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EDIP: intervista a Maria Luisa Maricchiolo e Michele Ragno

Quello di Edip* – drammaturgia di Maria Luisa Maricchiolo e diretto e interpretato da Michele Ragno – è un continuo camminare e il suo asterisco incerto non è altro che una stella che guida questo peregrinare, alla ricerca di sé: un interrogarsi su questioni che, in fin dei conti, ci riguardano tutti. E la sua scia lascia il suo segno personale e riconoscibile, indagando la realtà con una scrittura delicata e introspettiva e con un’interpretazione profonda e leggera insieme.
Lo spettacolo è vincitore della XII edizione del Premio Nazionale Giovani Realtà del Teatro under 35 della Civica Accademia d’Arte Drammatica Nico Pepe di Udine come Miglior Monologo, è stato presentato per la prima volta allo Spazio 18b in occasione della Rassegna Sostantivo Gender 2019. Con Edip*, Michele Ragno ha vinto il Premio Miglior Attore sezione Teatro Lazio – Festival Indivenire 2019, allo Spazio Diamante.

Edipo affascina da sempre – si pensi all’antichità con l’Edipo di Sofocle, fino ad entrare nella modernità con la psicoanalisi e Freud, La Machine Infernale di Cocteau e con Pasolini… In questo eroe mitologico confluiscono caratteri primordiali e fortemente attuali: perché scegliere questo personaggio e soprattutto scriverlo con un asterisco finale?EDIP__2.JPG

MLM: "Edip* è nato nel marzo 2019 per la rassegna di corti teatrali dello Spazio 18b, Sostantivo Gender: il tema proposto era quello dell’identità di genere. Sono partita da questo ma poi il mio testo ha preso una strada un po’ più ampia: non si tratta solo della questione di genere ma dell’identità e della realizzazione a 360 gradi. Per questo ho voluto affidarmi a un classico, rimaneggiandolo. Il complesso di Edipo nasce dal presupposto per cui Edipo è innamorato della madre… ma se Edipo si fosse innamorato di un’altra persona? Colui che ha avuto cura di Edipo da piccolo ma che in realtà è un uomo, il servo che l’ha ricevuto dalle braccia della madre… È colui che ha curato le sue caviglie, che poi l’ha dato in adozione – per usare un termine moderno – ai reali di Corinto.
L’asterisco finale è ‘la non definizione’. Edip* è un personaggio che ha conquistato una distesa immensa: quella del successo, del potere, dell’acclamazione, dell’’avere’… Ma manca qualcosa alla colonna ‘essere’. L’essere non è una distesa ma una cima da scalare. Lui vuole raggiungere il Citerone: là può scoprire chi è, può scoprire se stesso ma anche specchiarsi nell’altro, in chi accoglie le sue debolezze e le sue fragilità: forse là c’è davvero questa persona che può farlo essere ciò che è realmente. Capire chi sei significa anche capire che cosa vuoi e che cosa non vuoi, chi vuoi e chi non vuoi.
In questo lavoro mi ha guidata anche “Frammenti di un discorso amoroso” di Roland Barthes: lì spiega che una persona ti conosce quando conosce i tuoi desideri. È importante quindi conoscersi ed essere riconosciuti quando c’è qualcuno che conosce appunto i tuoi desideri. E non è semplice…".

Quali sono gli elementi portanti su cui hai costruito la drammaturgia e il personaggio?

MLM: "Quello dell’identità sicuramente. Questa è una libera riscrittura di Edipo: ho lavorato molto sul personaggio – è il personaggio che fa la storia – e sulla ricerca di sé. Ho attinto tanto anche a quelli che sono i miei interrogativi personali. La cosa bella e paradossale è che il testo risulta credibile con un personaggio maschile, mettendo queste parole in bocca a un uomo".

Quali sono stati, invece, quelli necessari per portare in scena un personaggio di per sé già così delicato e impattante?

