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Il fascino per gli anni 70 e la sonorità della lingua: Iaia Forte nell’universo di Tony Pagoda

Il pubblico romano l’aveva vista pochi mesi fa al Teatro Argentina nei panni della seducente Carmen di Mario Martone e dal 7 ottobre la ritroverà nel ruolo di Tony Pagoda, protagonista del romanzo "Hanno tutti ragione" di Paolo Sorrentino. Una grande prova e una dimostrazione della poliedricità della celebre attrice Iaia Forte. Una vita dedicata al teatro, ha esordito con Toni Servillo, ha lavorato con Leo de Berardinis, Luca Ronconi, Carlo Cecchi e Emma Dante. Nonostante i numerosi premi e i riconoscimenti, Iaia Forte si dice pronta a nuove sfide interpretative. Prima del debutto romano l’ho incontrata per un’intervista.

Tony pagoda è un’ossessione nell’esistenza di Paolo Sorrentino, non tanto per la figura del cantante ma per il tipo antropologico. È un uomo che rappresenta una generazione perduta, un modo di vedere e vivere che l’autore ha conosciuto visto e immaginato. Lei ha scelto di portare in scena Tony Pagoda perché non ha resistito all’attrazione fatale verso quel tipo di personaggio?
"Ci sono varie cose che mi hanno attratto, innanzitutto sono rimasta molto affascinata dalla lingua con la quale è scritto il romanzo di Paolo Sorrentino, è una lingua teatrale. E’ riuscito a scrivere su un cantante utilizzando una lingua profondamente musicale. Il teatro non è il luogo della verità, le possibilità che si offrono all’attore sono molteplici, mi intrigava l’idea di fare un maschiaccio, per giocare su una cosa non naturalistica. Personalmente ho una grande fascinazione per gli anni 70, ci sono quindi vari motivi che mi hanno spinto a mettere in scena questo personaggio e incarnare Tony Pagoda, naturalmente era una sfida e il fatto che abbia trovato il riscontro del pubblico mi riempie di soddisfazioni."

Negli anni ‘60 e ‘70 le persone volevano affrancarsi dal dialetto e ascendere socialmente, cosi bandivano il napoletano come lingua corrente nelle case. La sonorità della lingua parlata dal protagonista proviene però dalla lingua che si cercava di nascondere. Si è parlato, per questo romanzo, di un linguaggio drogato cocainizzato. Sorrentino stesso dice: “Un romanzo che ho scritto velocemente e che è da leggere velocemente” che contiene ritmo scatenato scandito da pause lunghissime. Lei com’è riuscita a interpretare questo ritmo altalenante?
"In realtà una delle cose che mi affascinava di questo personaggio erano proprio i chiaroscuri, questa natura molteplice, un aspetto maschile ma contemporaneamente romantico, questi vari colori che il personaggio ha sono molto teatrali, perché permettono di avere un’alternanza di umore e ritmi. La parte del concerto è tutta vivace, poi ci sono zone più dolorose che hanno un altro ritmo. I suoi chiaroscuri mi hanno fornito il ritmo necessario dello spettacolo."

Hanno tutti ragione è un romanzo che fa perno sul sentimento della nostalgia e della malinconia per questa generazione e le sue regole che sono in disfacimento. La parte finale del romanzo è quasi un preludio de La Grande Bellezza, ritorna in una Roma crepuscolare “una sindone dentro la quale non c’è niente, una Roma vuota” dice Pagoda. Anche lei è pervasa da questo sentimento di nostalgia?
"Naturalmente questa forma nostalgica verso gli anni ‘70 nasce dal fatto che sono stati gli anni dell’infanzia e normalmente si ha sempre nostalgia della propria infanzia, la s’immagina sempre come un momento dorato della propria esistenza. Io personalmente ho una fascinazione per i costumi, le musiche quel senso di energia che ancora gli anni 70 avevano dal dopo guerra, dal boom economico, dalla possibilità di sognare per l’Italia un futuro migliore. Dopodiché negli anni 80 è cominciata una forma disgregativa della società che è degenerata fino a diventare oggi una società repressa, che è un po’ quello che racconta La Grande Bellezza. Sorrentino che è uno scrittore contemporaneo, conclude il romanzo con un senso di decadenza che è simile a quello de La Grande Bellezza."

Tony Pagoda, come ha già precedentemente affermato, è un personaggio contraddittorio e doppio. Dotato di tanta cattiveria e cinismo ma anche di pietà e slanci di umanità, di amore e compassione . Incontra Frank Sinatra una sera e la sera dopo gioca a burraco con tre donne napoletane della media borghesia. È un personaggio fortemente ironico. È un personaggio che incarna il sublime tragico e i toni da commedia? Lei come ha coniugato questi aspetti antitetici?
"Si è dotato di un’ironia caustica e feroce. Il nostro lavoro ci permette di portare in scena degli umori diversi e la cosa interessante della scrittura di Sorrentino e di questo personaggio è che non è mai moralista, mai sentimentale, per cui ha una dimensione, o profondamente cinica o ironica, mai drammatica, occulta il proprio dolore, lo manifesta in modo poco diretto, mi è bastato seguire il testo per incarnare queste sfumature dell’anima."

Com’è riuscita a scindere la sua interpretazione da quella consolidata nell’immaginario collettivo di Toni Servillo nei panni di Tony Pisapia (personaggio molto simile a Tony Pagoda) nel film L’uomo in più?
"Naturalmente conosco bene il film , io ho esordito a teatro con Toni Servillo con lo spettacolo Il misantropo di Molière, però ogni essere umano ha un immaginario diverso e non mi sono fatta condizionare, ho seguito la mia personale immaginazione nell’incarnare questo personaggio, non mi sono fatta spaventare da un gigante come Servillo."

Ora le faccio una domanda più autobiografica. La prima parte del romanzo è ambientata in una lunga e lenta domenica napoletana di fine anni ’70, Sorrentino più volte ha ribadito quanto gli piacciono le lunghe domeniche napoletane. Lei ha vissuto quelle domeniche? Si ritrova in quelle descrizioni?
"Tantissimo, questo personaggio esprime un humus culturale della mia città che conosco e che è mio. Parla di cose di cui ho avuto esperienza, oltre al culto della domenica, anche un modo di sentire le cose che conosco profondamente, è proprio un elemento di questo spettacolo che mi emoziona."

Sorrentino come ha accolto la sua idea di rappresentare a teatro Hanno tutti ragione? E soprattutto l’interpretazione di una donna nei panni del protagonista?
"Essendo un uomo molto libero ha immediatamente capito che c’è una forza in questa idea, è un uomo non conformista, si è fidato e gli sarò sempre riconoscente per la fiducia."

Cosa pensa di questo nuovo corso del Teatro Eliseo?
"Penso che l’apertura di un teatro metta sempre grande allegria, il teatro in una città è sintomo di civiltà. Spero che vada bene, Luca Barbareschi, l’attuale direttore, è stato molto libero nello scegliere gli spettacoli, ha messo i suoi soldi nel suo teatro e questo è stato molto ammirevole, è un atto di coraggio e ha tutta mia ammirazione."

Gerarda Pinto 02/10/2015