Questo sito utilizza cookie per migliorare la tua esperienza di navigazione e rispetta la tua privacy in ottemperanza al Regolamento UE 2016/679 (GDPR)

Print this page

Firenze: Recensito incontra Marco Baliani in scena al Niccolini con la "Mandragola"

Per la prima volta in Italia, uno dei teatri più antichi in assoluto, il Niccolini di Firenze, rompe la tradizione di oltre quattro secoli di rappresentazioni con un progetto di formazione per giovani attori, “Il Niccolini dei Nuovi", ideato e realizzato dalla Fondazione Teatro Della Toscana. Qui viene introdotto un nuovo “manifesto” basato su un teatro artigiano: un decalogo di sei punti per la formazione di un “attore totale”, che abbia nozione e conoscenza di ogni aspetto della messinscena, dalla recitazione all’organizzazione, fino parte tecnica. Recensito ha incontrato Marco Baliani, regista per questo progetto della Mandragola di Machiavelli.

Come sarà il Nuovo Attore?
"Dovrà essere un artista a tutto campo, capace di esplorare e usare diversi linguaggi, non limitato alla sola capacità di interpretazione. Le scuole di teatro sono ancora legate al solo attore interprete, per questo ho voluto partecipare al progetto formativo della Fondazione Teatro della Toscana, per dare un segnale di totale innovazione".

Un nuovo attore per un teatro nuovo: come si coniugano innovazione e tradizione?
"Bisogna conoscere assai bene la tradizione, sia in forma di studio teorico, con la lettura degli scritti   dei grandi del passato, ma anche con la frequentazione e la visione di spettacoli tradizionali. Dopo, solo dopo, imparare a “tradirli” per non lasciarli morire nel museo del conformismo".


Ha debuttato l’undici aprile scorso con la Mandragola di Machiavelli, commedia capolavoro del Cinquecento, ma anche testo composito: cosa l’ha portata a questa scelta?

"E’ una commedia scura, densa, dove Machiavelli mette in scena i prototipi delle figure  del Principe. Ecco la gente, sembra dire, è fatta così, con passioni e bisogni che vengono confusi con i diritti, per soddisfare i quali si è disposti a tutto, fuori dalle leggi e dalle regole della società. Mi sembra che stiamo parlando dei nostri tempi, di oggi. Per questo l’ho scelta".

Nella messa in scena ogni personaggio ha un suo doppio-ombra che invisibile lo trascina: quanto c’è, se c’è, del teatro di Artaud, in cui veniva modificato l'equilibrio istituzionale del teatro per ridefinirlo sotto forma di un nuovo paradosso sull’attore?
"Artaud è su un versante diverso, almeno in questa messa in scena. Qui le ombre che doppiano i personaggi sono in realtà un coro, che con movimento e gestualità, amplificano o contraddicono quel che accade in primo piano. Il coro delle ombre sono il rumore di fondo della società, il commento all’azione".

Sul palco, gli attori diplomati della Scuola Orazio Costa del Teatro della Toscana. Alcuni di loro sono molto giovani: che tipo di sinergia si è creata?
"Amo molto lavorare con giovani attori e sento che la mia capacità di trasmettere esperienza li stimoli a esplorare ambiti del loro percorso artistico che non si aspettavano di scoprire".


Gli artisti del progetto, i Nuovi, sono impegnati in tutti gli aspetti della macchina teatrale, dalla realizzazione alle pulizie. Ha trovato collaborazione e volontà da parte di tutti?

"Un grande senso di responsabilità e una capacità di collaborare in gruppo. Questo è  il fondamento del mio fare teatro. Qui siamo all’opposto dei tanti X-factor da cui siamo sommersi, dove il singolo deve sgomitare e sopraffare gli altri in una corsa spietata a eliminazione. Qui si impara a stare insieme e si scopre che occuparsi anche delle cose più lontane dallo stare in scena, come la pulizia dei camerini o dei bagni, ha un valore formativo enorme".

Il progetto, strutturato su un percorso di tre anni, prevede che a ognuno degli attori coinvolti sia corrisposta una borsa di studio mensile. Pensa che questo Nuovo Teatro darà vita a una nuova forma d’arte?

"Questo non lo so, dipendere da molte circostanze. Io direi che, intanto, si sono poste le premesse per pensare una nuova forma di produzione teatrale, senza la quale non può nascere nessuna forma d’arte innovativa".

Ha lavorato anche nel cinema: adotterebbe questo nuovo manifesto nella settima arte?

"Per come è strutturato il cinema in questo momento storico, mi sembra assai difficile che si possa applicare. Di certo si può pensare a questo percorso formativo nelle scuole di cinema, questo sì".

Elisa Sciuto  29/04/2018