MR: "Ho lavorato molto per contrapposizione, questo generalmente è il mio modo di lavorare: non penso mai a dover ‘creare’ il personaggio. Il personaggio si crea in corso d’opera… O meglio: quando ho letto il testo di Edip* non ho pensato di dover incarnare un Edipo lontano da me. Ho pensato di partire da quello che sono io, ho pensato di partire proprio dalla persona che sono. Il testo mi ha offerto tanti suggerimenti per poter plasmare e dare un corpo a questo Edipo che rappresento. Non ho sentito quindi il peso di dover incarnare l’Edipo personaggio-universale o mitologico ma ho sentito piuttosto il peso delle sue parole. Mi sono concentrato sul far passare quella che è la sua storia attraverso il mio corpo: mi sono concentrato sul messaggio che Edip* porta e non sulle sue implicazioni psicologiche in quanto personaggio".

In che cosa di Edip* quindi ti sei riconosciuto?

MR: "Il testo mi ha offerto molti spunti: Edip* tocca temi come lo scontro generazionale, la volontà di affermazione, la ricerca del proprio io… credo che tutto questo appartenga ad ognuno di noi. Li ho sentiti vicini e ho cercato di veicolarli attraverso Edip*, individuando dei punti di collegamento tra ciò che sono io, fra l’Edip* che è in me e quello che Maria Luisa voleva portare sul palcoscenico. Sono partito dal mio copro per creare un altro corpo, con un’altra storia".

Edip* è un monologo – rischioso per chi lo scrive e chi lo interpreta – e come tale sottolinea l’importanza delle parole che, in questo caso, hanno un peso specifico e una resa altrettanto importante: come avete coniugato scrittura, attorialità e regia?

MLM: "Edip* è nato senza aver pensato a un interprete specifico… ho contattato Michele successivamente, ci siamo incontrati, abbiamo letto il testo e abbiamo cominciato a lavorare. Il carico maggiore lo ha avuto Michele, a livello di interpretazione e di regia. Essendo un monologo – il primo che scrivo, di solito scrivo drammaturgie con molti personaggi – aveva la necessità di essere visto da qualcuno nelle prove, quindi le abbiamo vissute insieme. Tutte le scelte di regia però sono di Michele ma ci siamo sempre confrontati. Per esempio, per quanto riguarda il finale, Michele con un semplice gesto è stato capace di rendere molto bene nel concreto la mia intenzione di liberazione. Diciamo che ‘funzioniamo’ così: io sono più sull’astratto-letterario, lui più sul concreto, sulla padronanza del palco e di traduzione in azioni di quello che sono i miei pensieri. Com’è giusto che sia…
Inoltre, Edip* è anche uno spettacolo in cui si ride: è stato tutto un lavoro di equilibrio".

MR: "Sì, abbiamo parlato molto anche di questo aspetto, all’inizio: la tragedia non è mai separata dalla commedia, proprio come nella vita. A me non piace parlare solo di tragedia o solo di commedia: quando vedo e faccio teatro mi piace ascoltare e raccontare una storia. Non mi fisso mai sull’idea di dover far ridere o commuovere il pubblico. Succede naturalmente, perché spesso è il testo stesso che indica la direzione da prendere. Quello su cui mi piace porre l’accento quindi è semplicemente raccontare la storia…
Quando Maria Luisa mi ha proposto di incarnare Edip*, mi ha anche chiesto se volessi curarne la regia. Ho accettato – è stata la mia prima regia e per giunta di un monologo: dovevo autogestirmi e avere forse una consapevolezza maggiore del testo, a tutto tondo. Proprio per questo ho avuto la necessità che lei fosse sempre presente e supervisionasse, soprattutto per il primo allestimento. Magari arrivavo alle prove con alcune proposte e se mi veniva un’idea, anche sul momento, poi ne discutevamo insieme".

La messa in scena è essenziale, gli oggetti scenici pochi ma chiari: uno sgabello, un paio di occhiali da sole e un paio di scarpe… Come li avete scelti?

