suoi parametri di timbro, altezza, fusione di armonie e melodie, la ricchezza che si può ottenere con i mezzi a nostra disposizione, accrescono la possibilità di essere presi nel profondo delle nostre sensazioni e di poter godere “fisicamente e mentalmente” di un piacere che per quanto possa prendere materialmente i nostri sensi, rimane indefinito e difficile da descrivere per ciò che suscita nella nostra anima.
Non mi sono svegliata una mattina pensando di dar vita al SoloSet, come una sorta di visione o illuminazione... Il percorso di “Oru Kami” si è dipanato negli anni ed è frutto di numerose esperienze, anche maturate nel corso della realizzazione del disco, in cui sono nate nuove idee ed ho arricchito la strumentazione. Vi sono brani che inizialmente erano stati scritti per chitarra classica, vi sono brani che sono cambiati nel corso del tempo mano a mano che mi fornivo di mezzi tecnologici, altri che suonavo in formazione. È un progetto che si è sviluppato inizialmente perché volevo fondere la mia preparazione accademica solistica, incentrandola sulla musica contemporanea dedicata alla chitarra elettrica, con la mia capacità creativa, e quindi non solo di interprete, aggiungendo musiche di mia composizione, in cui volevo dare anche notevole spazio all’improvvisazione estendendo il concetto all’effettistica elettronica. Alla fine la mia voglia di esprimere le mie idee e sensazioni ha prevalso su tutto”.

Il disco sembra avere una matrice culturale precisa, che è quella nipponica di cui è intriso il titolo "Oru Kami". Nella composizione delle tracce che derivazioni ha preso questa matrice? Con quali culture l'hai fusa?
“Non parlerei di una vera e propria matrice culturale, quanto di suggestioni e fonte di ispirazione. La mia passione per il mondo nipponico affonda le radici nell’amore per i Manga e gli Anime, nato nel corso della mia adolescenza. Non a caso la seconda traccia del primo disco si chiama “Akira”, ed è un richiamo alle atmosfere post-atomiche e surreali dell’omonimo anime di Katsuhiro Otomo del 1988. Ma oltre la bellezza artistica di certe opere, ero e sono affascinata dalle atmosfere e dai paesaggi di cui sono permeate certe scene, dalla cultura che si manifesta. Questo fascino si è esteso all’approfondimento della letteratura, nello specifico per la breve forma poetica dell’Haiku, della cucina (adoro sushi e non solo!), della scrittura – ritengo che i Kanji in sé siano una forma d’arte – insomma una curiosità generale nei confronti di un mondo così lontano quanto diverso e pieno di poesia, per me, tutto da scoprire”.

Quando è la collaborazione con Ares Tavolazzi?
“Quando gli Area si sono riuniti nel 2011. Ho cercato di seguirli dal vivo più possibile, infatti si esibirono anche a Bari. Sono persone disponibili e non fu difficile avvicinarsi a loro e riuscire a scambiare due chiacchiere. Poi grazie ai social, ora, è più facile contattare gli artisti che ci interessano. Chiesi l’amicizia su Facebook ad Ares e agli altri membri, e poi li raggiunsi in seguito a Festambiente 2014 e quella del 2015 a Monte Sant’Angelo, dove tenevano dei corsi e potevo stare a contatto con loro più a lungo. In tutto questo tempo avevo già inviato ad Ares del materiale demo di un gruppo in cui suonavo , i Ten Meters Underground, e poi la pre-produzione di “Oru Kami”; Ares si è sempre espresso positivamente nei miei confronti, e quindi alla fine ho pensato di chiedergli se fosse stato disponibile ad essere la special guest del mio disco d’esordio... Per mia fortuna ha accettato!

Com'è nata "Thor's Well"?
“Thor’s Well” è una suite tripartita. La sua storia parte da lontano, in quanto la prima parte è stato il mio primo reale esperimento con la loop station, arricchito magistralmente da Ares con le sue improvvisazioni quando ci siamo incontrati, dando vita ad un suggestivo dialogo fuori delle coordinate spazio-tempo; la seconda sezione, di gorgoglii primordiali, è un’improvvisazione radicale, in cui mondo elettronico e acustico diventano un tutt’uno, dove io mi cimento con l’elettronica e Ares si spinge al limite delle possibilità sonore del suo strumento; e quando sembra che si sia esaurito il ribollire primordiale a cui si è giunti, da un nuovo scambio di idee prende vita un nuovo tema, un nuovo loop ricco di sonorità dal respiro fresco e speranzoso, la cui fine però è ritornare nel limbo primordiale da cui è nato. Una simile evoluzione sonora – e sensoriale – non poteva che dar vita ad una suite di tre movimenti. In realtà Ares aveva un canovaccio di ciò che mi sarebbe piaciuto realizzare con lui, ma abbiamo lavorato insieme quando ci siamo incontrati per suonare. Chiaramente molte parti erano aperte, perché il mio lavoro si basa anche sull’improvvisazione, ed Ares è un fuoriclasse”.

