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Recensito incontra Massimiliano Farau che firma per Pinter's Party la regia di “Paesaggio” e “La Collezione”

In occasione della rassegna teatrale “Pinter's Party”, tutta dedicata ad Harold Pinter, Recensito incontra Massimiliano Farau, regista e docente di recitazione all'Accademia Nazionale d'Arte Drammatica Silvio d'Amico. Farau, ex- allievo dell'Accademia, ha una formazione in Lettere e si è  perfezionato presso la Guildhall School of Music and Drama di Londra e la Classe de Maitrise de Mise en Scène di Pélussin. Ha diretto in teatri nazionali e internazionali (tra cui il New Wimbledon Theatre di Londra) le opere dei maggiori autori di teatro (da Euripide a Dario Fo). Svolge intensa attività di traduttore di testi teatrali. Per Pinter's Party il regista porta in scena due atti unici: Paesaggio e La Collezione, in programma al Teatro dei Dioscuri di Roma dal 10 al 12 giugno

Quando ha avuto inizio la sua passione per Harold Pinter?

Il mio interesse per Pinter risale ai miei anni di studio presso l'Accademia Silvio d'Amico. Ricordo che nel 1991 vidi a Londra un'edizione della piece Il Guardiano, con la regia di Pinter stesso e con un cast strepitoso: Donald Pleasence, Peter Howitt e un giovanissimo Colin Firth. Uno spettacolo bellissimo, indimenticabile. È una passione maturata col tempo: il mio primo saggio per il secondo anno dell'Accademia è stato Silenzio insieme a Paesaggio. Per me dunque presentare Paesaggio con La Collezione è un po' come ritornare alle origini. 

Quindi la visione de Il Guardiano è stata per lei importante agli inizi della sua esperienza di regista?

Sì, quella messinscena è stata per me fondamentale per comprendere la qualità di presenza degli attori, il tipo di adesione alla parola, e quella particolare forma di realismo tutto 'pinteriano' che diventa paradigma della condizione umana. Ho poi diretto a mia volta Il Guardiano con attori inglesi e ex allievi dell'Accademia (tra i quali Giles Smith che insegna ancora qui) e l'ho presentato a Roma durante la stagione “The International Theatre”, una rassegna di spettacoli in lingua originale.

Quali sono gli argomenti di Paesaggio e La Collezione?

Nella piece La Collezione tutto ruota attorno a cosa sia accaduto in una camera da letto tra Bill e Stella, due stilisti che si sono conosciuti a Londra per presentare le loro collezioni. Stella lo confessa al marito James che quindi va alla ricerca di Bill (che convive con il suo compagno Harry) per scoprire la verità, una verità continuamente manipolata e mai certa.

Paesaggio racconta la crisi di un matrimonio che è messa in luce dalle scelte formali: i due non dialogano veramente. Duff parla con Beth, ma lei non gli parla e non lo ascolta, come se fosse nel mezzo di un flusso di coscienza. La donna ricorda una piacevole giornata al mare con un uomo; Duff rievoca vari avvenimenti della sua vita insieme ai momenti più duri. C'è un bellissimo contrappunto tra una femminilità gioiosa e una mascolinità aggressiva e violenta. 

Qual è il rapporto che intercorre tra Paesaggio e La Collezione?

Sono due opere stilisticamente diverse ma hanno in comune temi cari a Pinter: principalmente il rapporto coniugale e l'ambivalenza del desiderio. La Collezione è una drammaturgia del triangolo 'borghese' sottoposto a un trattamento di tipo fortemente pirandelliano; l'altro è un testo più vicino al teatro di Beckett per il modo assoluto e radicale di rappresentare una condizione esistenziale. Il filo sotteso a Paesaggio e a La Collezione è l'insondabilità del passato. Chi sa qual è veramente la verità? Chi sa quanto noi manipoliamo i nostri ricordi?

La verità di questo passato infatti non sembra mai venire a galla. Anzi i personaggi sembrano fuggire dalle loro emozioni, dai loro pensieri...

Esattamente. Nel mondo di Pinter vige la regola dell'“homo homini lupus”: tutti i personaggi stanno sulla difensiva per non rivelare le proprie emozioni e la propria intimità e anzi ingaggiano una serie di giochi di ruolo dietro cui nascondersi. Larga parte giocano i rituali del salotto (il tè, il succo di frutta, le olive, il whisky, etc…): un vero e proprio scontro per la supremazia dove le parole acquistano un'ironia fredda e tagliente.

Questo teatro contiene dunque, come un iceberg, un sottotesto enorme di cui è appena visibile la punta. Da qui deriva uno dei temi centrali della drammaturgia dell'autore inglese: cosa si nasconde dietro il volto di una persona a me cara? Posso conoscerla veramente e accordarle la mia fiducia?

Quali sono gli accorgimenti linguistici tipici del teatro di Pinter?

È una drammaturgia tutta giocata sugli spostamenti delle parole: alle volte l'aggiunta o la variazione di un avverbio costituisce da una battuta alla successiva la specifica forma di attacco. Oppure si ottiene questo effetto con un cambio quasi impercettibile della punteggiatura. Qui sta la ricchezza della lingua di Pinter, caratterizzata da un'economia assoluta: non c'è una cosa che non torni, che non sia essenziale, che non sia necessaria. Tutto al minimo e ridotto all'osso. Ciò dipende anche dalla mentalità dei popoli britannici. La parola per loro è come una corazza o una cortina fumogena: non puoi mai sapere che cosa gli inglesi pensino veramente perché il loro uso del linguaggio porta con sè una correttezza e un'oggettività di fondo. Nei popoli mediterranei e soprattutto latini il linguaggio invece è poroso, cioè si impregna di emozioni e lo si avverte subito.

Infine, secondo lei, quali sono gli aspetti della drammaturgia di Pinter più attuali oggi?

Senza dubbio la difficoltà di comunicare e la facilità con cui tutti noi nei rapporti con gli altri ci trinceriamo dietro false rappresentazioni di noi stessi. Ad esempio, l'ultima versione di come sono andati i fatti che leggiamo nell'opera La Collezione è sconcertante: è una premonizione di quello che sarà il cosiddetto sesso virtuale. Questi aspetti relativi alla comunicazione tra le persone sono ancora oggi attualissimi.

Enrico Lecca

3/06/18

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