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Recensito incontra Andrea Baracco in scena al Teatro dei Dioscuri con "Pinter's Party"

In occasione del decennale dalla scomparsa di Harold Pinter, Recensito incontra Andrea Baracco regista della prima rappresentazione italiana dell’adattamento teatrale della sceneggiatura di "Proust (Alla ricerca del tempo perduto)” in scena 5, 6 e 7 giugno al Teatro dei Dioscuri. È il primo dei tre spettacoli in programma nell’ambito della rassegna "Pinter's Party" esercitazione degli allievi del secondo anno dei corsi di recitazione e regia dell'Accademia Nazionale d'Arte Drammatica "Silvio d'Amico"

Ci può raccontare come nasce questa scelta? Perché Pinter? Perché "Proust (Alla ricerca del tempo perduto)”?

Pinter’s Party nasce come progetto dell’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica “Silvio d’Amico”. Pinter, in particolare, è un autore che mi sta particolarmente a cuore, mi sono diplomato infatti in Accademia nel 2002 con un suo lavoro. Tra le opere del drammaturgo inglese ho scelto Proust per un fattore numerico, locandina baraccodi solito i suoi spettacoli hanno un numero ridotto di personaggi io invece avevo voglia di lavorare su un materiale che consentisse di avere più personaggi. La scelta è andata quindi su questa sceneggiatura che avevo letto qualche tempo fa e da subito mi era sembrata molto interessante perché molto pazza; quasi irrealizzabile. Pinter l’ha scritto accorpando i sette volumi della Recherche di Proust per il film mai realizzato di Joseph Losey. Dallo studio pinteriano emerge un caleidoscopio interessante, sembra veramente di stare dentro la mente del protagonista, Marcel, con varie schegge di luoghi, di memorie che riemergono, di affetti, di conflitti, di amori, di tradimenti.

Qual è quindi il suo rapporto con Harold Pinter?

È un autore che mi ha sempre affascinato, ho sempre provato profonda attrazione e seduzione ma anche ambigua incomprensione, ma forse proprio per questo, non capendolo fino in fondo, mi sono reso conto che i testi possono rivivere solo quando vengono recitati dagli attori. Il primo spettacolo che misi in scena fu Il Compleanno che presentava già tutte le tematiche principali di Pinter.

Quanto, in che modo e cosa è stato ripreso dall’unico adattamento scenografico dello scritto pinteriano?

Il nostro spettacolo ha solo un precedente, l’adattamento del 2001 che Pinter stesso fece dalla sua sceneggiatura, andato in scena unicamente al National Theatre di Londra. Sarà quindi la prima volta che andrà in scena in Italia “Proust. Una sceneggiatura. Alla ricerca del tempo perduto” questo il titolo originale del testo. Mi è sembrata una buona occasione per far conoscere l’opera nel nostro paese.. Il nostro è senza dubbio un lavoro molto diverso da quello andato in scena nel 2001. La scelta mia e di Luca Brinchi e Daniele Spanò, i due scenografi, è stata quella di collocare la situazione dentro un’istallazione, quindi un luogo, con l’obiettivo di raccontare il processo mentale del protagonista.

Qual è il rapporto di Pinter con la contemporaneità?

Pinter e Beckett sono due autori che partendo da principi simili sono in realtà molto diversi nel loro linguaggio teatrale, prendono infatti direzioni molto diverse. Rispetto al contemporaneo sono grandi scrittori che si occupano dell’umano al di là delle variazioni della società. Testi come quelli di Beckett e di Pinter hanno la dignità di definirsi tali perché corrispondono e parlano all’essere umano. Il regista e l’attore hanno il compito di rileggere il testo in chiave contemporanea.

Qual è il rapporto con il concetto di tempo nelle opere di Pinter?

Proust non rispetta minimamente l’andamento cronologico del tempo, creando un rapporto quasi schizzo-frenico, contratto e paradossale. Potrebbe allora essere visto come contemporaneo proprio perché non c’è uno sviluppo lineare e storico.

Matteo Petri

07/06/2018

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