C'è un brano che mi ha particolarmente colpito, ed è "Landscapes". Che paesaggi ci sono dietro a tutti quei gorgoglii?
“Beh, innanzitutto mi auguro che ognuno possa vedere dei paesaggi differenti! Lascio la porta aperta alla mente di ciascuno! Io personalmente, ho visioni post-punk-atomiche, ma con una sensazione di speranza e di apertura, come se si planasse dall’alto, cercando con lo sguardo più in là, come se si potesse invece intravedere la rinascita oltre la distruzione... o come se ci si volesse “elevare” sempre più. Francamente, credo che questa immagine possa un po’ pervadere tutto il lavoro”.

Parte del ricavato dalla vendita di "Oru Kami" sarà devoluta a sostegno delle attività di Emergency. Una proposta lodevole e che non si ha la fortuna di sentire così spesso. Da chi è partita?
Sono stata volontario Emergency nel gruppo di Bari, e da sempre ho cercato di unire la mia passione per la musica alla possibilità di far qualcosa per gli altri, e che ciò potesse essere fonte di sensibilizzazione. In realtà adesso non mi sto dedicando più per varie ragioni, ma era mio profondo desiderio continuare ad essere utile lanciando un segnale forte, e quindi che la vendita del disco, o semplicemente la testimonianza che l’arte è vicina ai bisogni delle persone, potesse essere legata ad un’associazione seria e concreta quale è Emergency. E loro hanno accolto il mio desiderio”.

In un Paese che, diciamolo pure, non è così ligio a fermarsi e ascoltare, quali sono i problemi che una chitarrista di Bari può incontrare nel proporre e promuovere questo tipo di musica?
“Tanti! Innanzitutto manca la cultura dell’ascolto; oramai il ruolo della musica è quello di intrattenimento da pub... Non si pensa più che si possa ascoltare un concerto in strutture davvero dedicate all’ascolto e proprie della musica; inoltre non si cerca neanche nei pub di creare l’atmosfera adatta al rispetto di chi si sta esibendo. Certo non tutte le musiche sono uguali, ci sono determinate esibizioni che si prestano piuttosto ad un’atmosfera più goliardica, e ben venga anche questo, ma non c’è la pluralità delle situazioni.
In più è l’epoca in cui non si presta molta attenzione a chi crea e propone materiale inedito, quanto piuttosto siamo nella deriva delle cover band e delle tribute band; si pensa erroneamente che il pubblico sia una massa informe da intrattenere ed incapace di potersi evolvere e di recepire nuovo stimoli. A tutto ciò possiamo aggiungere i vecchi sistemi della politica, molto di più a Sud ma oramai direi anche a livello nazionale, in cui i fondi per la cultura vengono il più delle volte distribuiti con i vecchi sistemi di conoscenze propri della cultura italiana. La grande pecca è che in una terra così ricca anche culturalmente, la gestione della cultura stessa è affidata a persone incapaci di creare un reale grande sviluppo... un po’ la storia del meridione d’Italia: non si investe realmente per una visione della cultura e dell’arte a 360 gradi al fine di creare veramente una rete moderna da poter inserire in un ambito europeo e mondiale poliedrico e all’avanguardia. Il materiale umano c’è, e si può creare educazione differente per la fruizione dell’arte... Ma forse la politica non lo vuole.
Da qui scaturisce un degrado della figura dell’artista, che si estende anche al trattamento economico”.

Il disco sarà accompagnato da una serie di live? Come dovremmo prefigurarci "Oru Kami" dal vivo?
"Allo stato attuale il management sta ancora organizzando gli eventi in location adatte al tipo di esibizione. “Oru Kami” dal vivo si prefigura cosi come è stato presentato, ossia come un SoloSet: si realizza attraverso un sistema di dispositivi elettronici e chitarre, gestiti e suonati in tempo reale. È vero, ad un certo punto mi si può vedere china a mo' di “ragno,” impegnata nel realizzare il tutto (ride), ma aldilà dell’esecuzione o di come io possa apparire, l’obiettivo è, anche in questo caso, fedele a quanto il doppio cd vuole rendere: un lungo viaggio ininterrotto, attraverso percorsi mentali indefiniti, descrivendo un macroscopico caleidoscopio di suoni e umori, atmosfere e sensazioni".

Daniele Sidonio 26/03/2016

Foto: Daniele Coricciati