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Un 'tu per tu' tra pordenonesi: Recensito incontra Gian Maria Accusani dei Sick Tamburo

Fondati nove anni fa a Pordenone dai due ex Prozac+ Gian Maria Accusani ed Elisabetta Imelio, i Sick Tamburo sono ormai un punto di riferimento del panorama rock italiano. Durante il loro tour appena concluso hanno fatto tappa anche al Monk di Roma (il primo febbraio), ricevendo il caloroso entusiasmo dei fan. Per noi li ha intervistati in quella occasione la pordenonese Virginia Zettin.

I Sick Tamburo sono nati ben 9 anni fa come “spin-off” dei Prozac+, ma hanno ormai un corpo proprio e un pubblico affiatato. Qual è stato il loro percorso?
I Sick Tamburo sono nati un po’ per scherzo nel 2009 perché l’Elisabetta, con la quale avevo condiviso l’esperienza Prozac+, insisteva tanto per provare a fare un nuovo progetto. Lei voleva provare a cantare. Inizialmente non le davo credito, però, a forza di insistere, piano piano è riuscita a convincermi. Ovviamente ci conosciamo talmente bene che mi era già ben chiara anche ogni sua caratteristica musicale, e quindi sono riuscito a inquadrarla nel gruppo molto facilmente. Così l’ho chiamata per provare dei pezzi che avevo pensato proprio cucendoli su di lei e le son subito piaciuti. Siamo partiti un po’ ridendo, ma subito dopo pochi mesi avevamo sentito già i risultati e ci siamo detti «Oh, sembra buono. Andiamo avanti!». E son passati già quasi dieci anni e siamo ancora qua. Anzi il gruppo è sempre più pieno e ci appassiona sempre di più.

L’affetto dei fan è stato fortissimo anche al Monk. Che effetto vi ha fatto tornare a Roma?
Beh, suonare al Monk a Roma è stato bellissimo perché era un po’ che non ci tornavamo, perciò è stato molto entusiasmante. In più c’era tanta gente, tutta “presa bene” e quindi ci ha fatto l’effetto che ci fa sempre “un concerto che funziona”.

Certo non sarà mai come suonare nella “vostra” Pordenone, o no?sicktamburomonk1
Pochi mesi prima avevamo suonato anche a Pordenone. Anche lì era da un pezzo che non ci esibivamo, e devo dire che è stato un concerto davvero speciale. Anzi, tutti gli ultimi concerti dei Sick Tamburo a Pordenone lo sono stati. Solitamente suonare a Pordenone è come suonare da altre parti perché non ho mai visto differenze. Di solito a casa tua sei considerato anche meno, però questi due ultimi concerti sono andati particolarmente bene, e si è visto un affetto che neanche ci aspettavamo.

A proposito, raccontaci un po’ di questa Pordenone dove siete nati e cresciuti come band: una culla della musica undergound.
Sicuramente è una delle città “alternative” dal punto di vista musicale. Da fine anni ’70, quindi dalla storia del Great Complotto, sono nate decine di professionalità musicali molto grosse e tutt’ora funzionanti. Pordenone è una piccola città, di soli 50-60.000 abitanti, e se ci si pensa ne sono venuti fuori diversi di gruppi che hanno fatto successo e tutt’ora sono in giro a suonare e vivono di musica, ma a Pordenone sono nate anche agenzie musicali che vendono in tutta Italia e nel mondo. Credo che tutte queste situazioni, che in percentuale, rispetto alla popolazione, sono altissime, siano tutte figlie di quel periodo Great Complotto (tra gli anni ’70 e’80) che è stato d’insegnamento per tutta Italia, ma che ha lasciato una grande eredità soprattutto a Pordenone.

Con questo tour avete portato sul palco i vostri classici, ma soprattutto all'ultimo disco “Un giorno nuovo”. Un album che vuole guardare avanti?
Sì, cerchiamo sempre di suonare un mix dei pezzi di tutti i nostri dischi, dando ovviamente la precedenza all’ultimo, quindi in questo caso a “Un giorno nuovo”. Non solo per ovvi motivi di promozione, ma anche perché l’ultimo disco è quello a cui ti senti più legato, perché è quello che ha il messaggio più vicino a te dal punto di vista temporale. “Un giorno nuovo” è proprio la storia in cui un uomo, per varie ragioni, si sveglia, che sia per pochi minuti o, se è fortunato, anche per più tempo, e si rende conto della fortuna che ha ad avere cose che di solito considera banali. Come anche solamente sentire i piedi che toccano il terreno, cosa che tutti diamo per scontata. Invece il giorno in cui ti rendi conto che quella non solo è una cosa bellissima, ma è una magia, come può esserlo anche aprire la finestra e avere il sole che ti illumina il viso e ti scalda le ossa, ti rendi conto che hai una fortuna enorme. In quel momento capisci che tutte le cose per cui lotti sono le più grandi stronzate del mondo, non valgono nulla in realtà. Ecco, in quei cinque minuti si crea quella che cosa che noi abbiamo creato in “Un giorno nuovo”. I più fortunati magari mantengono questa illuminazione per un po’ di tempo, ma non è semplice. Però già la prima e breve volta in cui ti sicktamburomonk2accade una cosa del genere vale quanto aver vinto alla lotteria. Inizi a mettere da parte il superfluo e a cercare le cose forse più banali, ma che di sicuro valgono di più.

Sembrerebbe che cantiate tante positività… ma come si fa a essere ottimisti oggi?
Non cantiamo semplicemente la “positività”. In questo disco c’è più che altro un’attenzione verso la realtà e la realtà ha positività. Perché la realtà succede e perciò è positiva. Fondamentalmente, si tratta di accontentarsi di quello che c'è già e goderselo. Non è solo essere positivi, ma essere furbi e realisti.

Dopo il tour quali sono i vostri progetti?
Abbiamo appena concluso il tour invernale, ci fermeremo per un po’ e poi riprenderemo con un’ultima parte di tour estivo, e poi inizieremo a pensare al disco nuovo.

In passato avete condiviso il palco sia con Motta che con i Tre Allegri Ragazzi Morti. C’è qualche nuova collaborazione che vi piacerebbe fare?
Motta aveva suonato prima di noi sul palco qualche anno fa con il suo precedente gruppo. Ci eravamo piaciuti subito quella sera e ci eravamo ripromessi di fare prima o poi qualcosa assieme. Poi mi ha scritto qualche mese prima che uscisse il disco, dicendo che gli sarebbe piaciuto partecipare, visto che aveva apprezzato quello precedente. Così gli ho mandato alcuni pezzi da sentire ed è nata la collaborazione. Nello scorso disco invece c’era stata una collaborazione con Davide Toffolo leader dei tre Allegri ragazzi Morti, altro gruppo di Pordenone, con cui siamo amici da sempre e con il quale abbiamo condiviso il periodo del Great Complotto. Anche in quel caso la collaborazione è nata con grande spontaneità, anzi ancor di più. Non abbiamo mai pensato di lavorare o meno con qualcuno: se nasce qualcosa, siamo potenzialmente disponibili a farlo succedere. Non siamo un gruppo che “cerca collaborazioni”, ma più che altro perché io stesso credo che non riuscirei a chiederlo a qualcuno. Però se qualcuno esprime il desiderio sono contento. In fondo sono molto più timido di quello che può sembrare.

Virginia Zettin 02/03/2018

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