MR: "Credo che questi elementi scenici siano in linea con il carattere essenziale del testo: pochi elementi per un unico obiettivo. Raccontare una storia, la storia individuale di Edip*, e attraverso questo racconto cercare di ritrovare l’identità di questa persona/personaggio.
Il primo debutto (in forma di studio) di Edip*, poi, era previsto in uno spazio che poteva contenere al massimo una trentina di persone. La scelta di utilizzare pochi elementi era dettata anche da esigenze logistiche: in uno spazio piccolo non puoi invadere visivamente la scena e noi abbiamo scelto di non appesantirla.
Edip* si trova davanti a un preciso pubblico perché è chiamato a tenere una conferenza – questo da storia – su se stesso. Si rivolge direttamente al pubblico ed esordisce dicendo che di solito ci sono sempre gli altri che prendono la parola al suo posto, riferendosi agli attori che di volta in volta lo interpretano, ma adesso vuole parlare lui. Di sé e della sua storia, in prima persona. Il riflettore, quindi, è puntato sullo sgabello e su di lui (per questo abbiamo lavorato molto anche sulle luci), proprio perché è lui a raccontare, per la prima volta".

MLM: "L’idea iniziale, già in fase di scrittura – al di là delle esigenze logistiche – era proprio quella di creare un testo che non avesse bisogno di un grande allestimento: proprio perché Edip* si trova su questo palco, durante una conferenza, non ha bisogno di nulla. Solamente di qualcosa su cui appoggiarsi: uno sgabello. Ho cercato quindi di inserire già tutto nella drammaturgia, anche per renderla più agevole: Edip* infatti entra in scena proprio chiedendo dove potersi sedere, lo sgabello è già lì ma lo scopre dopo: prima ha bisogno di toccare lo spazio intorno, perché non lo vede, non vede. E poi lo sgabello mi piace anche perché è un oggetto scomodo…".

Edipo è un personaggio tormentato: ogni sua azione è già scritta, sembra quasi costretto all’inazione e all’immobilità perché nulla può contro il volere del fato. In Edip* dice che non ha età, non ha un nome, non è né un uomo per definizione né una donna, può ancora scrivere la sua storia… una sorta di ribellione. Qual è, oggi, la storia, il destino di Edip*?

MLM: "Ho cercato di dare a Edip* una specie di profondità che chiaramente il personaggio di Edipo
di Sofocle, per forza di cose, non poteva avere perché nel mezzo ci sono anni di psicanalisi e tutto il secolo del ‘900 con nuovi studi… ho lavorato in questa direzione. Edipo è uno che si sta cercando, che capisce che si deve cercare e che non basta, appunto, ‘avere’ ma deve capire chi è. Mi piace pensare a un finale positivo, dare una speranza… ritornando al discorso del desiderio e alla sua etimologia: la distanza dalle stelle. ‘Stella’ è una parola che ritorna spesso nel testo, che poi è affine all’asterisco che è proprio come fosse una stellina. Quella stella finale è la non definizione di genere ma anche un tentativo di avvicinarsi a quello che è il proprio desiderio. La speranza è che Edipo riesca a raggiungere ciò che realmente desidera al di là dello schema che è stato costruito per lui e dal quale non riesce a uscire. È una presa di coscienza, uno scrivere una storia nuova".

MR: "Sì, anche su questo ci siamo interrogati a lungo ed è proprio così. Poi voglio rimanere nel mio ruolo molto pragmatico e quindi spero che in questo 2020 Edip* – inteso come progetto – possa ancora raccontare la sua storia, possa continuare la sua indagine su di sé. E noi insieme a lui".

MARIA LUISA MARICCHIOLO
Classe 1985, laureata in Lettere Moderne all’Università degli Studi di Catania e diplomata all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio d’Amico con un Master in Drammaturgia e Sceneggiatura. Ha collaborato alla drammaturgia di “Tiranno Edipo!” di Giorgio Barberio Corsetti (Spoleto61).

MICHELE RAGNO
Classe 1995, diplomato all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica. Tra i suoi ultimi lavori, “Le Baccanti” di Emma Dante (2017-2019), “Hamletmachine” di Bob Wilson (2018), “Jeanne D'Arc Au Bûcher” di Benoît Jacquot (Spoleto 61), “1994” di Giuseppe Gagliardi e Claudio Noce (Sky Atlantic – 2018), “La stagione della caccia” di Roan Johnson (Rai Uno – 2019).